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Epatite Virale: vaccino, tipi, differenze, via di trasmissione dell’infiammazione del fegato.

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Cosa sono le Epatiti Virali e quali rischi corre chi ne è affetto: sono suddivise in 5 gruppi, ciascuno dei quali può dare segni, sintomi ed eventi avversi differenti.

Le Epatiti Virali – secondo quanto riferisce l’Istituto Superiore di Sanità – sono processi infettivi a carico del fegato. Essi che, pur avendo quadri clinici simili, differiscono dal punto di vista etiologico (diversi virus responsabili dell’infezione), epidemiologico (diversa distribuzione e frequenza di infezione e malattia) e immuno-patogenetico.

In Italia, le epatiti sono comprese tra le malattie per cui è prevista la notifica obbligatoria (Classe II, malattie rilevanti perché a elevata frequenza e passibili di interventi di controllo).

In circa il 10-20% dei casi l’agente responsabile dell’epatite resta ignoto. Nell’ultimo decennio del secolo scorso sono stati isolati altri virus potenzialmente coinvolti in questi processi infettivi, quali il virus F, il virus G che, sebbene responsabile di infezione umana, solo in alcuni casi appare chiaramente associabile a malattia, il virus TT, frequentemente isolato in pazienti con vari tipi di patologie epatiche così come in soggetti sani, e ultimamente il SEN virus, isolato in soggetti con epatite virale.

Esistono poi altri virus, che accanto alla malattia di base possono a volte causare un quadro di epatite di varia gravità. Questi vengono definiti virus epatitici minori e principalmente sono: citomegalovirus, virus di Epstein-Barr, virus Coxsackie ed herpesvirus.

Ad oggi sono noti 5 tipi di epatite virale determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori.

Scopriamoli nel dettaglio:

Epatite A.

Il virus responsabile dell’epatite A (Hav) è un picornavirus classificato come prototipo del nuovo genere degli Hepatovirus. La malattia ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni e un decorso generalmente autolimitante e benigno. Sono pure frequenti le forme asintomatiche, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini.

Tuttavia, a volte si possono avere forme più gravi con decorso protratto e anche forme fulminanti rapidamente fatali. La malattia è letale in una percentuale di casi che si attesta fra lo 0,1% e lo 0,3%, ma può arrivare fino all’1,8% negli adulti sopra ai 50 anni. In genere la malattia, che dura 1-2 settimane, si manifesta con febbre, malessere, nausea, dolori addominali e ittero, accompagnati da elevazioni delle transaminasi e della bilirubina. Una quota delle infezioni, specialmente se contratte in giovane età, rimane asintomatica. I pazienti guariscono completamente senza mai cronicizzare; pertanto, non esiste lo stato di portatore cronico del virus A, né nel sangue, né nelle feci.

Trasmissione e diffusione.

La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è presente nelle feci 7-10 giorni prima dell’esordio dei sintomi e fino a una settimana dopo, mentre è presente nel sangue solo per pochi giorni. In genere il contagio avviene per contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o di alcuni cibi crudi (o non cotti a sufficienza), soprattutto molluschi, allevati in acque contaminate da scarichi fognari contenenti il virus. Solo raramente sono stati osservati casi di contagio per trasfusioni di sangue o prodotti derivati.

L’epatite A è diffusa in tutto il mondo sia in forma sporadica, sia epidemica. Nei Paesi in via di sviluppo con scarse condizioni igienico-sanitarie, l’infezione si trasmette rapidamente tra i bambini, nei quali la malattia è spesso asintomatica, mentre molti adulti risultano già immuni alla malattia. Nei Paesi più avanzati, invece, si è assistito negli ultimi anni all’aumento della proporzione di casi sintomatici poiché, in migliori condizioni igienico-sanitarie raramente bambini e giovani adulti vengano a contatto con il virus e di conseguenza aumenta l’età media dei casi.

Vaccino.

In Italia sono disponibili due diversi vaccini che forniscono una protezione dall’infezione già dopo 14-21 giorni. La vaccinazione è raccomandata nei soggetti a rischio, fra cui coloro che viaggiano in Paesi dove l’epatite A è endemica, per coloro che lavorano in ambienti a contatto con il virus, i tossicodipendenti, e i contatti familiari di soggetti con epatite acuta A. La vaccinazione è raccomandata anche per coloro che sono affetti da malattie epatiche croniche, in quanto la letalità in questi soggetti è maggiore. Molto importanti sono pure le norme igieniche generali per la prevenzione delle infezioni oro-fecali ed il controllo della coltivazione e della commercializzazione dei frutti di mare.

Epatite B.

Il virus dell’epatite B (Hbv) è un virus a Dna appartenente alla famiglia degli Hepadnaviridae. Se ne conoscono attualmente 6 genotipi (A-F) aventi una diversa distribuzione geografica. L’infezione da Hbv è, nella maggior parte dei casi, asintomatica. Al contrario l’evoluzione dell’infezione in malattia presenta esordio insidioso con disturbi addominali, nausea, vomito e a volte con ittero accompagnato da febbre di live entità. Tuttavia, solo il 30-50% delle infezioni acute negli adulti e il 10% nei bambini, porta ad ittero. Il tasso di letalità è pari a circa l’1%, ma la percentuale aumenta nelle persone di età superiore ai 40 anni.

Nell’adulto la malattia cronicizza in circa il 5-10% dei casi. Il rischio di cronicizzazione aumenta al diminuire dell’età in cui viene acquisita l’infezione; infatti, nei neonati contagiati poco dopo la nascita, si verifica circa 9 volte su 10. Nel 20% dei casi l’epatite cronica può progredire in cirrosi epatica nell’arco di circa 5 anni. Il cancro al fegato (epatocarcinoma) è un’altra complicanza frequente dell’epatite cronica, soprattutto nei pazienti con cirrosi. L’infezione da Hbv nei Paesi a elevata endemia è responsabile fino al 90% dei carcinomi del fegato. La sorgente d’infezione sono i soggetti con malattia acuta o i portatori cronici, in cui il virus persiste nel sangue e in altri liquidi biologici, quali saliva, bile, secreto nasale, latte materno, sperma, muco vaginale.

Trasmissione.

La trasmissione avviene per via parenterale apparente, ovvero attraverso trasfusioni di sangue o emoderivati contaminati dal virus, o per tagli/punture con aghi/strumenti infetti, sessuale e perinatale da madre a figlio. Inoltre, dal momento che il virus resiste sulle superfici ambientali per almeno 7 giorni, il contagio può avvenire anche per via parenterale inapparente (inoculazione indiretta) ovvero tramite veicoli contaminati attraverso minime lesione della cute o delle mucose (spazzolini dentali, forbici, pettini, rasoi, spazzole da bagno contaminate da sangue infetto). La trasmissione per via. Tuttavia, il rischio di contagio per trasfusione, seppur ancora presente nei paesi in via di sviluppo, è stato praticamente eliminato nei paesi industrializzati, in virtù dei controlli effettuati sul sangue donato ed ai successivi processi di lavorazione in grado di distruggere il virus.

A rischio, dunque, sono i tossicodipendenti, chi pratica sesso non protetto, gli operatori sanitari a contatto con persone infette o che lavorano in laboratorio a contatto con l’agente infettivo; sono a rischio anche i contatti familiari e sessuali di persone infette, e tutte quelle pratiche che prevedono l’uso di aghi e siringhe non sterilizzati, quali tatuaggi, piercing, manicure, pedicure.

Il periodo di incubazione varia fra 45 e 180 giorni, ma si attesta solitamente fra 60 e 90 giorni.

Epatite B e vaccino.

Il vaccino attualmente in uso è prodotto con tecniche di ingegneria genetica, si è dimostrato sicuro ed efficace e fornisce immunità di lunga durata.

In Italia, dal 1991 la vaccinazione è obbligatoria per tutti i nuovi nati e, fino al 2003, lo è stata anche per gli adolescenti a 12 anni.

Epatite C.

L’agente infettivo è un hepacavirus (Hcv), appartenente alla famiglia dei Flaviviridae, di cui sono stati identificati sei diversi genotipi e oltre 90 sottotipi. Ancora non è chiara l’implicazione di queste variazioni genotipiche nel decorso clinico della malattia, ma certamente esistono differenze nella risposta dei diversi genotipi alle terapie antivirali.

L’infezione acuta iniziale da Hcv è nella maggior parte dei casi, asintomatica e anitterica. In coloro che manifestano clinicamente la malattia, l’esordio è insidioso con anoressia, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%), mentre un’elevata percentuale dei casi, stimata fino all’85%, andrà incontro a cronicizzazione. Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma. Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, per lo più è compreso fra 6 e 9 settimane.

La trasmissione avviene principalmente per via parenterale. Il contagio per via sessuale è possibile, ma questa via sembra essere molto meno efficiente che per l’Hbv. L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi. Il controllo delle donazioni di sangue, attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-Hcv, ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati.

A tutt’oggi non esiste un vaccino contro l’epatite C e l’uso di immunoglobuline non si è mostrato efficace. Misure profilattiche efficaci sono rappresentate dalle generali norme igieniche, la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e per i trattamenti estetici, l’utilizzo di materiali monouso, la protezione nei rapporti sessuali a rischio.

Epatite D (Delta).

L’agente infettivo dell’epatite Delta è noto come Hdv: viene classificato tra i virus cosiddetti satelliti, o subvirioni, che necessitano della presenza di un altro virus per potersi replicare.

Modalità di infezione.

Il virus dell’epatite D per infettare le cellule epatiche richiede in particolare l’ausilio del virus dell’epatite B, quindi l’infezione si manifesta in soggetti colpiti anche da Hbv.

L’infezione può verificarsi secondo due modalità:

  • infezione simultanea da virus B e D. In questo caso si verifica un epatite clinicamente simile all’epatite B
  • sovrainfezione di virus D in un portatore cronico di HBV. Si verifica allora una nuova epatite acuta a volte fatale.

Alcuni studi hanno mostrato che, in Europa e in Usa, il 25-50% dei casi di epatite fulminante erano in realtà, causati da Hdv. In entrambi i casi l’infezione può diventare cronica e in questo caso ha generalmente un decorso più severo rispetto a quella da virus B.

La modalità di trasmissione è la stessa dell’epatite B e il periodo di incubazione va da 2 a 8 settimane.

Esistono 3 genotipi di Hdv:

  • genotipo I è quello maggiormente diffuso, in tutto il mondo.
  • genotipo II è stato rilevato in Giappone e a Taiwan.
  • Il genotipo III è presente solo in Amazzonia.

Si stima che siano circa 10 milioni le persone affette da epatite D e dal suo virus di sostegno.

Per quanto riguarda le misure preventive, vale la profilassi per l’Hbv: il vaccino contro l’epatite B è in grado di proteggere anche contro l’epatite D.

Epatite E.

L’agente infettivo dell’epatite E, il virus Hev, è stato provvisoriamente classificato nella famiglia dei Caliciviridae. L’epatite E è una malattia acuta spesso anitterica e autolimitante, molto simile all’epatite A. In casi rari l’epatite E può risultare in una forma fulminante fino al decesso. Le forme fulminanti si presentano più frequentemente nelle donne gravide, specialmente nel terzo trimestre di gravidanza, con letalità che arriva fino al 20%. Seppure rari, casi cronici sono riportati in soggetti immunocompromessi e, in letteratura, sono riportati anche casi di riacutizzazione.

Come per l’epatite A, la trasmissione avviene per via oro-fecale, e l’acqua contaminata da feci è il veicolo principale dell’infezione. Il periodo di incubazione va da 15 a 64 giorni.

L’epatite A è presente tutto il mondo, principalmente in aree geografiche con livelli igienici inadeguati. Nei Paesi industrializzati, invece, la maggior parte dei casi riguarda persone di ritorno da viaggi in Paesi endemici. Tuttavia, nei Paesi industrializzati è in aumento il numero di casi autoctoni.

Per quanto riguarda la prevenzione, la somministrazione di gammaglobuline, soprattutto nelle donne gravide è in fase di dimostrazione.

Sono in corso studi clinici sperimentali per la commercializzazione di due vaccini. Consulta anche l’approfondimento “Epatite E in Italia: sorvegliata speciale attraverso il Seieva” a cura di Maria Elena Tosti e Valeria Alfonsi (coordinamento Seieva, Iss).

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