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Fino a quando la mia stella brillerà. Ecco la storia di liberazione della senatrice a vita Liliana Segre.

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In un volume dal titolo “Fino a quando la mia stella brillerà” Liliana Segre (ex-deportata nazista), con Daniela Palumbo, cerca di ricostruire la sua vita da prigioniera e da bistrattata politica.  Un volume edito da Pickwick dal 2015 (dagli 11 anni in su).

Per volontà dell’autrice il ricavato derivante dai diritti d’autore è devoluto all’associazione Opera San Francesco per i poveri Onlus di Milano.

La storia della senatrice a vita Liliana Segre è nota a tutti.
Nata da una famiglia ebrea, vive un’infanzia felice nonostante la prematura perdita della madre.

Circondata dall’affetto del padre e dei nonni, si descrive sin dalle prime pagine come una bambina serena, un po’ viziata, capace di combinare disastri, quanto di dimostrare grandi slanci di generosità e bontà. Una vita comune a quella di tanti bambini fortunati, insomma, in cui ricorre spesso la figura del padre che lei ama enormemente.

È infatti molti dei primi capitoli del libro sono dedicati proprio a lui, un giusto tributo a quella figura che ha accompagnato i suoi anni più belli.

Nel 1938 per lei cambia tutto (e infatti la seconda parte del libro è intitolata proprio così): scopre di essere ebrea, qualcuno le dice di essere diversa dai suoi coetanei e che per questo non può più andare a scuola.

Il resto è storia, una storia che lei stessa ha raccontato in libri, incontri pubblici, cerimonie in Parlamento e Senato, giornate della memoria. Prima, il tentativo di fuga in Svizzera, poi l’arresto, infine la deportazione, il cui racconto occupa la terza parte del libro, dal titolo “Sempre con me”. È, infatti, sempre con lei una stellina che ogni sera ritrova nel cielo, unico legame con un mondo che di normale non ha più nulla.

Le pagine più tristi sono le ultime, quelle che raccontano la sua vita dopo la liberazione, a dimostrazione che il “e vissero felici e contenti” delle favole non esiste e che anche se lei ha avuto la vita salva, la ricostruzione non è meno dolorosa e mai definitiva. Le cicatrici sono sempre evidenti e forse un modo per sanarle passa proprio dal racconto.

In tutto il libro traspare il profondo rapporto di Liliana per la sua famiglia: molte delle scelte fatte, soprattutto quelle che hanno poi portato alle conseguenze peggiori, sono state fatte nella ferma decisione di restare uniti e di non lasciare indietro le persone più anziane della famiglia.

Fino al momento più tragico, quello in cui Liliana viene separata dal padre che non rivedrà più.

Ma la famiglia gioca un ruolo importante anche dopo la liberazione: la famiglia che poi formerà successivamente, il marito, i figli e poi i nipoti, saranno per lei il motore che la porterà a raccontare la sua storia e a diventare uno tra i più importanti testimoni della Shoah.

Leggendo il libro ho avuto l’impressione che l’autrice stesse scrivendo alla Liliana bambina, il cucciolo di otto anni che vive sereno con la sua famiglia a Milano.

Un tentativo di raccontare a una bambina così piccola l’orrore che da lì a poco avrebbe vissuto.

Non c’è alcun tentativo di spiegare o di far comprendere (la frase più ricorrente in tutto il libro è “non capivo”), se ne uscirebbe pazzi nel tentativo di dare una spiegazione logica a tutto ciò. Ma solo un racconto a se stessa bambina e a tutte le Liliana giovani del mondo, affinché l’orrore non si ripeta più.

È un libro che consiglio, in primis ai ragazzi, ma anche a noi adulti, perché ci sia da monito che la verità anche la più dura può sempre essere raccontata a un bambino, basta trovare le parole giuste per farlo.

Un’ultima considerazione va fatta in merito alla scelta del titolo e alla grafica. Nel primo è racchiuso un messaggio di speranza e di forza, affinché anche nelle situazioni più tragiche non si perdano mai le speranze ma ci si aggrappi a quello che abbiamo attorno per trovare la forza per andare avanti (anche una piccola lontana stella).

E poi alla grafica: intensa la copertina in cui compare il padre che non lascia la mano alla figlia anche se questa sembra volare via verso la sua stella.

Il padre c’è sempre e sempre ci sarà nella vita della Segre. Molto importante ai fini comunicativi anche la grafica interna e la scelta di pubblicare molte foto della sua infanzia.

Ultime chicche di questo libro, l’intervista finale all’autrice da parte della coautrice in cui tra l’altro si parla di perdono e oblio e le note storiche finali che permettono ai ragazzi che leggeranno il libro di inserire nel giusto contesto storico il racconto di Liliana Segre.

Marina Donativi, LaAV – Lecce

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