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Marco, Infermiere: “cara futura collega Elisa sei fuori strada, la Professione senza umanità non può essere definita tale”.

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Continua il dibattito sulla Studentessa Infermiera Elisa Barrassi. Marco, Infermiere: “sei decisamente fuori strada, con questi presupposti non sarai una brava professionista”.

Alla redazione di assocarenews.it,

In risposta alla lettera di Elisa Barrassi. Buongiorno Elisa, sono Marco Bello, infermiere. Lavoro presso il pronto soccorso di un piccolo ospedale del Nord Italia, in passato ho lavorato in terapia intensiva, in un pronto soccorso metropolitano, in terapia intensiva pneumologica, in psichiatria.

Leggo con estrema preoccupazione quello che scrivi a proposito della tua idealizzazione della nostra figura professionale. Sono preoccupato, perché un domani potresti essere una mia collega! Sono preoccupato perché vedo che il concetto di “compito” non si è ancora sradicato dal pensiero comune sin dall’Università.

Sono preoccupato perché vedo che il concetto di professionista sanitario nelle mani (o nelle menti) sbagliate può arrivare all’impersonificazione di una sorta di controllore delle attività di presunti subalterni, da segnalare prontamente ai superiori qualora dovessero sbagliare. Mi sento in dovere di dire la mia. Anzitutto volevo informarti che il mansionario è stato abolito anni orsono e che quindi il tuo concetto di compito mal si colloca in un discorso di esaltazione della professione.

Un infermiere non ha il compito (o la mansione) di lavare il culo (come dici tu) ad un paziente (meglio dire cliente in ottica modernistica), ha il dovere di valutare il bisogno di igiene della persona, decidere la delegabilitá o meno dell’azione o se questa debba essere svolta in collaborazione con il personale di supporto in relazione non solo alle condizioni del cliente ma anche alle capacità accertate dell’operatore di supporto in questione. Urca! Che responsabilità! Per lavare un culo!

Più semplice il tuo ragionamento, lo delego a prescindere e se L’OSS non lo fa come dico io lo segnalo al superiore:

deresponsabilizzazione, menefreghismo, che tradotto significa malpractice e in definitiva cattiva assistenza con tutti i rischi connessi per l’unica persona che in questa discussione ci rimette: il cliente (o paziente per dirla alla tua). Dietro al “lavare un culo” c’è un mondo intero! È l’occasione per valutare il paziente in modo globale, scorgere problemi non visti prima, rivalutare altre caratteristiche ben lontane dall’igiene, provvedere ad un bisogno primario e valutarne le caratteristiche, valutare il grado si autonomia, pianificare le azioni future definire gli indicatori di esito. Quindi ben venga l’igiene fatta dal professionista! E ti dirò di più, per delegare una cosa, la devi saper fare talmente bene da poterla addirittura insegnare agli altri e come avrai potuto capire dalle mie parole non è così semplice o riduttivo.

Il concetto espresso sopra si applica ad ogni ambito del sapere professionale di un infermiere, il quale collabora (co-opera quindi fa insieme) con Medici, OSS, ASA, fisioterapisti, tecnici e tutti gli altri attori del sistema sanità con l’obiettivo di porre la persona al centro della propria attenzione e non se stessi con intenzione autocelebrativa.

Spero che quanto ho cercato di esprimere (non sono un grande scrittore) serva ad aprirti gli occhi perché se pensi di fare in futuro l’infermiera con queste convinzioni, a mio avviso, sei decisamente fuori strada.

Marco Bello, Infermiere

Leggi anche:

Elisa, Studentessa Infermiera: “io contraria a fare l’igiene al Paziente, siamo professionisti e non lavaculi”.

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