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Infermieri-Filosofi troppo lontani dalla truppa professionale

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Gent.le Direttore,

Il demansionamento è una questione sostenuta da deficienti. I “masterizzati” in forense messi da parte al fine di favorire i colleghi con la laurea specialistica. Cosa sta succedendo? Confesso di essere perplessa. Molto perplessa! Prima di scriverne ho voluto leggere ed ascoltare quanto dichiarato da chi sta contestando tutto ciò, vale a dire i vertici dell’OPI, ma anche la professoressa Loredana Sasso, che non è lontana dall’OPI (Fnopi – ndr).

Tutti sono vicini tra loro, ma, sono vicini agli infermieri? Molti dei vertici dell’Ordine vivono la realtà delle Direzioni Infermieristiche, ma si compenetrano con gli infermieri e gli infermieri con loro? Spesso si sente una distanza siderale tra due emisferi, tra la Dirigenza infermieristica e le “truppe infermieristiche”, quest’ultimi che rassegnati, maneggiano tutto, dalla padella, alla pasticca, passando per flebo e sala operatoria.

La stimatissima professoressa Loredana Sasso, citando uno studio pubblicato su “The Lancet”, ci dice circa l’importanza del numero degli infermieri in reparto, che più è alto il numero degli infermieri, più è bassa la mortalità dei pazienti. Un affermazione del genere equivale, per gli infermieri a “lapalissiana” dell’infermieristica o una massima alla Catalano, stile “quelli della notte”! Però sono d’accordo, gli infermieri debbono documentare quello in cui credono, quello che serve per migliorare l’assistenza con evidenze scientifiche.

Negli Stati Uniti stanno discutendo se standardizzare un rapporto tra infermieri pazienti tipo 5 a 1. Abbiamo letto e sentito dalla Professoressa Sasso, che investire nell’infermieristica può costituire un guadagno, una risorsa economica. Negli Stati Uniti si stima che un dollaro investito nell’infermieristica, può dare un ritorno economico pari a 0,75 dollari, oltre ad altri benefici immateriale.

Quindi anche i vertici dell’OPI caldeggiano l’aumento del numero degli infermieri in corsia, la formazione che sarebbe di stimolo anche agli studenti, chiedono che si agisca con cognizione di causa anche supportati da evidenze scientifiche internazionali. E sono d’accordo!

Però penso a tutto quello che sta succedendo e rimando perplessa pensando ai colleghi con il master forense.  Loro, i colleghi con il master forense studiano per difendere, studiano come si legge una sentenza, le norme che appartengono la nostra sfera professionale, le sentenze che riguardano le strutture ospedaliere. Io stessa, se ho difficoltà in ospedale, di tipo legale, disciplinare, mi servirei di questi colleghi, la loro formazione mi rassicura, mi piace che affianchino, come periti tecnici, un eventuale avvocato necessario in tribunale. In questo caso i “difensori della formazione”, trattandosi di periti del tribunale, per la difesa degli infermieri preferiscono parteggiare verso i laureati in specialistica, con una formazione ad indirizzo diverso da quello forense. Una modalità di pensiero schizofrenica?

Ancora, le figure tecniche come quelle degli OSS (Operatori Socio Sanitari) non sono nate per scelta degli infermieri, quelli nelle truppe di assalto. Il reclamare il demansionamento non è un atto deficiente, ma il riconoscimento di una norma, avallata da giudici e istituzioni.  Ovviamente le parole della Professore Sasso ci stupiscono dal momento che sarebbe una estimatrice della documentazione, delle prove scientifiche, dei fatti.  Gli OSS sono sorti per favorire gli infermieri, i pazienti o per risparmiare rispetto agli infermieri?  Ora deprecabili sono gli infermieri che chiedono aiuto?  Io stessa ne sono preoccupata, perché in alcune realtà, come già successo, succederà che comporranno il turno con un solo infermiere e più di un OSS. Come se l’infermiere in turno singolo non potesse avere problemi e/o necessità di affiancamento di un collega di pari funzioni.

Gli Infermieri potrebbero rivendicare ben altro. Molto spesso ci abbiamo provato, ma, abbiamo trovato un muro anche da parte delle Direzioni delle Professioni sanitarie. La Professoressa Sasso cita lo studio parlando di rapporti infermieri pazienti, dove l’ideale sarebbe un infermiere ogni 5 pazienti,  con medie di 7/8 pazienti, fino a punte di 13 pazienti per infermieri. Lei definiva scandalosi ed estremi dati come 13 pazienti per infermieri. Nel Lazio abbiamo combattuto per ottenere “almeno” due infermieri per turno, ma non ci siamo riusciti ovunque. Abbiamo infermieri che, da soli, lavorano su due piani e anche 60 pazienti.  Abbiamo documentato migliaia di volte che più è basso il numero degli Infermieri e più si alza la mortalità… ma a chi lo dobbiamo raccontare ancora?

Lo studio RN4CAST dice che dovrebbe essere messa più enfasi nella formazione, e gli infermieri dei reparti dovrebbero partecipare con entusiasmo a tutto ciò, vale a dire: ”quando lo staffing non è adeguato, la formazione ne risente!” Gli infermieri in corsia potrebbero essere causa di una Dissonanza cognitiva. Cioè, all’Università insegnano determinate attività, ma anche l’entusiasmo, in corsia gli infermieri non possono vanificare tutto ciò, perché falsificherebbero i risultati formativi. Gli studenti apprenderebbero, già dalla formazione che non sarà facile, che potrebbero trovarsi nella stessa situazione di colleghi esternalizzati, che con “progetti garanzia giovani” potrebbero essere pagati due euro l’ora, che si studiano determinate pratiche con determinati strumenti, ma, si potrà applicare con difficoltà.

Immagino, quindi la realtà della Regione Lazio, la collega che lavora, in medicina/geriatria, con trenta pazienti circa, quasi tutti allettati, quelli che camminano li preferirebbe a letto (più sicuro), che corre, trafelata da un paziente ad un altro.  La situazione è alla deriva, il tutor degli studenti, necessariamente, diventa uno studente più anziano. I colleghi, anche se molto esperti, non hanno tempo, ne voglia dedicargli una parola. Lo stress da lavoro fa perdere più che l’entusiasmo!

Io stessa credo nelle funzioni dell’infermiere da educatore del paziente e dei parenti, all’atto di dimissione, ma non può essere una regola, perché non può essere prioritario rispetto ad una terapia infusionale e/o altro. Quello che non può essere fatto regolarmente, può essere misurato?

Siamo in molti ad essere convinti che gli infermiere possono  essere determinanti per la prevenzione cadute accidentali, ma, anche per la prevenzione delle infezioni  e molto altro, ma, gli infermieri debbono essere più numerosi!  Così non fosse sarebbe come fare le “nozze con i fichi secchi”!

Abbiamo voluto le Dirigenze Infermieristiche, ma sono servite ad aumentare la distanza tra Infermiere e Direttore Generale. Sono passati anni da quando mi sono diplomata in Infermieristica, poi laureata, ma la distanza percepita è sempre più grande.

La Professoressa parla di evidenze scientifiche e consiglia di guardare anche fuori dai confini Nazionali. Un esempio,  io stessa ho segnalato i maceratori di padelle, come uno strumento da evitare perché anti igienico e inquinante… i vertici chiamati in causa, rispetto a chi “utilizza”, non hanno notato nulla di quello che benché banalmente ho rilevato io ed altri colleghi.  La Germania, ne ha vietato l’uso, noi in Italia stiamo investendo in quello che gli altri dismettono, in questo caso le evidenze non interessano!?

Forse come infermieri, formati scientificamente, ci aspettiamo più concretezza. Ci aspettiamo dirigenti più vicini alle nostre attività. Ci viene rimproverato, anche, che ci dedichiamo soprattutto all’apparenza, che alle problematiche più profonde.

I “filosofi” dell’infermieristica dovrebbero avvicinarsi alle realtà operative, ed insieme al personale di “truppa degli infermieri” costruire qualcosa di costruttivo e concreto!

Basita saluto, Coordialmente .

Laura Rita Santoro, Infermiera e Sindacalista

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