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Sanità italiana: viaggio nell’Italia prima della Costituzione

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Come era la sanità prima della costituzione?

Costituzione e Sistema Sanitario

Come era la sanità prima della Costituzione italiana? Un viaggio nell’Italia ai tempi del Re. Come abbiamo precedentemente visto, la nascita dell’attuale sistema sanitario è stata lunga e travagliata, caratterizzata da processi di innovazione, evoluzione, crescita, caduta e rinascita.

Prima di esaminare, nello specifico, gli articoli della Costituzione che tutelano giuridicamente ed eticamente il diritto alla salute e, ancor prima di studiare, passo per passo, la legge istitutiva del SSN, si rende necessario fare altre precisazioni storiche di carattere fondamentale.

Dobbiamo partire da una data, il 1861, ovvero l’anno in cui venne proclamata l’Unità d’Italia: si stabilì che la competenza organizzativa dell’assistenza sanitaria dovesse essere affidata, a livello centrale, al Ministero dell’Interno e, a livello locale, ai prefetti e ai sindaci. Presso il suddetto dicastero, nel 1888, nacque la “Direzione generale per la sanità” e ad essa vennero attribuite numerose competenze e responsabilità, poi conservate fino al 1945, ultimo anno in cui fu attiva e funzionante.

A seguito della necessità sempre più impellente di uniformare l’assistenza sanitaria ed ospedaliera, vennero promulgate due leggi molto importanti: la legge del 12 dicembre 1888 n. 5849 concernente i settori dell’igiene e della polizia sanitaria e la legge del 17 luglio 1890 n. 6972 (meglio conosciuta come “legge Crispi”).

La legge n. 5849/1888 suddivideva l’organizzazione sanitaria del paese in tre livelli:

  • Centrale, dove la responsabilità faceva capo al Ministero degli interni;
  • Provinciale, dove il responsabile era il Prefetto affiancato, nella sua attività dal Medico Provinciale;
  • Comunale, dove il Sindaco agiva coadiuvato nelle sue responsabilità ed attività dall’Ufficiale sanitario che aveva compiti di prevenzione delle malattie infettive e di tutela dell’ambiente, dal Medico di condotta (attuale MMG) con compiti di assistenza sanitaria gratuita per gli iscritti negli elenchi dei poveri e, a pagamento, per i cttadini facoltosi.

Dopo due anni, il 17 luglio 1890, venne promulgata la legge n. 6972, meglio conosciuta come “legge Crispi”, che rappresentò un provvedimento di portata storica, perché gli ospedali, le case di riposo e le opere pie vennero trasformate da enti privati a “Istitui Pubblici di Assistenza e Benficienza” (IPAB).

Alla l. 6972/1890 seguirono ulteriori norme funzionali con l’obiettivo di superare la grave crisi finanziaria che colpì l’Italia durante il regime fascista, inducendo il partito stesso a intraprendere, in un quadro di politica cosidetta “corporativa”, la creazione di un sistema assicurativo-previdenziale che fosse in grado di assicurare l’assistenza sanitaria ai lavoratori.

La “filosofia” di tale sistema era di tipo assicurativo-risarcitoria: la salute era ancora intesa come un diritto essenziale dei lavoratori. Questi dovevano godere di buone condizioni fisiche affinché la loro produttività, legata allo sviluppo del sistema economico del paese, fosse delle migliori.

Dal 1898 al 1943 ci fu un enorme sviluppo del sistema mutualistico: si pensi che nel 1976 erano presenti oltre 100 enti mutualistici maggiori (overo coloro che offrivano coperture più alte) e circa 1000 enti minori. Questo sistema conservava comunque dei limiti: ad esempio, l’attenzione prevalente alle condizioni salutistiche degli iscritti era concentrata al momento della diagnosi e della cura, pertanto gli enti mutualisitici si occupavano solo delle condizioni di malattia denunciate dai lavoratori e nessuna attenzione veniva data alla prevenzione. Inoltre, la disomogenità nella fornitura di servizi era di portata notevole: ogni mutua permetteva l’accesso a particolari categorie di lavoratori in base alle caratteristiche contributive, alle condizioni lavorative e alla residenza.

Tutti questi limiti fecero sì che il sistema diventò un centro di spesa incontrollabile, con attività non coordinate e, pertanto, era impossibile gestire in maniera efficiente il sistema sanitario.

In breve tempo, la crisi finanziaria fu evidente e si abbattè sia sugli ospedali sia sugli assistiti: le mutue non riuscivano più a coprire le spese di degenza e a seguito di tale dissesto economino-finanziario, lo Stato promulgò la legge n. 386 del 17 agosto 1974, corrispondente alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto egge dell’8 luglio 1974, n. 264,  recante“Norme per l’estinzione dei debiti degli enti mutualisitci nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l’avvio della riforma sanitaria”. In altri termini, lo Stato si accollò tutti i debiti conseguiti, sciolse le amministrazioni delle mutue non ancora fallite e si apprestò ad amministrare la sanità del territorio italiano al fine di garantire un servizio per tutti i cittadini.

Infine, è importante precisare che fino al 1946 furono istituiti diversi enti mutualistici con compiti previdenziali e sanitari, alcuni dei quali tutt’ora operanti: l’INAIL (“Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”, nacque dalla fusione, come stabilito dal R.D. del 23 marzo 1933 n. 264, tra la cassa nazionale infortuni e le casse private di assicurazione), l’INPS (“Istituto nazionale della previdenza sociale” nacque nel lontano 1898 dalla “Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”) e, l’ENPAS (“Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti statali”, istituito il 19 gennaio 1942 con legge n. 22 e il suo incarico terminò il 30 giugno 1981 a seguito delle imposizioni impartite dalla l. del 23 dicembre 1978 n. 833).

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