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Cina, prelievo forzato di organi da prigionieri politici!

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In Cina, ogni giorno, vengono prelevati organi da persone vive non consenzienti, destinati all’alta società della Repubblica Popolare Cinese ed al traffico internazionale di organi.

Una realtà denunciata più volte e testimoniata direttamente e indirettamente, un inferno quotidiano per migliaia di dissidenti politici e detenuti comuni.

Nel mondo occidentale di oggi almeno 99 persone su 100 conoscono di cosa si parla quando si nominano Lager o Gulag. Ma mentre ci indigniamo leggendo le terribili pagine di Arcipelago Gulag di Solženicyn e La notte di Wiesel, quanti di noi sanno cosa siano i Laogai?

Descrivere i Laogai è molto facile: sono campi di lavoro forzato nella Repubblica Popolare Cinese, destinazione per criminali comuni ma sopratutto per tutti coloro che si mostrano dissidenti al governo cinese, che sono ritenuti socialmente pericolosi o immorali (omosessuali, senzatetto, malati psichiatrici etc.) e che sono scomodi al Partito Comunista Cinese (ex funzionari, responsabili di progetti fallimentari, possibili concorrenti politici, recriminatori di diritti lavorativi).

Forse superfluo aggiungere che nei Laogai vige l’obbligo di lavori forzati in condizioni disumane, l’isolamento senza cibo, la tortura fisica e psicologica e condizioni climatiche ed igieniche precarie.

I Laogai sono attualmente in funzione e secondo l’ultimo rapporto della Laogai Reserch Foundation del 2008 si contano oltre 1400 campi attivi (per consultare il report clicca qui).

Una delle denunce più importanti che vengono attribuite a questo sistema disumano è l’esistenza di un sistema di prelievo forzato di organi da prigionieri politici e detenuti.

Sebbene la Cina possa vantare numeri molto elevati di operazioni di trapianto, in contemporanea ci sono fonti attendibili che stridono clamorosamente in tema di consenso di espianto.

La Croce Rossa Cinese nel 2010 ha condotto un programma di sensibilizzazione al consenso con la creazione di una lista ufficiale di adesione, alla quale però solamente in 37 hanno aderito (articolo in inglese, clicca qui)

Tra le cause di questi numeri vi sono motivi religiosi ma sopratutto una forte tradizione culturale poco propensa alla soluzione espianto (come, ad esempio, all’autopsia), con forti inasprimenti nelle regioni prevalentemente agricole.

Nel 2006 David Matas (avvocato internazionale specialista in diritti umani) e David Kilgour (ex segretario di Stato del Canada) hanno condotto un’indagine indipendente a fronte delle continue denunce delle Organizzazioni Non Governative e testimoni diretti fuggiti dalla Cina.

Il loro rapporto si è concluso senza evidenze tali da poter permettere un processo internazionale ma sono state documentate delle prove particolarmente rilevanti:

  • Ampia disponibilità di organi da parte degli ospedali cinesi, con tempi di attesa di 1-2 settimane per trovare un donatore
  • Interviste dirette a Infermieri e personale sanitario con ammissione dell’origine degli organi direttamente dai Laogai
  • Correlazione statistica diretta tra aumento di trapianti e aumento di incarcerazioni negli ultimi 20 anni.

Oltre a questo il Governo Cinese non ha mai rilasciato dichiarazioni alternative o difensive rispetto alle accuse internazionali.

Ad Aprile 2018 un importante congresso internazionale svoltosi a Tokyo, a cui hanno partecipato i migliori chirurghi dell’Asia, ha prodotto un documento con oltre 100 firme di urologi luminari contro il sistema cinese di trapianti. (leggi la notizia, clicca qui)

Il traffico di questi organi offre opportunità di guadagni altissimi: da un solo prigioniero è possibile prelevare organi per un giro di affari che può arrivare a 10.000 dollari.

Inutile poi precisare che il donatore forzato viene poi lasciato morire per risparmiare i costi della convalescenza.

Questo è quanto accade ogni giorno in Cina, anche mentre hai letto questo articolo. E sebbene ufficialmente il Governo Cinese stia rilasciando dichiarazioni e partecipando a incontri contro questo traffico, sono migliaia le testimonianze dirette e indirette che questo fenomeno avvenga inarrestato.

Dott. Marco Tapinassi
Dott. Marco Tapinassi
Vice-Direttore e Giornalista iscritto all'albo. Collaboro con diverse testate e quotidiani online ed ho all'attivo oltre 5000 articoli pubblicati. Studio la lingua albanese, sono un divoratore di serie tv e amo il cinema. Non perdo nemmeno un tè con il mio bianconiglio.
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