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giovedì, Marzo 28, 2024
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Infermieri in Irlanda: tra confusione, finta educazione e lavoro da OSS.

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Infermieri in Irlanda: tra confusione, finta educazione e lavoro da OSS.

Carissimo Direttore di AssoCareNews.it,

eccomi qui, finalmente, a dire esplicitamente cosa significa e cosa implichi essere un Infermiere in Irlanda. In primis salta all’occhio il fatto che vi sia una cronica carenza di personale. Essere short staff è la norma, il tanto sbandierato “supporto” per i nuovi venuti è una balla colossale; sin da subito si viene sottoposti a una pressione assurda. Il primo giorno in reparto non avevano la minima idea di cosa dovessero fare di me. Per due settimane fui senza tutor venendo impiegato come Oss più che Infermiere.

Umanamente ebbi la fortuna di avere una splendida CNM2 che si mostrò comprensiva e disponibile. Ebbi infine la mia tutor che più che altro spariva per un tempo indefinito, la trovai due volte nascosta, una in magazzino e una nella farmacia, a guardare video su YouTube. La terza volta che rimasi solo mi vidi costretto, dato il peggioramento di un paziente a chiamare il medico, infuriata mi chiese perchè non l’avessi allertata, davanti a tutti le risposi “perchè non sapevo dove fossi” da quel giorno nemmeno ci salutammo più.

L’indomani lavorai con la CNM3, giovane, decisa ed onesta. Mi diede la prima soddisfazione, a fine turno mi disse “sei un buon infermiere, non ho scelto io il tuo tutor, mi dispiace non tutti sono bravi insegnanti”.

Cambiai ancora e andò un tantino meglio, ragazza giovane, capace, esperta e leale. In tre occasioni ammise che lei aveva torto e io ragione. Piccole gioie perchè spuntarla con loro è una guerra.

La contenzione in Irlanda è una illustre sconosciuta; paziente con demenza, solo dopo una decina di Cvp strappati via e una Peg tirata per l’aria qualche genio si decise a mettergli almeno qualcosa per tenergli le mani ferme. Il Medico di reparto non esiste; ogni Paziente è affidato a un team, se qualcosa non va o, semplicemente, ti serve una prescrizione devi attaccarti al telefono e aspettare che richiamino. Una quantità smodata di tempo perso ogni volta.

L’idea di collaborare non li sfiora nemmeno, ognuno ha la sua room e se la sbriga da solo. Anche questa volta mi scontrai con loro. Avevamo un solo device per rilevare i parametri quel giorno, il mio collega nella stanza precedente la mia era oberato di lavoro, non aveva ancora finito di dare la terapia e non aveva rilevato i parametri.

Sostanzialmente finchè non avesse terminato non avrei potuto ne rilevare gli Obs (Observation), come li chiamano loro, e dare le medication. Igienizzati i pazienti e rifatti i letti, perché gli Oss se la prendono non comoda, ma comodissima, ed avendo pazienti independenti andai nella room del collega iniziando al posto suo a prendere i parametri. Apriti cielo. La tutor mi rimproverò facendomi tornare nella mia CNM; il collega, spagnolo, scosse la testa sconsolato e mi ritrovai nella mia room con le mani in mano. Una vera genialata.

Quando non ero impegnato a fare l’Oss/Infermiere parlavo coi pazienti per conoscerli, capirli, migliorare l’inglese e più di uno mi fece notare che ero uno dei pochi a farlo finchè non mi venne detto che passavo troppo tempo nella stanza con gli assistiti. Olismo come se piovesse insomma.

Un collega spagnolo, strepitoso, mi disse “mi sono preso 7 mesi per farmi fare autonomo, prenditela comoda dopo sarà peggio”; una collega mi disse ancora di meglio: “non lo sai che qui è una merda? Non ti aiuta nessuno sto aspettando che sblocchino i concorsi in Italia”.

Alla fine mi licenziai, mi ero stancato e me ne andai in una Nursing Home (casa di riposo). CNM fantastiche, Oss come se piovessero e lavoratori; le notes scritte al computer invece che a mano. In ospedale perdevo dai 45 ai 50 minuti oltre la fine del turno solo per compilare scartoffie.

La soddisfazione fu quando una collega irlandese mi scrisse su Facebook per chiedermi scusa per il comportamento del team, erano troppo busy e a stretto di personale per darmi il supporto adeguato ed il reparto, una chirurgia in teoria, fungeva da pigliattuto.

Un giorno su cinque pazienti nella room ebbi: 2 ortopedici con fratture alle costole e demenza senile, una che aveva cercato di suicidarsi coi farmaci ed anoressica, 2 oncologici terminali, il caos allo stato puro.

Onestamente fu una belle palestra, le esperienze sono soggettive e in altri reparti del medesimo nosocomio qualcuno si trovò meglio, qualcuno peggio riferendomi anche di qualche episodio di razzismo nei suoi confronti, nel mio era un bel casino e le richieste di trasferimento fioccavano. Come dicevo me ne andai in una Nursing Home, oss in abbondanza, anche quattordici, e tre infermieri più la CNM.

Quando me ne andai mi dissero: “se mai deciderai di tornare sai dove trovarci”. Sento ancora i colleghi della Nursing Home dopo mesi che me ne sono andato e sento ancora i colleghi italiani dell’ospedale. Alcuni sono felici, altri odiano quel posto, alcuni sono semplicemente stanchi e vorrebbero tornare.

Se credete che all’estero sia tutto rose e fiori toglietevelo dalla testa e se pensate che abbiano qualcosa da insegnarvi idem, ai locals va poco di faticare sono gli italiani e gli altri a prendere tutte le certificazioni possibili: prelievi, cannule e chi più ne ha più ne metta e tenete bene a mente che, almeno dove i locals sono la maggioranza, tra loro si coprono ma se non sei local a te fanno reprimende e lezioncine per qualunque cosa. Meglio situazioni dove ci siano meno locals e maggiore multietnicità.

Ho lavorato meglio con team composti da polacchi, brasiliani, bulgari, romeni e indiani che con gli irlandesi. Personalmente se dovessi continuare a fare l’infermiere punterei all’Italia altrimenti se dovessi emigrare ancora farei altro ma non quello. E non li, ci sono realtà aziendali molto dinamiche dove puoi lavorare senza gli assilli della professione infermieristica e non serve una laurea specifica.

Se dovete andare in Irlanda fatelo per lavorare in qualche multinazionale, anche del settore sanitario, dove l’ambiente è più aperto, internazionale e meno legato agli aspetti locali.

Altro problema la “diplomazia” o meglio quella che loro chiamano “educazione“. Qui il problema è antropologico, gli irish si sforzano fino a farsi esplodere le carotidi ad essere gentili ed educati, quindi evitano come la peste di essere chiari, diretti ed espliciti.

Noi, da bravi italiani, siamo assai più espressivi e sovente la nostra espressività li disturba facendoci risultati aggressivi. In sintesi mentre noi siamo diretti loro sono tutti “please“, “can you“, ma alla fine sono tutte maschere e posa.

L’Irlanda va bene per chi è senza esperienza, fresco di laurea, molto giovane. O è disperato.

Roberto Staiano, Infermiere OPI Roma

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