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Maria, Infermiera: “mio nonno sta morendo in Calabria e io non posso vederlo perché costretta in Lombardia dal Covid”.

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Maria ha 28 anni, fa Infermiera in un noto ospedale Milanese. Ci ha scritto una lettera commovente: “mio nonno sta morendo in Calabria e io non posso vederlo perché costretta in Lombardia dal Covid”.

Carissimo Direttore di AssoCareNews.it,

seguo da tempo il suo giornale e vedo che è l’unica testata a dare spazio ai disagi reali della Professione Infermieristica e a quello che stiamo provando noi Meridionali costretti all’esilio forzato al Nord. Mi chiamo Maria (nome fittizio – ndr), ho 28 anni e sono Infermiera in un noto ospedale pubblico di Milano. Sono di origini calabresi, ma vivo in Lombardia perché da me non c’è lavoro, c’è la Ndrangheta che controlla tutto e non ci sono concorsi.

Le scrivo questa mia perché da giorni non riesco a smettere di piangere. Mio nonno Alfredo (nome fittizio – ndr), con cui ho vissuto fin da piccola fino alla Laurea in Infermieristica, sta male ed è terminale per un tumore al pancreas. Da qualche giorno sto cercando in tutti i modi di convincere chi di dovere a lasciarmi perdere un aereo o un treno o di farmi viaggiare in auto per vederlo per l’ultima volta.

Non è giusto non poter dare conforto al proprio nonno, non è giusto essere costretti a rimanere in gabbia in Lombardia senza salutarlo per l’ultima volta.

Qui non c’è più umanità. Se mi permettono di scendere lo farò con il massimo delle precauzioni possibili, sono una Infermiera, so quello che rischio e quello che rischiano i miei parenti in Calabria con il Coronavirus.

Ho fatto esami sierologici e tamponi per un contatto con un Paziente Covid-positivo, ma sono sempre risultata negativa. Non ho mai preso il Coronavirus, per cui sono perfettamente sana.

Nonostante questo non mi fanno scendere, al lavoro non mi danno ferie e mi hanno detto che sarà difficile anche darmi i tre giorni previsti per il lutto, anche se ho i miei dubbi che possa farlo.

In più la Prefettura, i Vigili Urbani e altre forze dell’ordine che ho interpellato mi hanno sconsigliato di scendere anche per non rischiare una pesante multa. Ma a me non interessa, la multa la pago, per mio nonno questo ed altro. Il problema è che non mi lasciano scendere e che mi hanno detto c’è una sola soluzione, quella di licenziarmi e di tornare in Calabria.

Come mi devo comportare, non dormo e non mangio da giorni, vado al lavoro stanchissima e non riesco più ad assistere correttamente i miei pazienti. L’altra sera ho avuto una crisi di panico, sembrava di morire. Sto male, sto singhiozzando e piangendo mentre scrivo questa mail.

Non so se mio nonno riuscirà a resistere in vita fino al 3 giugno 2020, giorno in cui dovrebbero permetterci di viaggiare tra regioni e non so nemmeno se dalla Lombardia mi permetteranno di andare in terra calabra.

Non so che fare, mi sto crogiolando, mi sto prosciugando. Aiutatemi per favore. Almeno voi.

Maria, Infermiera

PS = Lavoro a Milano a tempo indeterminato da tre anni, quale vincitrice di concorso.


Carissima Maria,

abbiamo volutamente nascosto la tua vera identità per proteggere la privacy di tuo nonno e dei tuoi cari. Purtroppo non ci sono altre possibilità se non attendere la riapertura dei viaggi in altra regione.

Non credo che tuo nonno, che immagino abbia fatto tanti sacrifici per farti studiare e per vederti realizzata, sia contento di vedere la nipote in queste condizioni o peggio che si sia licenziata per vederlo per l’ultima volta.

Purtroppo è una situazione delicata e le scelte restato a te. Non aggiungo altro perché non c’è altro da dire.

Ti consiglio di rivolgerti al supporto psicologico che la tua azienda mette a disposizione di tutti i suoi dipendenti, uno specialista del settore può darti una grossa mano a superare questo momento difficile.

Un abbraccio e tienimi edotto sugli sviluppi.

Angelo Riky Del Vecchio, Direttore quotidiano sanitario AssoCareNews.it

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