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venerdì, Marzo 29, 2024
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Infermieri fatevi venire la voglia di lavorare, altrimenti siamo tutti spacciati.

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Carissimo Direttore di AssoCareNews.it,

quando ci si porta il lavoro a casa, con tutto il nervosismo e la stanchezza ad esso correlati, è segno che si è raggiunto ed oltrepassato il limite massimo di sopportazione. Faccio l’infermiere del 1997, quindi ritengo di avere una buona esperienza in materia, anche se non mi sono mai voluto perdere in corsi ECM o simili, tenuti da colleghi/e che la corsia non l’hanno mai vista in vita loro.

Ricordo la direttrice della scuola che frequentavo (una suora tanto severa e cattiva nel corso dei tre anni di corso quanto amorevole durante gli esami di passaggio, la quale ti suggeriva in ogni modo e maniera se ti vedeva in difficoltà se l’insegnante di Patologia Chirurgica ti inchiodava al muro con la sua domanda a trabocchetto), che ci diceva di essere “anticonformisti”, cioè di non contribuire a mantenere quell’andazzo che caratterizza la Sanità italiana.

Quando iniziai a lavorare in ospedale nel 2001, dopo tre anni trascorsi nel privato, cominciai a capire come funzionava la Sanità pubblica; a quei tempi si respirava già un’aria di sistematica demolizione del sistema sanitario nazionale, tuttavia mai avrei immaginato che si potesse arrivare ai livelli attuali di disorganizzazione e di carenza di personale che alla realtà dei fatti ci stanno letteralmente ammazzando.

Ritengo che il nostro sia un lavoro che vada tutelato in quanto pieno di responsabilità, ed una mossa sbagliata nel momento sbagliato può costare molto cara sia a chi la compie che a chi ne subisce le conseguenze, ovvero il paziente stesso.

Ed a forza di scontrarsi con le conseguenze di questa progressiva opera di demolizione della Sanità pubblica ci si scopre improvvisamente indifferenti, insofferenti ed insoddisfatti, pieni di astio e rancore verso i colleghi stessi, i coordinatori ed il personale medico, quest’ultimo spesso e volentieri responsabile del pessimo tenore di vita in corsia grazie a ricoveri impropri, che si protraggono inutilmente per settimane, magari per fare un favore all’amico primario o a qualche parente facoltoso che deve sistemare l’anziano zio o nonno poiché non sono più disposti a tenerlo in casa.

Abbiamo poi coordinatori/coordinatrici totalmente inadeguati, sempre proni nei confronti dello staff medico e del rispettivo lavorare in modo caotico, il quale contribuisce a fare abbassare il livello di assistenza che noi infermieri vorremmo garantire al paziente, che rappresenta la vittima finale di questo andazzo.

Non e possibile lamentarsi, dato che sistematicamente si passa per quelli che non hanno voglia di lavorare, così come non è possibile chiedere aiuto ai vari uffici infermieristici dal momento che non c’è personale a disposizione da poter inviare in supporto (come ad esempio un OSS).

L’infermiere così si ritrova ad iniziare un lavoro che dopo dieci minuti deve interrompere, perché nel frattempo arriva il medico specializzando che ti chiede di fare qualcosa con urgenza, tu lo fai e dopo cinque minuti ne arriva un altro, per cui devi piantare lì e nel frattempo vieni bersagliato di chiamate dei pazienti, alle  quali non riesci a rispondere perché nel frattempo ti arrivano i ricoveri programmati ed i medici hanno fretta di avere gli esami del sangue o altro. Forse dopo mezz’ora riesci anche a riprendere quello che stavi facendo, ma per un motivo o per l’altro poco di ricomincia tutto da capo e ti ritrovi immerso nuovamente nel caos totale.

Quando smonti dalla notte ti ritrovi a casa con l’ansia di ricevere il solito messaggio o la solita telefonata dalla caposala, dal momento che ti sei dimenticato qualcosa perché magari quando dovevi starci attento eri sommerso di cose da fare arrivare all’improvviso, o magari vieni contattato perché il tale giorno manca questo o quella collega per cui ti viene chiesto di fare il solito doppio turno, senza tener conto del fatto che se si hanno dei figli e l’altro coniuge lavora la gestione diventa assai problematica.

Oggi va di moda fare tutto al computer e capita spesso di ritrovarti a non riuscire a completare un ricovero poiché qualcuno che lo ha gestito prima in un altro reparto ha sbagliato o dimenticato a sua volta di fare qualcosa, per cui rimani bloccati e devi perdere mezz’ora di tempo al telefono con l’assistenza informatica per sbloccare la situazione.

I medici poi hanno fretta di avere gli esami ematici, solo che quando fanno le richieste sbagliano a mettere la data di esecuzione dell’esame e si continua a perdere tempo per cercarli ed aspettare che correggano la richiesta. Ovviamente poi tutto il lavoro si accumula e devi fare le cose di corsa, mentre continui ad essere sommerso di richieste da parte di medici, telefonate, pazienti e parenti.

Lavorare in queste condizioni significa un elevatissimo rischio di commettere errori, ma lamentarsi con la coordinatrice (sempre piegata a 90º nei confronti dei medici, ricordiamocelo) non serve perché ti sentirai rispondere che devi impegnarti di più, che non hai voglia di lavorare, che sei un professionista e che alla nostra età non siamo più ragazzini. Quante volte vorrei vedere queste caposala mentre cercano di fare quello che facciamo noi, chissà con quali risultati.

Normalmente quando si somministra la terapia bisognerebbe farlo in tranquillità e con la massima concentrazione, ma questo non è possibile dato che come inizi la somministrazione vieni chiamato perché tizio o caio devono andare in bagno, perché allo specializzando serve un elettrocardiogramma con urgenza o perché arriva la parente ansiosa di qualche ricoverato a chiamarti per qualche inevitabile fesseria.

Spesso ti manca l’OSS in turno, per cui sei obbligato anche a distribuire il vitto ai pazienti ricoverati, i quali mentre ti vedono dare da mangiare ti chiamavo perché hanno evacuato o devono andare in bagno. Questo ovviamente accade in presenza dei parenti, ai quali devi spiegare senza farti sopraffare da istinti omicidi che per questioni di igiene e di prevenzione delle infezioni ospedaliere non puoi mischiare la distribuzione del cibo col cambio del pannolone, lo svuotamento del catetere o il posizionamento della padella, stesso discorso per quando sei impegnato a distribuire la terapia, tra calcoli di quanta insulina fare o quanti CC di potassio da diluire in flebo senza mandare all’altro mondo il paziente.

Se ti lamenti con la coordinatrice di queste condizioni lavorative è come rimbalzare contro un muro di gomma, sempre che questa non ti mostri i denti sentendosi accusata per il tuo malessere (purtroppo anche i coordinatori navigano in cattive acque come noi e non possiamo di certo incolparli se manca il personale, tuttavia un po’ di solidarietà da parte loro sarebbe sicuramente rinfrancante).

E consideriamo poi gli OSS con la sindrome dell’infermiere mancato, sempre pronti a guardarti di traverso se non vai a fare il giro letti o se non rispondi ai campanelli.

Chiedere aiuto ai sindacati poi è la più grossa perdita di tempo di sempre; parole parole e parole, i sindacalisti li vedi solo quando ci sono le elezioni per le RSU e nel frattempo si godono i loro bei posti da coordinatori o da perfetti imboscati, ottenuti chissà in quale modo tra un’assenza per permesso sindacale e l’altra.

In definitiva sembra quasi che qualcuno voglia farci morire prima del tempo, ritmi simili non sono più sostenibili ma purtroppo il lamentarsi non serve a niente; dobbiamo impegnarci di più ed avere voglia di lavorare, altrimenti resteremo pessimi infermieri.

E quando si va a casa dopo il servizio ci si ritrova a non riuscire a dormire a causa dell’adrenalina che hai in circolo e del nervosismo accumulato.

Altre figure professionali come i Vigii del Fuoco o gli operatori delle Forze dell’Ordine possono contare su un supporto psicologico che in un certo senso gli viene imposto, mentre noi dobbiamo soltanto aver voglia di lavorare, perché altrimenti non basta.

Cambierà tutto questo? Io temo proprio di no.

Cordiali saluti.

F.R., Infermiere

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