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venerdì, Marzo 29, 2024
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C’è un’altra variante del Covid che preoccupa la comunità scientifica.

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La Lambda, rilevata per la prima volta in Perù, contiene un insieme “insolito” di mutazioni.

Dopo la Delta, c’è un’altra variante del virus Covid-19, la Lambda, che mette in allarme gli scienziati: rilevata per la prima volta in Perù nel dicembre 2020 e scientificamente nota come C.37, da allora si è diffusa in 30 nazioni, in quattro continenti (Europa, America, Africa e Oceania). Gli scienziati la studiano perché contiene un insieme “insolito” di mutazioni.

In Perù, secondo l’Oms, nei mesi di maggio e giugno ha rappresentato l’82% dei casi, in un Paese che comunque ha il più alto tasso di mortalità al mondo. Anche in Cile, rappresenta quasi un terzo dei nuovi casi. Lo scorso mese, l’Oms l’ha definita una “variante d’interesse” e viene monitorata anche dall’European Centre for Disease Prevention and Control, il Centro Europeo di Prevenzione e controllo delle Malattie, oltreché dalle autorità sanitarie britanniche.

In Perù a dicembre, era presente su uno ogni 200 campioni, a marzo era nel 50 per cento di quelli nella capitale Lima, il numero è ora salito all’80%, ha raccontato nei giorni scorsi al Financial Times Pablo Tsukayama, medico di microbiologia molecolare presso l’Università Cayetano Heredia.

Si teme che la velocità del contagio sia superiore alle altre.

Sono dati che fanno pensare che la sua velocità di trasmissione sia superiore rispetto ad altre varianti. Oltreché in Perù e in Cile, diversi casi della variante Lambda sono stati rilevati anche in Argentina (dove ha contagiato anche il presidente Alberto Ferna’ndez), in Colombia, Ecuador e Brasile. Lambda ha raggiunto anche il Messico, e il Nord-America (Stati Uniti e Canada); ed è stata trovata anche in 10 Paesi. Jeff Barrett, direttore della Covid-19 Genomics Initiative presso il Wellcome Sanger Institute nel Regno Unito, ha spiegato all’FT che Lambda possiede un “insieme piuttosto insolito di mutazioni, rispetto ad altre varianti”.

Tuttavia, Lambda non ha ancora dimostrato di essere più aggressiva o trasmissibile rispetto ad altri ceppi. “Al momento non c’è una prova che faccia pensare che sia più aggressiva delle altre varianti”, ha spiegato Jairo Menz Rico, consulente per le malattie virali all’Organizzazione sanitaria pan-americana. “E’ possibile che ci sia un più alto tasso di contagio ma c’è ancora da studiare”.

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