Mary C., Infermiera di 28 anni, ci racconta la sua disavventura professionale: “licenziata da RSA per essermi ammalata di Coronavirus in struttura”.
Carissimo Direttore di AssoCareNews.it,
Mi chiamo Mary C. e sono una Infermiera di 28 anni di origini pugliesi, ma ormai Emiliano-Romagnola di adozione. Vi faccio i complimenti per la vostra informazione, sempre chiara e puntuale. Vi scrivo per raccontarvi la mia disavventura in una Residenza privata per anziani autosufficienti, da dove sono stata licenziata dopo aver contratto il Coronavirus.
Ho lavorato fino a luglio in questa struttura, una sorta di RSA per anziani senza troppi problemi di salute. Purtroppo un OSS, affetto da Covid-19, ha infettato alcuni ospiti e altri operatori, tra cui la scrivente.
Sono stata malissimo, ma il medico e l’Azienda USL non hanno ritenuto opportuno ricoverarmi in ospedale, per cui ho trascorso tutto il periodo della malattia in casa, isolata dal mio compagno. Sono stati 60 lunghi giorni e poi altri 14 in quarantena imposta dalla mia azienda.
In totale 74 giorni fuori dal lavoro. Mi sono ammalata all’inizio di maggio, a metà luglio ero a lavoro quando mi hanno comunicato che non mi avrebbero rinnovato il contratto (scadeva il 31 luglio 2020). Così è stato, mi hanno lasciata a casa e dato il ben servito.
In queste strutture private non conta la professionalità, siamo solo dei numeri, delle pedine da utilizzare. Non è piaciuto alla Direzione il fatto che sono rimasta a casa in malattia e poi in quarantena per così tanto tempo. Eppure io mi sono ammalata lavorando, mi sono infettata in servizio, mentre assistevo i miei pazienti.
Non voglio polemizzare oltre, dico solo che questo Coronavirus ha fatto emergere una prepotentemente e fin troppo evidente realtà: la Professione Infermieristica non è riconosciuta come tale in Italia, siamo eroi quando conviene, poi quando non conviene basta un semplice calcio nel c… e fuori dalle scatole!!!
Grazie per lo spazio che deciderete di dedicarmi, continuate ad informarci senza veli e senza filtri.
Buon fine estate.
Mary C., Infermiera
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