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Efficacia della psicoterapia psicoanalitica nei contesti di cura.

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Più parole, meno medicine. Più tempo al racconto e meno al dolore sordo, quello che maledettamente regalano ansia e depressione.

Hanno deciso di alzare la voce gli specialisti della psiche che si sono dati appuntamento a Roma ad inizio giugno a La Sapienza, aula magna del Rettorato. Una giornata intera di dibattito tra i rappresentanti dell’Associazione italiana psicologia analitica, dell’European federation for psychoanalytic psychotherapy e della Società psicoanalitica italiana sulla “Efficacia della psicoterapia psicoanalitica nei contesti di cura”.

Freudiani e junghiani insieme. Alzano la voce per denunciare che, negli ultimi anni, la terapia della parola sta via via scomparendo nei centri pubblici dedicati ai disturbi mentali.

Sempre meno incontri e colloqui, a loro avviso, e sempre più terapie farmacologiche.

Dai bambini agli adulti. “Non tutti i disturbi possono essere eliminati con cure a base di pillole– spiega Luisa Carbone Tirelli, presidente dell’Associazione italiana di psicoterapia psicoanalitica dell’infanzia, adolescenza e famiglia – soprattutto tra i piccolissimi. Eppure oggi, un bambino, per iniziare nel pubblico un percorso di tipo psicologico, può arrivare ad aspettare anche un anno. Tutti sappiamo che intervenire in tempo significa cambiare il corso della vita di un futuro adulto. Oggi, invece, è dilagante la medicalizzazione dei problemi, senza tenere in considerazione quale potrebbe essere il beneficio di un’analisi più ampia. Che si occupi della sua famiglia, del suo quotidiano”.

Un quotidiano, per molti bambini, fatto di notti passate con gli occhi sbarrati, di alimenti rifiutati, di difficoltà a tenere le relazioni, di mutismi improvvisi.

“Riuscire ad avvicinarli in modo diverso – aggiunge Carbone Tirelli– significa aiutarli a costruire il processo di un pensiero. A toccare le paure e superarle con la terapeuta ed i genitori. Un lavoro lento, un lavoro che sicuramente porta dei grandi vantaggi ma che oggi il servizio pubblico non riesce a dare. Direi non riesce più a dare. Se ci voltiamo dobbiamo constatare un grande passo indietro”.   

Stesso tipo di strategia terapeutica per l’adulto. Visita, farmaco e niente parole. A meno che non ci si rivolga al privato.

Eppure (sono gli specialisti che fanno i conti) la scelta psicoanalitica potrebbe portare anche un risparmio a lungo termine per il servizio sanitario.

Basta ricordare che, da noi, sei milioni di persone sono colpite da due o più disturbi psichici.

Parliamo di ansia e depressione, per citarne solo due.

“Sono 2,8 milioni coloro che soffrono di depressione, il 5,4% della popolazione dai quindici anni in su – ricorda Anna Maria Nicolò presidente della Società psicoanalitica italiana–. Eppure, assistiamo ad una sostanziale esclusione di trattamenti basati sulla relazione nel pubblico perché ritenuti lunghi, costosi e incompatibili con la pratica psichiatrica”.

Secondo le ultime stime dell’OSM il 10-20% di bambini ed adolescenti soffre di disturbi mentali.

Mentre nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di invalidità per malattia subito dopo le patologie cardiovascolari.

Riuscire a stare un po’ di tempo insieme ad un bambino ci permette di vedere come si muove, perché ripete alcuni comportamenti. Lui non sa che cosa è un trauma ed i ricordi si raccontano male ma riesce ugualmente a farsi capire e mostrare il disagio. Ovviamente lo si deve sapere interpretare – chiosa ancora Carbone Tirellie, soprattutto, spiegare ad una mamma o ad un papà”.

Dunque, gli specialisti escono dagli studi e a voce alta chiedono che il flusso dei propri pensieri (o movimenti) riesca ad entrare nei servizi delle Asl a pieno titolo.

L’obiettivo è quello di “non lavorare solo con pazienti ricchi e nevrotici”, aggiunge Alessandra De Coro, presidente dell’Associazione italiana di psicologia analitica.             

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