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Sindrome delle urine viola: cause e significato clinico.

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L’esame delle urine è una parte fondamentale per la valutazione clinica dei pazienti nefropatici. E quando ci si trova di fronte alle cosiddette “urine viola” come ci si deve comportare?

Le urine viola forniscono una serie di informazioni essenziali nella diagnosi e gestione delle malattie renali e delle vie urinarie, sia di pertinenza nefrologica che urologica e infettivologica.

In particolare la colorazione delle urine può essere influenzata dalla presenza di sangue, di infezioni e di metaboliti endogeni, quali la bilirubina, o esogeni, quali quelli derivati dai farmaci. Pertanto l’analisi della colorazione delle urine può essere d’aiuto nell’individuare diverse condizioni cliniche.

Qui riportiamo un caso di una paziente che ha presentato urine di colore viola, la cosiddetta “Purple urine bag syndrome”, discutendo i fattori predisponenti e la patogenesi di tale condizione. Riteniamo che queste informazioni possano essere utili per i clinici che dovessero trovarsi di fronte a questa particolare situazione.

Parole chiave: indossile solfato, infezione urinaria, malattia renale cronica, urine viola

Introduzione.

L’ispezione visiva delle urine è per la sua semplicità il primo approccio per un esame delle urine completo. Rappresenta perciò una parte integrante della clinica medica fin dalle età più antiche. Le alterazioni di colorazione di questo liquido biologico catturano l’attenzione dei clinici e spesso possono spaventare i pazienti e familiari.

Presentiamo un caso di sindrome delle urine viola in una nostra paziente ambulatoriale.

Caso clinico.

Si presentava presso il nostro ambulatorio una donna di 85 anni istituzionalizzata con ipomobilità, affetta da malattia renale cronica in stadio G5, sindrome depressiva, ipertensione arteriosa, artrosi polidistrettuale, portatrice di catetere vescicale a permanenza. Agli esami ematochimici si rilevava: creatinina 2,82 mg/dl (eGFR sec. CKD-EPI 15 ml/min/1,73 m2) con elettroliti nella norma (Tabella 1). Durante la visita si notavano nel sacchetto di raccolta del catetere vescicale urine di colore viola. Si eseguiva dipstick su tale campione: pH 7,5 leucociti ++, nitriti negativi, restanti parametri nella norma. Si procedeva, quindi, alla centrifuga del campione e si rendeva visibile un sedimento urinario di colore viola/blu, che, esaminato al microscopio, evidenziava presenza di rare emazie, un discreto numero di leucociti, batteriuria, cristalli di triplo-fosfato ammonio-magnesiaco e di pigmenti viola/blu (Figura 1).

Era opportuno prescrivere, quindi, urinocoltura che risultava positiva per Providencia Stuartii. Il successivo trattamento con chinolonico, secondo antibiogramma, si associava a risoluzione dell’infezione con scomparsa della colorazione viola delle urine.

Discussione.

La sindrome delle urine viola (Purple urine bag syndrome-PUBS) è stata descritta per la prima volta nel 1978 da Barlow e Dickson [1]. Si presenta come una colorazione viola delle urine, principalmente in pazienti anziani polipatologici e portatori di catetere vescicale a permanenza.

In termini di frequenza, è stata riportata una prevalenza del 27% in ospedali geriatrici Koreani [2]. In Italia un gruppo di studio di Livorno ha evidenziato una prevalenza del 7,5% in pazienti ricoverati in reparti di medicina interna da gennaio 2012 a dicembre 2012.

I fattori predisponenti per presentare la PUBS sono il sesso femminile, l’età avanzata, l’uso del catetere urinario a permanenza, la costipazione cronica, la dieta iperproteica, l’ipomobilità intestinale e la sovra crescita batterica intestinale [3].

Da cosa dipende il colore delle urine viola?

Il colore viola delle urine è dovuto alla presenza d’indigo (blu) e d’indirubina (rosso), ottenuti per trasformazione enzimatica dell’indossile solfato (o indicano). L’origine dell’indossile solfato può essere ricostruita a ritroso partendo dall’introduzione tramite la dieta del triptofano: l’aminoacido assunto con la dieta è degradato dai batteri della flora intestinale producendo l’indolo, questo è assorbito, e tramite il circolo portale arriva al fegato, dove è trasformato in indossile solfato, il quale viene trasportato legato all’albumina, è idrosolubile e viene escreto con le urine.

L’indossile solfato, a questo punto, in presenza di batteri produttori di solfatasi/fosfatasi viene idrolizzato in indigo e indirubina [4] (Figura 2).

Quali patogeni?

I patogeni più frequentemente coinvolti sono Pseudomonas aeruginosa, Proteus mirabilis, Morganela morganii, Escherichia coli, Providentia stuartii e Klebsiella pneumoniae [3].

Il grado di colorazione delle urine pare essere proporzionale alla carica batterica. Le urine alcaline sono un fattore contributivo ma non necessario, poiché sono stati descritti casi in contesto di urina acida [2]. La presenza di urine viola può essere dunque spiegata da alterazioni della via metabolica dell’indossile solfato, eventualmente secondarie a:

  1. Un elevato intake proteico, poiché il triptofano è la fonte di origine dell’indossile solfato, suo metabolita.
  2. Costipazione cronica che comporta un incremento sia della flora batterica intestinale sia del rischio di sviluppare infezioni delle vie urinarie.
  3. La presenza di un catetere vescicale a permanenza che permette un contatto prolungato tra l’indossile solfato presente nelle urine e gli enzimi batterici, in modo tale che possano avvenire le trasformazioni biochimiche nei pigmenti indigo e indirubina.
  4. Elevati livelli sierici e urinari dell’indossile solfato, in caso di insufficienza renale cronica.

Infatti, l’indossile solfato viene eliminato prevalentemente per via renale e i suoi livelli presentano una correlazione inversa con il grado di funzione renale [5] (full text).

In particolare è stato dimostrato che nei pazienti con danno renale cronico avanzato la ridotta funzione renale si associa a elevati livelli sierici e urinari di indossile solfato e pertanto la malattia renale cronica viene considerata un potenziale fattore di rischio aggiuntivo per la genesi della PUBS [6] (full text) [7]. Questo dato è oltremodo interessante in quanto l’indossile solfato è annoverato tra le medie molecole che si accumulano in corso di danno renale e diversi studi, sia clinici che sperimentali, ne hanno messo in risalto il potenziale ruolo di tossina uremica.

Rischio cardiovascolare.

Barreto et al. hanno evidenziato, in pazienti con malattia renale cronica, che elevati livelli di indossile solfato correlano con rigidità vascolare, calcificazione aortica e più elevato rischio cardiovascolare [8] (full text). In modelli animali è stato documentato come l’indossile solfato, quando applicato alle cellule mesangiali in concentrazioni patologiche, possa indurre rapidamente alterazioni delle attività ossidative delle cellule mesangiali esponendole alla formazioni di radicali liberi tossici intra ed extracellulari [9] (full text). Infine, nel lavoro di Jhawar et al. è stata studiata l’espressione genica di cellule tubulari renali incubate con siero di pazienti uremici in predialisi e siero di soggetti di controllo con aggiunta d’indossile solfato, evidenziando come la sola aggiunta di indossile solfato bastasse per simulare oltre l’80% degli effetti del plasma uremico [10] (full text).

Conclusioni.

La colorazione viola delle urine deve far pensare alla presenza di un’infezione delle vie urinarie.

Si tratta, sotto quest’aspetto, di una condizione facilmente trattabile con terapia antibiotica, anche se particolare attenzione bisogna porre alla popolazione con insufficienza renale cronica.

La sindrome delle urine viola, data la sua correlazione con i livelli sierici e urinari di indossile solfato, potrebbe però anche essere ritenuta un epifenomeno della progressione della CKD ed essere, pertanto, considerata una spia di una condizione non così benigna.

Autori.

Maria Valentina Domenech, Marta Calatroni, Pasquale Esposito, Nicoletta Serpieri, Edoardo La Porta, Luca Estienne, Elena Caramella, Antonio Dal Canton, Teresa Rampino

U.O. di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia, Italia

Corrispondenza a: Pasquale Esposito; U.O. di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo”, Piazzale Golgi 19, 27100 Pavia – Italy; Tel:+39 0382503883 Fax:+39 0382503883 Mail: pasqualeesposito@hotmail.com

Bibliografia

[1] Barlow, G. B. & Dickson, J. A. S. Purple urine bags. Lancet 1978; 28, 220–221

[2] Mantani N, Ochiai H, Imanishi N et al. A case-control study of purple urine bag syndrome in geriatric wards. Journal of infection and chemotherapy : official journal of the Japan Society of Chemotherapy 2003 Mar;9(1):53-7

[3] Mumoli N, Vitale J, Brondi B et al. Purple urine-bag syndrome in a department of medicine. Journal of the American Geriatrics Society 2013 Dec;61(12):2240-1

[4] Bar-Or D, Rael LT, Bar-Or R et al. Mass spectrometry analysis of urine and catheter of a patient with purple urinary bag syndrome. Clinica chimica acta; international journal of clinical chemistry 2007 Mar;378(1-2):216-8

[5] Wu IW, Hsu KH, Lee CC et al. p-Cresyl sulphate and indoxyl sulphate predict progression of chronic kidney disease. Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association – European Renal Association 2011 Mar;26(3):938-47 (full text)

[6] Wang IK, Ho DR, Chang HY et al. Purple urine bag syndrome in a hemodialysis patient. Internal medicine (Tokyo, Japan) 2005 Aug;44(8):859-61 (full text)

[7] Yang CJ, Lu PL, Chen TC et al. Chronic kidney disease is a potential risk factor for the development of purple urine bag syndrome. Journal of the American Geriatrics Society 2009 Oct;57(10):1937-8

[8] Barreto FC, Barreto DV, Liabeuf S et al. Serum indoxyl sulfate is associated with vascular disease and mortality in chronic kidney disease patients. Clinical journal of the American Society of Nephrology : CJASN 2009 Oct;4(10):1551-8 (full text)

[9] Gelasco AK, Raymond JR Indoxyl sulfate induces complex redox alterations in mesangial cells. American journal of physiology. Renal physiology 2006 Jun;290(6):F1551-8 (full text)

[10] Jhawar S, Singh P, Torres D et al. Functional genomic analysis identifies indoxyl sulfate as a major, poorly dialyzable uremic toxin in end-stage renal disease. PloS one 2015;10(3):e0118703 (full text)

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