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Coronavirus, Medico a figlia vittima “L’ho abbracciato io per lei. Gli abbiamo dato tutto l’ossigeno del mondo”.

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Coronavirus: Medico scrive una commovente lettera alla figlia di uno dei pazienti che non ce l’ha fatta. “Suo padre l’ho abbracciato io. Abbiamo fatto tutto il possibile”.

Coronavirus: medico scrive lettera alla figlia di una delle sue vittime.

“Il papà l’ho abbracciato io al posto suo prima che lo portassero dal pronto soccorso alle cure palliative. Non potevo mandarlo su così. A lui ho detto che lo ricoveravamo, volevo non si accorgesse di niente. Gli abbiamo dato tutto l’ossigeno del mondo fino alla fine”. Sono le parole di conforto che un medico dell’ospedale di Crema ha scritto a una figlia che in 10 giorni si è vista portare via l’anziano padre dal Coronavirus e che ora ha la mamma che sta combattendo per guarire. Destinataria della lettera, da cui traspare come in trincea, oltre alla battaglia quotidiana per la vita ci si prende cura anche dei sentimenti di chi lotta attaccato a un respiratore e dell’ansia e del dolore di chi è casa in attesa notizie, è la figlia di Ottavio Pettenati, noto e stimato farmacista di Cremona, scomparso lo scorso 22 marzo. Francesca, questo è il suo nome, pur nel dramma che sta vivendo, ha consegnato all’ANSA (autrice della divulgazione) le poche righe che il medico del pronto soccorso che ha avuto in cura il padre le ha inviato sul telefono per testimoniare la “solidarietà e la grande attenzione” di chi ogni giorno di scontra con sofferenza.

“Volevo dirle che abbiamo fatto tutto il possibile. Ieri quando le ho comunicato per telefono che lo stavamo trasferendo all’hospice mi sono sentito morire dentro un po’ anche io. Mi ero affezionato. Era un brav’uomo. Sempre gentile. Mi salgono ancora le lacrime agli occhi – prosegue – pensando a come teneva stretto il cellulare grazie al quale si sentiva vicino a voi tutti. Ho provato a dargli tutte le chances di questo mondo. Mi spiace terribilmente di non esser riuscito a salvarlo. Voglio dirle che non ha sofferto per niente. Me ne sono assicurato personalmente”.

“Il papà – la rassicura – l’ho abbracciato io al posto suo prima che lo portassero dal pronto soccorso alle cure palliative. Non potevo mandarlo su così – continua ammettendo di aver dovuto raccontargli una bugia – A lui ho detto che lo ricoveravamo (dal pronto soccorso in reparto, ndr.), volevo non si accorgesse di niente. Gli abbiamo dato tutto l’ossigeno del mondo fino alla fine. Glielo garantisco io. (…) Si faccia forza signora e come si dice a Milano, ‘su de carengia’. È un momento terribile per tutti, lo è per noi medici, che spesso dobbiamo arrenderci, non oso immaginare per voi”.

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