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Emergenza Coronavirus: si va dritti verso la terza fase della Pandemia, ovvero quella più cruenta.

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E’ di nuovo piena Emergenza Coronavirus in Italia. Forse si va dritti verso la terza fase della Pandemia, ovvero quella più cruenta.

E’ di nuovo piena Emergenza Coronavirus in Italia. I dati degli ultimi tre giorni relativamente al numero di tamponi effettuati, al numero di decessi e al tasso di positività non sono incoraggianti e fanno pensare ad una terza fase della Pandemia, quella più cruenta. A rischio la riapertura delle scuole.

Le Regioni continuano a litigare tra loro per la riapertura delle attività e delle classi scolastiche di ogni ordine e grado.

Il tasso di positività vola quasi al 18% e ora sulla ripartenza delle Regioni, dal 7 gennaio nuovamente divise in tre fasce, pesa l’andamento dei contagi. Lo riferisce l’ANSA.

Crescono di pari passo le perplessità sul fronte della riapertura delle scuole: anche se l’avvio della didattica in presenza al 50% negli istituti resta al momento fissato al 7 gennaio, tra i governatori ci sono ancora molti dubbi.

Tanto da spingere il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, a rimettere in discussione quella data: “credo sarebbe giusto che il governo nelle prossime ore ci riconvocasse e insieme prendessimo una decisione, in maniera molto laica”, dice.

In vista di un nuovo decreto che supererà l’ultimo Dpcm in scadenza il 15, si guarda inoltre a cosa succederà nelle prossime settimane: il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato l’ordinanza con cui si differisce la riapertura degli impianti sciistici al 18 gennaio.

“Ora si può finalmente ripartire in sicurezza”, commentano soddisfatti gli assessori con delega allo sci delle Regioni e Province autonome dell’arco alpino e dell’Abruzzo. E qualche spiraglio si apre sulle palestre con la proposta della coordinatrice dello Sport delle Regioni, Tiziana Gibelli, che ipotizza la ripartenza dal 15 gennaio sotto la garanzia di regole rigide.

La collocazione dei territori nelle varie zone – gialla, arancione o rossa – sarà invece decisa già in seguito al monitoraggio che arriverà nella prima metà della prossima settimana. A rischiare la zona rossa per ora sono soprattutto Veneto, Liguria e Calabria, ma anche Puglia, Basilicata e Lombardia.

Altri indicatori d’allerta riguardano Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Trento ed Emilia Romagna, che hanno una probabilità superiore del 50% di superare la soglia critica di occupazione dei posti letto in area medica in 30 giorni, mentre per Lombardia, Trento e Veneto lo stesso discorso vale per le terapie intensive.

Incerta la situazione della Sardegna, mentre fonti di Governo fanno sapere che dal 7 l’Abruzzo tornerà in zona gialla. Riguardo all’andamento del contagio, gli ultimi dati a livello nazionale non sono confortanti: il bollettino parla di 364 morti e 11.831 nuovi casi Covid su un numero basso di tamponi effettuati, poco più di 67mila.

L’incidenza di positività è ora salita quasi di tre punti, al 17,6%, e tornano ad aumentare – anche se solo di 16 unità – i pazienti ricoverati in terapia intensiva. Gli effetti del Dpcm del 24 ottobre – secondo diversi esperti – sono ormai esauriti e in tutta Italia la curva dell’epidemia sta tornando a salire, tanto che le stime elaborate dallo statistico Livio Fenga indicano circa 600mila casi complessivi a fine gennaio, contro i circa 577mila attuali. E sono almeno 14 le regioni in cui le stime indicano una ripresa dei contagi a partire dal Veneto.

Dall’indagine emerge una tendenza all’aumento nelle province autonome di Trento e Bolzano, in Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Marche e Umbria. Per il matematico del Cnr, Giovanni Sebastiani, la speranza è che “la ripresa sia mitigata dagli effetti delle misure introdotte alla vigilia Natale, delle quali si potranno vedere gli effetti nella seconda settimana di gennaio”.

Secondo l’esperto “sarebbe prudente vedere l’andamento dei dati e soltanto dopo decidere se riaprire le scuole”.

La didattica in presenza al 50% nelle scuole deve ripartire dal 7 gennaio. E’ quanto avrebbe detto il premier Giuseppe Conte, secondo quanto appreso dall’ANSA, nel corso del vertice con i capidelegazione della maggioranza, il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia e membri del Cts.

La riunione era stata convocata per fare un punto sull’emergenza Covid in vista della scadenza delle misure restrittive messe in campo per le festività.

Nel week-end del 9 e 10 gennaio in tutta Italia saranno in vigore le misure previste per la zona arancione: tra queste, le chiusure di bar e ristoranti anche a pranzo, ma aperti solo per la vendita da asporto.

Dal 7 gennaio e fino al 15, data di scadenza dell’ultimo dpcm, viene consentito lo spostamento tra le regioni solo per ragioni di necessità.

Si pensa ad una proroga del divieto di ospitare a casa più di due parenti o amici, minori di 14 anni esclusi. La misura, già prevista nel decreto natalizio in scadenza il 6 gennaio, sarabbe prorogata fino al 15 del mese.

Nel corso del vertice sarebbe stata espressa anche preoccupazione per i ritardi nelle vaccinazioni, in particolare per la Lombardia, nel corso del vertice

Iv di nuovo all’attacco – “Ancora una volta di più oggi verifichiamo l’insufficienza del sistema sanitario, sancita dalla necessità di far scattare le Regioni arancioni o rosse con soglie di Rt più basse di quanto indicato in precedenza per evitare ulteriori criticità. E si verifica l’insufficienza e la poca chiarezza sul piano vaccinale. Se si vuole uscire da questo stallo dando un messaggio chiaro ai cittadini c’è un solo modo: continuare puntuale tracciamento e far chiarezza sul piano vaccinale”. Lo avrebbe detto secondo fonti IV la Ministra Bellanova durante la capidelegazione in corso. “Il solo messaggio restate in casa è evidente che psicologicamente ed economicamente ai cittadini non basta più. A fronte di un sacrificio che chiediamo alle persone, dobbiamo dare certezze. E io per i dati che leggo, ancora ne vedo poche”.

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