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TSRM con i Medici: occorre essere più incisivi per il riconoscimento dei diritti di ciascuna professione.

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Carissimo Direttore,

il Presidente della FNO TSRM PSTRP dott. Alessandro Beux, intervistato da Assocarenews al 1° congresso del neonato ordine di ben 19 professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ha dichiarato che il segreto nell’amministrare 19 professioni differenti sta nel «credere che si possa stare insieme e soprattutto cercare, per quanto sia umanamente possibile, COERENZA tra ciò in cui si crede, ciò che si scrive, ciò che si dice e poi ciò che si fa».

A parte la differenza tra il primo verbo utilizzato (credere) e forse un più opportuno (ritenere), di formula meno religiosa e più pragmatica, può esserci unanime accordo sulla metodologia che il presidente dichiara aver «deciso di adottare».

Inserendo tale concetto nel rispolvero di un cruciale dibattito or ora riaperto tra lo stesso Beux ed il Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO), dott. Filippo Anelli, in realtà si registrano fattispecie che assai poco hanno a che fare con tali pur nobili, apprezzabili e condivisibili sentimenti, che quindi rischiano di diventare soltanto l’imbiancatura di facciata di una realtà da sempre occultata o addirittura negata.

La recente delibera regionale del Veneto (Proposta n. 2276_2019 Regione Veneto), che autonomamente vorrebbe definire percorsi di attribuzione delle competenze avanzate ai professionisti, in realtà costituisce un nuovo “pomo della discordia” di una vecchia guerra da tempo avviata, che ha già visto nella sentenza n. 54/2015 della Corte Costituzionale (definita a seguito di una istanza dello stesso Presidente del consiglio che, giusto caso, in tema di coerenze, da una altra parte proponeva l’arcinoto comma 566 della legge di stabilità 2015) una pesantissima vittoria del fronte dei medici che, spalleggiati da uno Stato che, decidendo chi lavora e chi no, si è fatto «caporale» sanitario, continuano ad avvantaggiarsi, in epoca di spinta propaganda di carenza di medici, di un loro sostanziale monopolio delle attività “extra”: un popolo di ubiquitari “marchettari” , che contemporaneamente afferma di essere in via di estinzione.

Tuttavia questa volta un motivo di ragione è sussistente: perché se non è vero che le scelte politiche sanitarie – soprattutto se agite in corollario a ben note leggi dello Stato (42/99; 251/00; 43/06) – non sono in capo alle regioni (perché andrebbero a farsi benedire sussidiarietà e federalismo), è vero invece che la formazione deve avere caratteristiche uniformanti in ambito nazionale; requisito che soltanto una Programmazione Universitaria (certamente non da epoca di scuole professionali) può garantire; cosa che peraltro andrebbe ad esclusivo vantaggio di tutti coloro vogliano confermare e sviluppare la propria autonomia professionale.

Il vero problema è quello di alcuni “paletti” che il dott. Anelli già accampa, che appaiono più come dei veri e propri “picchetti” di proprietà incedibili: infatti il porre condizioni quali:

  • «limitatamente ai casi in cui le competenze da affidare ai nuovi profili si sovrappongano a quelle oggi in capo ai medici, sia interpellato l’Ordine, appunto, dei Medici»,

se pure può trovare delle “sponde” nei criteri “guida” e “limite” indicati dalla stessa legge 42/99, in realtà non trovano conforto nella realtà evolutiva dell’attuale trend produttivo in sanità, nella quale non è più vero che

  • «le prestazioni correlate alle competenze che si vogliono ora definire avanzate per le altre professioni sono assicurate dai medici»,

ma è vero che – proprio il caso dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica (giustificazione degli esami radiologici) lo stigmatizza – i medici non assicurano affatto certe competenze, ma pretendono al contempo di detenerle formalmente, mentre altri si occupino delle stesse, magari su loro irregolare e perpetua delega.

Quindi, se vero è che:

  • «la classe medica ha da tempo abbandonato, ammesso e non concesso che lo abbia mai posseduto, il paradigma per il quale la sanità è dei medici»,

il discorso di COERENZA, cari Filippo ed Alessandro, riguarda la ri-definizione – su base oggettiva e non presuntiva – di quelle attività che DI FATTO vengono prestate all’assistito, e quindi conseguentemente, nell’interesse dello stesso (e non altrui),  il conferire ad ogni soggetto le proprie competenze di EFFETTIVO TITOLARE ESERCIZIO  (giammai di abusivismo) e non far sì che le stesse siano detenute dai medici ma esercitate da altri terzi soggetti (concetto assai semplice e di altrettanto buon senso che non andrebbe, in realtà, nemmeno troppo spiegato) …

Potrebbe essere questo – purgato da tale “ criterio di sovrapposizione” – l’irrinunciabile e primario leitmotiv della, a mio avviso non soltanto istituibile, ma necessaria…

  • «Consulta Permanente delle Professioni Sanitarie come luogo e strumento operativo per affrontare proprio tali tematiche»;

luogo in cui si auspica trovare una uguaglianza di professioni, oltreché di genere.

Solo in questo modo, ripartendo insieme nelle nuove definizioni dei campi di azione e responsabilità di ognuno, si potrà successivamente mettere mano ai programmi di studio che non dovranno, similmente all’esercizio professionale, più vedere assurdi monopoli, ma che dovranno vedere un uniforme e reciproco affidamento: non ci sarebbe nulla di male se, ad esempio (come posso testimoniare di qualche caso già accaduto in talune virtuose, purtroppo isolate, realtà: Istituto di Radiologia di Bari), un Tecnico di radiologia esperto sia messo ad insegnare nelle scuole di specialità medica, in ambito di argomenti di propria competenza.

Purtroppo tali pacifiche vision della sanità del futuro, che avranno sempre più bisogno di una umana intelligenza empatica al posto della troppo immaginativa intelligenza d’artificio, ancora appaiono molto in conflitto con certe manifestazioni di pensiero [2] (pure isolate, ma in un inquietante accoglimento e condivisione da parte di folle di nerd adoranti) – opinioni che comunque, pur giacendo nell’alveo dell’esercizio del diritto di libertà di espressione – descrivono una realtà oggettiva che spesso resta comunque inconfessabile ed inconfessata.

A parte certe auto-attribuzioni da prodotti agroalimentari alternate a formule da assolutismo teocratico, sono certe affermazioni e certe descrizioni assai carenti sia culturalmente, anche in riferimenti storici (il camice, anche se di colore nero, i TSRM lo indossavano – né da intrusi e né da disturbatori, bensì da protagonisti – già agli albori della loro attività, quindi ben antecedentemente a certe lauree di medicina e chirurgia di fine secolo scorso; esso non è giunto all’improvviso per qualsivoglia emulazione o delirio di onnipotenza), sia in ambito più squisitamente morale (non si possono strumentalizzare scelte di vita – che a volte, ben indipendentemente dal quoziente intellettivo o da vergognose presunte velleità da «pezzo di carta», non sono propriamente libere ed incondizionate – a temi di snobismo e di altri generi di raccapriccianti discriminazioni), affermazioni e descrizioni che vanno quindi ad inquinare pericolosamente spiriti di vision e mission che devono invece risultare onestamente e concretamente aggreganti nell’universalistico scopo di diagnosi, cura e prevenzione a beneficio della collettività – una collettività che include ognuno di noi, in un mutevole ruolo da dispensatore a destinatario, dei vantaggiosi ed avanzati progressi in sanità.

Quando, senza “confusione di ruoli” e per nulla inebetiti dalle turnazioni, parliamo dei nostri codici deontologici (soprattutto per chi li abbia metodicamente e seriamente studiati tutti, comprese le varie edizioni di quello di Ippocrate, nella redazione della tesi di conclusione al – per nulla banale – percorso di laurea specialistica), formulari cui spesso ho accennato alla necessità di revisione – soprattutto di quelli affetti da clamorosi errori (ve ne sono diversi) ed indesiderate “compartecipazioni”, ebbene in tale discussione non dovremmo TUTTI perdere di vista il dovere ad ispirarci, negli aspetti di vita e non soltanto in quelli meramente professionali, non soltanto al loro rispetto, ma al rispetto del maggiore tema che li accomuna e che ci accomuna – quel “neminem laede, immo omnes, quantum potes iuva” – che certamente impedirebbe di utilizzare le modalità offensive dei “figli di facebook” che riescono, più che ad incontrarsi, a scontrarsi con il prossimo in modalità che rasentano la violenza ideologica.

Quando si parla di contenzioso sanitario o medicina difensiva, in particolare di quella “attiva”, si parla di  fenomeni reali, effettivi e molteplicemente dannosi, che in parte potranno trovare risoluzione in una ridefinizione dei ruoli (per nulla inventati e per nulla pretestati), che risponderanno più razionalmente alla necessità di una tracciabilità delle azioni sanitarie, che dovrà trovarci tutti pronti, sia culturalmente sia tecnicamente, ad affrontare il tema della responsabilità civile e penale delle nostre azioni – solo di quelle – né mettendosi al posto di altri, né pensando di essere migliori di altri.

Tali modalità di assai improbabili “salvatori del mondo”, dunque, non sono da trascurare o  sottacere; vanno anzi prese in carico e perseguite, in primo luogo perché sono lo specchio di una realtà che davvero «dobbiamo lasciarci alle spalle», ma che purtroppo esiste ancora; in secondo perché in quanto anti-etiche ed anti-deontologiche, non sono dignitose per i professionisti sanitari – tutti – che tanto per cominciare non devono arrecare danno ad alcuno, anzitutto nelle parole, nelle espressioni e nelle intenzioni.

Personalmente, contrapponendolo a tanto assai immaginativi quanto inintelligibili “politiche” o “regimi culturali”, RITENGO sia condivisibile che si possa stare insieme (medici compresi) e soprattutto cercare, per quanto sia umanamente possibile, COERENZA tra ciò in cui si crede, ciò che si scrive, ciò che si dice e poi ciò che si fa … se è quindi vero che la FNOMCeO – per nulla addormentata e attualmente completamente disinteressata alla genesi di qualsivoglia stregoni, al pari della FNO TSRM PSTRP – ha abbandonato la formula dell’«assalto alla diligenza», allora prenda le distanze da chi ripropone, peraltro esacerbandoli a volontà, tali temi (cui i cittadini né vogliono sapere, né vogliono essere associati) e tali gravissime allucinanti modalità di ignoranza-arroganza, e se possibile li persegua.

Grazie.

Calogero Spada, TSRM

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