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Coronavirus. Carmela, Infermiera Pediatrica: “in questa quarantena mi sento sola e lontana, mi manca la mia famiglia”.

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Emergenza Coronavirus. Carmela Telese è una Infermiera Pediatrica di 30 anni. E’ triste, vive lontano, le manca la sua famiglia: “in questa quarantena mi sento sola, mi mancano gli affetti di sempre”.

Carissimo Direttore di AssoCareNews.it,

sono un infermiera pediatrica di 30 anni, sono originaria di Acerno, un paesino in provincia di Salerno. Lavoro in neonatologia di Pescara. Per motivi di lavoro vivo da sola lontana dalla mia famiglia e dai miei cari. In questo periodo molti mi chiedono come sto e com’è la situazione nel mio ospedale; molto spesso rispondo con un semplice “bene”.

Un “bene” ironico, proprio per non far preoccupare nessuno, ma dentro di me vive l’ansia, l’angoscia, la paura, la preoccupazione. Sensazioni che viviamo e tormentano tutti noi. Un “terremoto” che ha scosso tutti. A queste sensazioni si aggiunge un modo di vivere che sembra quasi surreale, tipico di un film di fantascienza, ma che invece adesso è diventato una vera e propria realtà. Strade deserte, negozi chiusi, gente chiusa in casa. Parchi vuoti senza quell’allegria dei bambini.

Carmela Telese, Infermiera Pediatrica: "mi manca tremendamente la mia famiglia al Sud".
Carmela Telese, Infermiera Pediatrica: “mi manca tremendamente la mia famiglia al Sud”.

Avremmo dovuto goderci la primavera con il sole e il suo calore, fiori fioriti a ciel sereno. Invece il buio totale, l’uggiosità della pioggia, il freddo, il gelo, identico a quello che c’è nei nostri cuori.

Sembra che il tempo si sia fermato. Le giornate non passano mai, vedo solo persone con occhi tristi, falsi sorrisi nascosti da una mascherina che non permette di respirare. Sembra mancare l’aria, quell’aria pulita, fresca e serena che c’era prima di tutto questo, un dispositivo con cui Medici e Infermieri convivono tutti i giorni.

Da due mesi a questa parte ci definiscono come eroi, a farlo sono proprio quelle persone che prima del Covid-19 ci minacciavano verbalmente e fisicamente. Non ci consideriamo eroi, ma facciamo solo il nostro lavoro, un lavoro che solo chi lo ama lo può fare. Non esistono gli eroi in questo periodo, esistono gli esseri umani, deboli e inermi, che cercano di combattere un nemico invisibile, contro il quale non servono armi, ma giuste protezioni!

Non è facile sconfiggere un nemico invisibile come il Coronavirus senza armi. Non esistono cure, non c’è un vaccino. L’unico scudo a disposizione è il “distanziamento sociale” imposto a chi sta combattendo questa battaglia fuori dagli ospedali. Sono un’infermiera, mi occupo della salute dei più piccoli e fragili, e non me ne pento…

Ogni giorno sono consapevole dei rischi che corro andando a lavoro, ma il mio lavoro è proprio aiutare gli altri anche rischiando la mia stessa salute. Adesso possiamo solo che sperare, sperare significa imparare a vivere nell’attesa. Ogni giorno, nel reparto dove lavoro, vedo mamme partorire. Quando una donna si accorge di essere incinta, impara a vivere nell’attesa di vedere quel bambino che verrà, così anche noi adesso in questo periodo dobbiamo imparare a convivere con l’attesa con la speranza che andrà tutto bene e che ritorneremo più forti di prima e come dice il detto: “dopo la tempesta ci sarà sempre arcobaleno”.

Voglio concludere con un pensiero di Papa Francesco che mi ha colpito molto: “Ci siamo trovati impauriti e smarriti, siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa, ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca tutti fragili e disorientati ma allo stesso tempo importanti e necessari. Tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti, tutti. Non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo… ma solo insieme”.

Vi chiedo un ultima cosa se ci volete aiutare, restate a casa e insieme riusciremo a sconfiggere questo male invisibile e torneremo a riempire le nostre giornate fatte di risate, sorrisi, amore e tanti abbracci, più veri.

Carmela Telese, Infermiera Pediatrica

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