Marco Petrilli è un OSS che cerca di dire le cose come stanno: “gli Operatori Socio Sanitari hanno paura di crescere e di evolversi”.
In merito al documento che si sta postando in queste ore e minuti dove non ci viene riconosciuta in pieno la nostra professione nei parametri dell’inquadramento delle professioni sanitarie. Vorrei spendere due parole, che di sicuro attireranno le antipatie di molti miei colleghi. Io vado controcorrente e dico che tutti i torti non li vedo, e che assistendo da tempo a diversi dibattiti in merito alle nostre mansioni, la colpa è nostra e nostra soltanto.
Vogliamo essere riconosciuti come sanitari in termini di diritti, ma ce ne guardiamo bene di assumerci le responsabilità in termini di doveri e di mansioni.
Entro nel merito della questione, dicendo che molti trovano ingiusto che per conseguire l’attestato serva il diploma, molti non vogliono somministrare farmaci, che non vuol dire fare noi un piano terapeutico, ma dare delle cavolo di pillole in determinati orari prestabiliti, molti addirittura si rifiutano di fare stick glicemici perché ritengono invasivo un buchino sotto cutaneo di 1 millimetro, molti colleghi addirittura non hanno né l’HACCP requisito utile per la somministrazione dei pasti, molti non hanno neanche l’abilitazione al BLSD, molti si rifiutano di imparare le tecniche per fare iniezioni intramuscolari.
Cari mie colleghe e colleghi in un mondo sempre più specializzato dove vogliamo andare se ci rifiutiamo di fare costante formazione e di richiedere ed imparare nuove mansioni?
Le cose che ho sopracitato le fanno regolarmente le caregiver, chiamate volgarmente badanti, le fanno regolarmente i famigliari dei pazienti quando noi non ci siamo, eppure voi che volete rientrare nella categoria delle professioni sanitarie vi rifiutate di diventare professionisti della sanità acquisendo queste tecniche.
Vi indignate e vi rifiutate se il nostro attestato vorrà essere passato a corso para universitario.
Mi dispiace dirlo, ma prendetele come critiche costruttive, la colpa è nostra che non vogliamo crescere professionalmente.
Scusate lo sfogo. Vi saluto con tanto affetto un vostro collega OSS.
Marco Petrilli, OSS