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Il dr. Michelini annuncia il via del servizio di riabilitazione vascolare presso l’ASL Roma 6.

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“Diverse patologie trattate soprattutto casi di linfedema primario e secondario”

Sono molti i campi di applicazione della riabilitazione vascolare dai casi di Linfedema primario e secondario, riscontrato soprattutto nei pazienti oncologici, ai soggetti colpiti da Sindromi post-flebotrombotiche degli arti fino alle arteriopatie periferiche. Ma come si svolge in pratica una seduta? Quali sono i protocolli maggiormente utilizzati da proseguire magari in autonomia a casa? Il servizio di riabilitazione e’ in convenzione con il Ssn e come vi si accede?

L’agenzia di stampa Dire ne ha parlato con il dottor Sandro Michelini <i>(nella foto-copertina)</i>, Responsabile del nuovo Servizio di Diagnostica e Riabilitazione vascolare dell’Ospedale San Giuseppe di Marino della Asl Roma 6.

– E’ attivo il Servizio di riabilitazione vascolare, quali sono le patologie trattate e a chi e’ rivolto?

“Presso il Servizio di recente attivazione trattiamo varie patologie come il linfedema primario e secondario. Il lifedema primario e’ peraltro considerato una malattia rara. Siamo riconosciuti come centro di riferimento per queste patologie perché abbiamo una casistica elevata. Il linfedema può interessare l’arto inferiore, superiore e altre regioni e le cause del problema sono legate al non completo sviluppo del sistema linfatico che non consente un completo drenaggio di tutta la linfa che normalmente i tessuti continuano a produrre. Poi agiamo su tutta una serie di quadri clinici derivanti dalla malattia oncologica o dai trattamenti di radioterapia che rappresentano la quota maggiore del linfedema secondario. Oggi sono circa 2milioni e 200 le persone affette da tumore e la sopravvivenza per fortuna in queste persone e’ aumentata così come gli effetti secondari. Basti pensare ai linfedemi che si originano post mastectomia quello che in gergo e’ definito il ‘grosso braccio’ o edemi degli arti inferiori che sono conseguenze del melanoma. O ancora gli esiti del cancro dell’ovaio, dell’utero o della prostata nell’uomo. Per tutte queste diverse patologie noi forniamo un approccio riabilitativo completo che mira a ridurre il volume delle zone interessate da una parte e dall’altra a ridare il giusto trofismo muscolare che si e’ perso in quelle zone, ridare forza alle articolazioni, migliorare la cenestesi ossia la percezione di se stessi. Poi ci sono tutte le patologie venose che sono in incremento che curiamo con anticoagulanti orali ma che possono lasciare edema importante inferiore per cui si deve intervenire per un recupero maggiore. Nella nostra struttura inoltre riabilitiamo anche le arteriopatie e in questo caso adottiamo il massaggio connettivale”.

– Come si accede a questo servizio? Si puo’ accedere all’ospedale anche da esterni?

“Si può accedere da esterni con una richiesta di natura specialistica fisiatrica e con la quale si richiede una valutazione funzionale. Il paziente può chiamare così il Cup regionale oppure il Cup aziendale di Albano. La valutazione sul paziente verrà effettuata dal team in abbinamento tra il medico e il fisioterapista tenendo conto anche della compliance respiratoria e cardiologica del paziente. Si redige poi un progetto riabilitativo che e’ sempre personalizzato”.

-Un protocollo tipo, nonostante abbiamo compreso che le patologie trattate possono essere molteplici, quale puo’ essere? Ci sono esercizi da poter replicare a casa anche per limitare in tempi di pandemia il numero di accessi?

“Stiliamo un progetto riabilitativo composto da tecniche manuali e meccaniche. Il paziente è parte attiva di un progetto che può includere: la ginnastica respiratoria, le applicazioni di taping e il bendaggio compressivo multistrato che è fondamentale perché facendo l’esercizio sotto bendaggio si fa un doppio esercizio terapeutico sia per sgonfiare la zona interessata che per agire sul trofismo muscolare. L’esercizio con il bendaggio può proseguire a casa. In questo senso esistono dei manicotti per l’auto terapia che vengono applicati dal paziente e si indossano durante l’esercizio fisico. Tutto questo consente di mantenere e migliorare i risultati conquistati durante il trattamento riabilitativo”.

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