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Chiara, Infermiera Reparto Covid: “mio padre è morto di Coronavirus tra tanta disumanità; non me lo perdono”.

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Chiara Cesario, Infermiera Reparto Covid: “hanno fatto morire mio padre senza il conforto umano, non me lo perdono e non perdonerò mai quei colleghi Medici e Infermieri inesperti che non l’hanno saputo gestire; chiediamo inchiesta”.

Buongiorno Direttore,

vorrei sottoporvi questa lettera poiché da infermiera e da figlia non riesco a darmi pace e vorrei che le autorità competenti capissero quanto sia grave la situazione in cui versa la Campania in questo momento.​

A casa eravamo tutti positivi al Covid e ancor prima di conoscere l’esito del referto del tampone di mio padre, poiché aveva sintomatologia ed essendo un soggetto a rischio per cardiopatia dilatativa, diabete mellito, Bpco, inizio di demenza senile, cominciammo la terapia con antibiotico e cortisone.

Ho posizionato un catetere vescicale per monitorare la diuresi, solo che in 5 giorni progressivamente mio padre è peggiorato fino ad arrivare ad avere una saturazione del 76%.

Nessuna farmacia poteva fornirci ossigeno sotto qualsiasi forma e soprattutto senza alcuna prescrizione, così domenica 25 ottobre ho allertato il Servizio 118 che è arrivato dopo 1 ora e mezza. Da lì mio padre viene ricoverato in un noto ospedale napoletano, dove è stato fino al lunedì in Obi; al martedì, invece, è giunto in uno dei reparti di Medicina Covid; da questo momento è iniziato il suo e il nostro calvario.

Non riuscivamo a parlare con i Medici. Quando rispondevano ci rassicuravano con la solita frase: “è Stazionario”.

Nei giorni successivi ho chiesto l’andamento dei Parametri Vitali: ho chiesto se stavano monitorando la diuresi, dal momento che mio padre a casa aveva rimosso il catetere vescicale; il Medico al telefono mi ha detto di si… “dal pannolone, controlliamo se si bagna”. Sono rimasta basita.

Ho chiesto poi dell’emogasanalisi, della percentuale di Fio2 erogata; il Medico mi ha risposto che non lo sapeva poiché non riusciva ad entrare nel portale aziendale.

Tra l’altro fino al martedì 27 ottobre eravamo riusciti a parlare con mio padre, da allora e sino al venerdì 30 ottobre il cellulare ci risultava spento. Quando chiedevamo di rivedere il suo telefono il personale sanitario ci diceva che non c’era linea in reparto.

A quel punto mio fratello ha deciso di recarsi direttamente in ospedale presso il reparto di Medicina Covid e subito dopo di chiamare i carabinieri, i quali venuti sul posto ci hanno consigliato di sporgere una formale denuncia.

E’ in quel momento che abbiamo avuto la percezione che vi è in questo ospedale un’assistenza troppo approssimativa; Infermieri e Medici sono inesperti, buttati in reparti dove occorrerebbe rinforzare personale sanitario già formato.

Il sabato 31 ottobre era tutto pronto per trasferirlo in un altro ospedale, però ci hanno chiamato all’improvviso dicendoci che avevano portato mio padre in rianimazione per un arresto respiratorio. Mi hanno riferito sempre al telefono che probabilmente veniva intubato, “ma di non preoccuparmi perché non era ancora morto”. Mi si è gelato il sangue.

Ho contattato immediatamente la rianimazione e li ho trovato degli angeli che hanno fatto il possibile per mio padre: ci aggiornavano sui parametri, sulla terapia e sulle condizioni cliniche generali.

Nonostante ciò mio padre non ce l’ha fatta, domenica 1 novembre è finito.

Aveva 71 anni. A casa siamo scioccati, abbiamo il rimorso di non aver fatto in tempo a portarlo fuori di lì, non sappiamo se gli abbiano conferito dignità, quali siano state le sue ultime parole dal momento che ci hanno negato pure di sentirlo.

Anche per recuperare i suoi oggetti personali abbiamo dovuto richiamare i carabinieri, poiché non sapevano dove fossero finiti.

Non riusciamo a realizzare che sia andato via così e mai ce ne faremo una ragione.

Da domani tornerò anche io a lavorare nel reparto COVID, ma tenendo sempre presente che dall’altra parte ci sono persone e non pazienti e che a casa c’è comunque un parente che soffre e non va sottovalutato!​

Grazie di cuore per aver letto il mio sfogo.

Chiara Cesario​, Infermiera

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