“Con 1500 non riesco nemmeno più a sfamare mia figlia, torno a fare la cameriera e a percepire fino a 3000 euro al mese”. Si sfoga così Angela, Infermiera di 39 anni e ragazza madre.
Carissimo Direttore di AssoCareNews.it,
mi chiamo Angela e sono una Infermiera di 39 anni. Da circa 4 anni lavoro come precaria in una nota Azienda sanitaria pubblica dell’Emilia Romagna e da circa un anno sono combattuta se cambiare lavoro o meno. Ora guadagno 1500 euro al mese compresi gli assegni familiari, prima arrivavo fino a 3000 euro. Non riesco a sfamare mia figlia.
Sono una ragazza madre e non mi è mai dispiaciuto lavorare. Ho fatto di tutto, anche l’Operatrice Socio Sanitaria. Sette anni fa mi sono iscritta al Corso di Laurea in Infermieristica e nei tre anni, tra alti e bassi, sono riuscita a studiare e a lavorare e ad accudire la mia pargoletta.
Ero felicissima quando mi sono laureata. Io Dottoressa in Infermieristica, finalmente la gente mi doveva rispettare e apprezzare per quello che facevo e che faccio. Ero orgogliosa di appartenere al mondo degli Infermieri, mi sentivo in una grande famiglia.
Poi la doccia fredda, già dopo i primi mesi di lavoro ho capito che quello che ci raccontavano all’Università sulla professione non corrispondeva alla realtà. Gli Infermieri in Italia non sono trattati come dovuto e non sono considerati dei professionisti, ancor meno se precari.
In questi ultimi mesi ho lavorato in un reparto Covid, chiamata in fretta e furia da una graduatoria pubblica (sono vincitrice di Concorso, ma ancora precaria). In quella unità operativa ho capito che non ci considerano, che siamo solo dei numeri, esseri senza anima da mandare al macero.
Agli inizi di marco ci mandavano sui pazienti con sospetto Covid o con Covid conclamato costringendoci a non indossare le maschere, a non proteggerci con gli opportuni Dispositivi di Protezione Individuale. Carne da macello nel vero senso della parole, pedine alla mercede di Caposala con Master conseguiti on line e da Dirigenti Infermieri diventati tali solo per i loro percorsi politici e sindacali, ma senza preparazione di alcun tipo.
E forse giunto il momento di gettare la spugna, sono stanca, avvilita, vilipesa sa stipendi da fame e da mancanza assoluta di rispetto.
Lascio, abbandono la professione e torno a lavorare nei ristoranti. Almeno là il rispetto lo avevo, mi chiamavano “cameriera”, ma mi davano del lei.
Grazie Direttore e buon lavoro. Continui ad informaci così proficuamente come fa sempre.
Angela, Infermiera e futura cameriera
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