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Screening per la depressione: diagnosi precoce.

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La depressione maggiore è la patologia mentale più diffusa.

2,8 milioni di italiani soffrono di depressione. Ma ci sono strategie per individuarne precocemente i sintomi? In America l’8% della popolazione soffre di depressione maggiore (CDC, 2013). Nel mondo le stime aumentano arrivando sono a diagnosticare il disturbo a 300 milioni di persone (WHO, 2018). Se non trattata tale patologia può portare al suicidio. Il problema di individuare la depressione e curarla è fondamentale, dal momento che la patologia è cronica, recidivante e invalidante.

Inoltre la depressione maggiore può manifestarsi in tutte le fasce della popolazione, compresi bambini e anziani. Si sono individuate strategie di screening per consentire una diagnosi precoce e poter sopperire al problema che nella maggior parte dei casi non ha solo ripercussioni sanitarie, ma anche sociali ed economiche.

In esordio vanno chiariti due due concetti basilari: la depressione non è “essere tristi” e l’individuazione di una diagnosi precoce viene effettuata in quanto esiste una cura; infatti sarebbe inutile diagnosticare precocemente un disturbo che non siamo in grado di curare come SSN e sarebbe riduttivo ed erroneo definire la depressione come un’indole o un semplice stato d’animo.

Il DSM V, ovvero il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali alla sua quinta edizione (2013), definisce la patologia depressione maggiore attraverso dei criteri che se individuati nel soggetto possono diagnosticare rispettivamente un episodio depressivo o un disturbo depressivo maggiore.

Criterio A: La presenza di cinque o più tra i sintomi seguenti per un periodo di almeno due settimane con significativa alterazione del normale funzionamento dell’individuo. Almeno uno dei sintomi deve essere l’umore depresso o la perdita di interesse e piacere nel fare le cose:

  • Umore depresso per la maggior parte del giorno, per la maggior parte dei giorni (es. sentirsi triste, vuoto, senza speranza). Nei bambini e negli adolescenti l’umore può essere irritabile.
  • Marcata diminuzione dell’interesse o del piacere nel fare qualsiasi cosa, per la maggior parte della giornata, per la maggior parte dei giorni.
  • Significativa perdita di peso o aumento di peso, perdita o aumento dell’appetito nella quasi totalità dei giorni.
  • Agitazione psicomotoria o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno (l’alterazione della motricità deve poter essere osservata dagli altri, non è sufficiente la sensazione soggettiva di agitazione o rallentamento)
  • Fatica e perdita delle energie per la maggior parte dei giorni
  • Sentimenti di indegnità o sensi di colpa eccessivi o inappropriati per la maggior parte dei giorni.
  • Maggior difficoltà nel pensare e restare concentrati, oppure patologica indecisione, per la maggior parte dei giorni.
  • Ricorrenti pensieri di morte (non solo paura di morire), ricorrenti ideazioni suicidarie senza una programmazione specifica, oppure tentativi di suicidio o piano precisi per commettere suicidio.

Criterio B: I sintomi causano un significativa sofferenza o comunque problematiche nell’area sociale, occupazionale o altre aree o funzioni significative.

Criterio C: L’episodio non è collegabile ad effetti psicoattivi di sostanze o farmaci.

Questi primi tre criteri definiscono l’episodio depressivo. Ripetuti episodi depressivi consentono la diagnosi del disturbo. Inoltre il Manuale individua altri due criteri diagnostici, utili per fare diagnosi differenziale:

Criterio D: L’evento depressivo maggiore non è meglio spiegato da altri disturbi come: disturbo schizoaffettivo, schizofrenia, disturbo schizofreniforme, disturbo delirante o altri specifici o aspecifici disturbi dello spettro psicotico.

Criterio E: Non si è mai verificato un episodio di mania o ipomania. Questo criterio non si applica agli episodi di mania o ipomania la cui causa è effetto di sostanze, farmaci o altre condizioni mediche.

Sono emersi da alcuni studi americani come i fattori di rischio e quindi potenziali triggered (stimolanti) sono i seguenti:

Fattori Endogeni (intrinsechi nel soggetto):

  • sesso femminile
  • storia di ansia
  • scarsa autostima
  • nevrosi

Fattori Esterni (esogeni al soggetto):

  • disturbi del comportamento
  • uso di sostanze

Fattori Avversi (potenzialmente dannosi):

  • abusi sessuali durante l’infanzia
  • patologie mediche croniche
  • ambiente familiare disturbato
  • storia di divorzi
  • traumi
  • basso livello di eduzione
  • scarso supporto sociale
  • perdita dei genitori

Lo screening sulla popolazione, da studi statunitensi, può essere effettuato una volta all’anno e il soggetto individuato come medico di base in Italia sarebbe l’operatore che potrebbe facilmente occuparsi di tale somministrazione. Lo screening, anche senza fattori di rischio, dovrebbe essere somministrato ad adulti sopra i 18 anni. Esiste la possibilità di far eseguire un questionario oppure di compilarlo dopo colloquio da parte dell’operatore. Valutato il rischio, fatti presente i fattori di rischio e valutato lo stato generale della persona si può arrivare attraverso i criteri del DSM V ad una diagnosi.

Sono state inoltre studiate categorie particolarmente a rischio come i pazienti geriatrici istituzionalizzati e le puerpere nel periodo del post-partum. Negli anziani non in regime di ricovero presso struttura il rishcio di depressione è identico ad un soggetto adulto sano, mentre è aumentato del doppio se viene istituzionalizzato. Nelle donne in puerperio è frequente riscontrare episodi di depressione, ma gli studi dimostrano che i prodromi sono già verificabili ante-partum e per tanto bisognerebbe sottoporre tutte le donne in dolce attesa. Anche nel caso delle puerpere si assiste ad una percezione falsata del problema, l’atteggiamento di depressione viene scambiato per un additus dovuto al periodo post-partum. Per quanto riguarda la fascia degli adolescenti è consigliabile fare uno screening durante l’assistenza di base tra i 12 e i 18 anni. Non sempre fortunatamente i casi positivi allo screening sono casi in cui realmente si giunge ad una diagnosi, ma è fondamentale individuare precocemente i soggetti a rischio per attuare strategie di prevenzione primaria e secondaria nei confronti di una patologia che lentamente inghiotte la persona e la rende inerme. Ovviamente gli studi americani parlano anche dell’elevato costo sanitario, non indifferente se pensiamo alle numerose persone coinvolte. Viene evidenziato ovviamente anche il risvolto sociale per quanto riguarda tutte le fasce coinvolte.

Dott.ssa Giulia De Francesco
Dott.ssa Giulia De Francesco
Infermiera, classe 1994. Vive a Imola e lavora presso l’AUSL Romagna (Faenza); studia a Bologna per conseguire la laurea magistrale. Laurea in infermieristica con Lode presso l'Università di Bologna, I sessione (ottobre 2016). Master in funzioni di coordinamento con Lode presso l'Università di Modena e Reggio Emilia, I sessione (novembre 2018). Una pubblicazione scientifica sulla rivista italiana ANIPIO "Sperimentazione di una check-list per implementare un Bundle per la prevenzione delle batteriemie correlate a Catetere Venoso Centrale" (ottobre 2017). Ama leggere e camminare, non datele un microfono perché improvvisa un karaoke ovunque.
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