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giovedì, Marzo 28, 2024
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L’Infermiere e quel vaccino anti-Covid al capezzale dei Pazienti fragili.

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Ci scrive Angelo, Infermiere impegnato nella campagna vaccinale contro il Covid-19: “Immunizzare i pazienti fragili è una esperienza unica e toccante”.

Buongiorno Direttore,

mi chiamo Angelo Cipriano e sono un infermiere del P.O. di Eboli in provincia di Salerno. Inoltro una mia prima esperienza di somministrazione di vaccini anti-Covid.

Sono fermo e convinto che in un periodo di emergenza come questo, l’infermiere, il medico e chiunque altro già stipendiato dalla propria Asl debba svolgere e dedicarsi in maniera totalmente gratuita alla somministrazione dei vaccini a tutta la popolazione, sia essa autonoma e capace di recarsi nei centri vaccinali, sia quella bloccata in casa per qualsiasi altro impedimento: i fragili e i non autonomi.

È Venerdì Santo della Pasqua 2021. Pur vivendo in un periodo di forti limitazioni, la vita scorre con il solito traffico nelle vie del paese. Piccoli gruppi di tre, quattro persone, chi con e chi senza mascherina, si soffermano raccontandosi le cose loro, cosi incuriositi ed attenti ai racconti da far dimenticare i divieti in atto.

Io sono un infermiere di un nosocomio della provincia di Salerno e mi sto recando in ufficio postale. Sono le 10 passate del mattino. La giornata è bella, il sentimento della Passione di Cristo è vivo nel mio cuore, con il rammarico di non poterlo vivere con le solite tradizioni cristiane. L’atmosfera è carica di nostalgia ma anche di speranza: torneremo presto alla normalità.

La normalita, si… proprio cosi, la normalità della nostra quotidianità: è ciò che manca ad ognuno di noi. Per ottenere questo, come è già avvenuto in altri paesi del mondo, l’unica soluzione è vaccinare chiunque, nel piu rapido tempo possibile 24/h su 24, 7 giorni su 7.

Mi arriva una telefonata di un collega, mi chiede di recarmi in un punto vaccinale perché ci sono i vaccini ma manca l’infermiere a inoculare. Senza pensarci due volte confermo immediatamente la mia disponibilità per essere coinvolto in questa emergenza quotidiana lì dove necessita la mia professionalità. Mi affianco alla responsabile del centro vaccinale, capace di aver organizzato qualcosa che funziona nonostante il fermento emergenziale, tutto in pochi giorni, laute menti ai vertici del nostro paese faticano a ottenere gli stessi risultati.

Arrivo da lei. Mi stava aspettando. Mi affida un camice. Prendi tutto l’occorrente e necessario per la missione che da li a poco iniziamo. Saliti su una ambulanza della CRI partiamo per le vie del paese per raggiungere quei pazienti fragili impossibilitati a raggiungere i punti vaccinali: portiamo noi i vaccini a domicilio.

È la mia prima esperienza, quella di recarmi al cospetto di chi è in un letto ed aspetta la mano tesa degli operatori sanitari per ottenere l’immunizzazione. Ho sentito in me una forte spinta e in un attimo mi son calato nel mio lavoro senza che nulla mi impedisse di farmi accogliere in case private e di infondere la giusta serenità per ciò che stavamo facendo. Entriamo in un primo palazzo del centro abitato. Saliamo al primo piano e lì entriamo in un appartamento dove ci stavano aspettando. La prima paziente è una anziana signora in un letto, inconsapevole di ciò che stava accadendo. I suoi familiari accogliendoci felici per l’attesa finita, hanno scoperto il braccio dove io un attimo dopo ho inoculato il vaccino. Lei era lí immobile che dormiva, distesa nel suo letto circondata di presidi necessari per alleviare le sue sofferenze. Ho visto in lei il volto di Gesù, in questo giorno della Sua Passione, perché in ogni ammalato c’è il volto di Cristo. Aspettiamo qualche minuto per le eventuali reazioni inaspettate e andiamo via per cercare l’indirizzo di un altro ammalato, di un altro volto di Cristo che aspetta la sua dose. In ogni casa sembra che il tempo sia fermo. Abitazioni di anziani maestri, persone che hanno avuto una lunga vita e che da mesi sono prigionieri tra le loro mura. Mura sulle quali c’erano tante foto di bambini, loro nipoti, che attenuano la sofferenza distraendoli dalle loro limitazioni. Bambini che non ho incontrato in queste case, ma che erano nelle foto a sorridere per i loro nonni, quel sorriso è una speranza: grazie al vaccino un giorno e presto torneranno ad abbracciarsi.

Siamo in guerra per far vincere gli abbracci dei bambini e dei nonni che da mesi non si incontrano: anche i nonni dei miei bambini.

Angelo Cipriano, Infermiere

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