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Mammografia, questa sconosciuta.

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Avviata ad ottobre il “mese rosa” dedicato alla Mammografia e alla prevenzione dei tumori al seno. Verso un livello qualitativo sempre più consistente.

Da qualche anno Ottobre è il c.d. “mese rosa” dedicato alla prevenzione senologica ed ogni anno l’occasione è propizia per apporsi tale nastro rosa e snocciolare statistiche e classifiche. Anche quest’anno, quindi, non facciamo eccezione alla avviata ottima consuetudine.

Premesso che i risultati della prevenzione in senologia ed i progressi in questa particolare branca a cavallo tra la radiologia e l’oncologia non sono affatto in discussione e che certamente ci si auspichi un livello qualitativo sempre più elevato di accertamento e cura di uno dei tumori ai primi posti nella diagnosi ed al quinto per la mortalità [1], mi pare più che opportuno porre una puntualizzazione : si continua a parlare dell’esame diagnostico di “mammografia” con un livello di generalizzazione che se fino a qualche anno fa ancora andava bene, adesso, dopo l’avvento della “mammografia 3d” (ove 3d sta per 3 dimensioni), meglio nota come “tomo-sintesi della mammella”, potrebbe (ma il condizionale è una eufemistica “cautela”) generare qualche “disorientamento” nelle utenti.

Le caratteristiche che differenziano il nuovo esame, che tanto sostanzialmente quanto brevemente può essere spiegato ai meno esperti come una “mini tac” della mammella, (del tutto analogamente al più noto esame radiologico) sono:

1. La possibilità di ottenere una molteplicità di immagini in luogo della singola immagine in due dimensioni;

2. La possibilità di rielaborazione dei dati acquisiti per generare ulteriori immagini aggiuntive (dette “sintetiche”), ricostruite tramite apposito software dedicato.

Tutto ciò è effettivamente ciò che sembri, ossia una vera rivoluzione nell’accuratezza dell’imaging della diagnostica in senologia; ma come tutte le innovazioni anche questa non può non comportare dei costi: nello specifico, essendo giunti ad apparecchiature in cui l’elettronica digitale e l’elaborazione informatica diventano predominanti, si è passati dalle decine di migliaia alle centinaia di migliaia di € per singola unità diagnostica per Mammografia Digitale con Tomosintesi, completa di modulo di acquisizione e gestione di immagini 3D.

Capitolati di spesa ben più importanti dei precedenti, che tuttavia le aziende sanitarie, sia pubbliche che private, cercano anche affannosamente di gravarsi, pur di essere all’altezza della concorrenza ed offrire alle proprie potenziali utenti il più aggiornato ritrovato tecnologico dello stato dell’arte: una vera e propria “guerra fredda” della diagnostica per immagini.

Anche il mero costo dell’esame all’utenza sembra sia, anche in ragione del fattore di impiego o “logorio” tecnologico, “differenziabile” : Nei vari nomenclatori tariffari disponibili si incontrano situazioni alquanto differenti: in alcuni casi la tomosintesi mammaria non è inserita (e. g. : nomenclatore del Ministero Salute, peraltro aggiornato al 2013 [2]); in alcuni casi (e.g. : nomenclatori regionali) viene associata alla mammografia digitale e computata con la medesima tariffa; in altri casi ancora si incontrano notevoli differenze: da € 65,00 ad € 80,00 per la la Mammografia bilaterale digitale 2D e da € 100,00 fino a € 120,00 per la Mammografia digitale tridimensionale o 3D.

Ma i computabili “costi” non si limitano a quelli meramente economici.

Alle prime iniziali titubanze si stanno sostituendo le affermazioni di un crescente numero di addetti ai lavori: dalle agenzie governative (e.g. : Fda Statunitense) agli utilizzatori, fino addirittura ai produttori di questa linea tecnologica, che attestano che l’esecuzione di questo nuovo esame, anche se “in combinazione” con il predecessore (ossia con 2 immagini bi-dimensionali associate a 2 immagini tridimensionali, che vanno a formare il necessario “pacchetto” di immagini ortogonali della mammella) comporti la somministrazione di almeno il doppio della dose di radiazioni, specie quando le immagini 2D vengono prodotte “singolarmente”: «Se vengono acquisiti sia Digital Mammography che Digital Breast Tomosynthesis (separatamente o con la cosiddetta modalità “combo”), la dose ghiandolare media [3] (più significativa rispetto a quella complessiva alla mammella) è circa raddoppiata.» [4].

Tutto ciò ovviamente comporta una serie di riflessioni:

1. Meramente tecniche:

La morfologia delle microcalcificazioni è meglio evidenziabile in Mammografia 2D [5]; la remota possibilità che una donna sia affetta da tumore in entrambi i seni; la questione “sovra-diagnosi”: non è ancora noto se a un numero maggiore di piccoli cancri individuati corrisponda una diminuzione effettiva dell’incidenza dei cancri avanzati successivamente; la possibilità di utilizzo di altre nuove tecniche che non utilizzano i raggi X, come l’Ecografia Mammaria Automatica Volumetrica; l’aggiuntivo rischio di cancro radio-indotto a distanza di tempo; un aumento delle collegate (ma non sempre necessarie) prestazioni di approfondimento, in primo piano quella di ago-biopsia; la valutazione, nella scelta diagnostica, di un effettivo stadio clinico contro la virtuale integrità sanitaria dei destinatari di ogni screening organizzato; etc.;

2. Normative:

La vigente legge di stampo Europeo sulla radioprotezione pone incessantemente l’accento su un obbligo ad un utilizzo il più attento possibile dell’agente radiante, che si concretizza nei c.d. “principi fondamentali della radioprotezione”, così di seguito sinteticamente formulati (d. lgs. 101/2020):

«Il rischio di danni dovuti a radiazioni ionizzanti deve essere il più basso possibile. A questo scopo le norme sulla radioprotezione prevedono tre principi generali: giustificazione, ottimizzazione e limitazione delle dosi)

3. Etico–deontologiche:

Il trattamento sanitario rientra nella disponibilità del paziente: ciò è tradotto normativamente nella prima parte del secondo comma dell’art. 32 Cost. , laddove si dice che «nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge» – La Convenzione di Oviedo dedica alla definizione del consenso il capitolo 2, artt. da 5 a 9, in cui stabilisce, come regola generale che: «un intervento, nel campo della salute, non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata, può in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso».

Anche la comunicazione scientifica pubblica fa la sua parte: nella recente rubrica «screening dei tumori: normalità da ripristinare» all’interno della trasmissione televisiva “Uno mattina” su Rai Uno del 07 ottobre u.s., [6 – 7] venivano confrontate due immagini radiologiche dello stesso caso clinico: una di mammografia 2d a fianco di una di mammografia 3d; ebbene: la lesione era ben rappresentata in entrambe le metodiche, pure non lo si andava a rimarcare opportunamente

A fronte di quanto sopra…

Sono davvero pochi i medici radiologi o i tecnici radiologi o i medici oncologi o addirittura i soggetti istituzionali a vario titolo impegnati (dalle aziende sanitarie alle televisioni, dagli enti pubblici ai privati) quelli disposti a spiegare questi “dettagli” alle utenti. Pure da una parte si insiste a presentare l’esame di tomo-sintesi quale “preferibile” rispetto alla mammografia 2d, dall’altra si continua a mantenere – soprattutto nelle statistiche – l’equivoco sulla mammografia, laddove ancora non si capisce esattamente di quale esame si sita parlando …

Prendendo anche atto di quanto stia occorrendo circa la generalizzata lievitazione della spesa sanitaria [8], – la memoria storica va al caso “Sanitopoli” – Lubranamente … «A questo punto la domanda sorge spontanea», ed è magari anche persistente:

Come mai sia in un Sistema Sanitario Nazionale, sia negli organi di pubblica informazione, sia negli Enti del Terzo Settore, che riteniamo per più aspetti “evoluti” … avviene tutto ciò?

Sitografia.

[1] LINK

[2] LINK

[3] Rapporti ISTISAN 07/26 – ISSN 1123-3117 LINK

[4] LINK

[5] LINK

[6] LINK

[7] immagine Rai

[8] LINK

Dott. Calogero Spada
Dott. Calogero Spada
Tecnico Sanitario di Radiologia Medica (Bari, 1992), perfezionato in Neuroradiologia (Bari, 2001), Laureato Magistrale (Pavia, 2015), Master II liv. in Direzione e Management (Casamassima – BA, 2017) e di I liv. in Coordinamento (Castellanza – VA, 2011); dal 2017 guest blogger e web writer in sanità.
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