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Silvia Scelsi (ANIARTI): Infermieri dell’Area Critica ormai punto di riferimento per la Sanità italiana.

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Intervista esclusiva alla neo-presidente dell’ANIARTI Silvia Scelsi: gli Infermieri dell’Area Critica ormai punto di riferimento per la Sanità italiana. Va rivista però la formazione.

Gli Infermieri dell’area critica sono sempre più un punto di riferimento per la Sanità italiana. A dirlo è Silvia Scelsi, neo-presidente della massima associazione di categoria, l’ANIARTI: le competenze ci sono, ora è il momento che tutte le professioni sanitarie si siedano ad un tavolo ed ognuna di loro riconosca le altre. Il percorso formativo nell’ambito specifico va riformato, come pure. Il professionista sanitario oggi deve saper muoversi in tutti gli ambiti: da quello geriatrico a quello pediatrico, non dimenticando gli adulti e il territorio. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Lei è la nuova presidente dell’ANIARTI, la maggiore organizzazione infermieristica italiana dedicata all’Area critica. Quali sono i suoi progetti futuri e quelli del direttivo?

Sono onorata di ricoprire un ruolo così importante e soprattutto sono consapevole della fiducia che mi è stata accordata dai colleghi Italiani in primis e dal direttivo. Credo che in questo momento storico più che mai sia necessaria una voce solida e competente per la professione che possa dialogare con le Istituzioni e con le altre componenti professionali a tutela delle persone assistite, dei professionisti. Aniarti ha sempre rappresentato un punto di vista all’avanguardia, continueremo a proporre una visione di prospettiva che possa contribuire alla costruzione di un sistema sanitario più solido equo e accessibile. L‘azione come Presidente, la progettualità e gli obiettivi saranno condivisi insieme con il direttivo che continuerà il lavoro all’insegna della continuità filosofica che da sempre contraddistingue l’associazione: rappresentare tutti gli infermieri di area critica, iscritti e non iscritti, monitorare i cambiamenti delle politiche e dei modelli organizzativi in sanità che possono avere ricadute sull’erogazione dell’assistenza in area critica, mantenere una funzione di punto di riferimento scientifico per gli infermieri e promuovere la ricerca e l’eccellenza nella pratica clinica infermieristica

Infermieri di Area Critica e competenze avanzate: crede che sia arrivato il momento per un giusto riconoscimento economico e professionale per i colleghi che operano in questo ambito?

Gli infermieri di area critica, nel corso degli ultimi 20 anni si sono formati a più livelli per occupare ruoli clinici e di gestione, sia specifici che trasversali all’interno dei setting che sottendono al concetto di area critica, che nasce proprio in ANIARTI, nel lontano 1985.

Il punto, ormai, non è più, stabilire se il momento giusto è arrivato per il riconoscimento economico e professionale, ma il vero punto ineludibile che deve essere affrontato è un assetto del sistema salute dove le professioni sanitarie “tutte” rivedano le proprie posizioni, riconoscendo l’interdipendenza nel raggiungere il risultato salute in termini di esiti. Le organizzazioni, la legislazione il sistema universitario, abbiamo bisogno di cambiare soprattutto approccio ai problemi partendo dal presupposto che vogliamo un sistema sanitario pubblico, che garantisca la salute come diritto, abbiamo bisogno di lavorare sulla certificazione dei professionisti e sulla costruzione di un sistema con regole “certe” che siano orientate al riassento del sistema professionale. Se è vero che viviamo in una società liquida (Bauman Z.), anche i sistemi organizzativi e professionali sono sicuramente cambiati. Di fatto i colleghi vivono già una realtà diversa da quella proposta nei sistemi contrattuali e legislativi, dobbiamo uscire dagli interessi dei singoli lavorare per attuare un sistema che veda la leadership del team sulla base del bisogno della persona, integrando il percorso clinico assistenziale con gli obiettivi in termini di esiti. Bisogna davvero iniziare a ragionare in termini di persona assistita al centro, e non di interessi di lobby, dalle parole ai fatti.

Perché finchè non emergeranno i bisogni all’interno delle organizzazioni, il rischio sarà che le diversificazioni dei ruoli infermieristici alla base di formazione specialistica ed esperta, rimangano semplicemente dei titoli, dei contenitori vuoti, quando invece molto potrebbe essere realizzato in termini di esiti per i pazienti critici se l’impiego delle competenze acquisite fosse messo al servizio delle equipes multidisciplinari in ottica di integrazione e in molti casi, in termini di espressione di leadership nei percorsi clinici.

La formazione in area critica, a Suo avviso, è fatta bene nel nostro Paese o c’è bisogno di una
parziale/radicale rivisitazione del tutto partendo dalla laurea triennale e finendo all’alta formazione post-base?

Rispetto alla formazione dell’infermiere, attualmente, benchè il sistema sia normato adeguatamente, se si vuole avere una maggiore integrazione con le altre professioni e con l’organizzazione nel rispondere alle necessità di salute, il sistema della formazione di base e specialistica dovrà essere adeguato ai percorsi, e si dovrà decidere, per alcune parti, in quali e per quale misura renderlo flessibile e adattabile alle competenze innovative che si sviluppano più velocemente di quanto non cambi l’assetto legislativo.

Quindi mentre ora le differenze dipendono strettamente dalla qualità dell’offerta erogata dai singoli atenei, e questo vale per i corsi di Laurea Triennali, come per i Master e le lauree Magistrali, incluso i dottorati di ricerca, sarebbe auspicabile andare verso un certo grado di omogeneizzazione qualitativa e concordare le aree di differenziazione legate alle reali esigenze dell’operatività.

Certamente ANIARTI può offrire un supporto in termini di individuazione delle core competence per gli infermieri di area critica stratificandole da quelle di base, a quelle di livello superiore, anche se, per quanto riguarda le definizioni su “avanzato”, “esperto”, o “specialistico”, ancora oggi non è semplice riuscire ad essere netti nelle demarcazioni dei confini. L’approccio “top-down” della formazione, in termini di conferire titoli ma senza reale applicazione di ruoli nella pratica clinica, rischia di essere un fallimento nei nostri sistemi, che hanno, oggi più che mai, bisogno di concretezza. Questo dovrebbe costituire la base per costruire una formazione che sia realmente rispondente ai bisogni di assistenza e cura del cittadino in condizioni di criticità vitale, inoltre questo tipo di strategia rafforzerebbe una motivazione ed un attaccamento alla professione, che, come descritto anche in letteratura da diverse ricerche (RN4CAST) inizia a vacillare.

Lei si occupa di bambini. Crede che l’area critica in questo ambito sia organizzata bene nel nostro Paese?

Come per molte realtà del nostro meraviglioso Paese, non c’è una visione unica ed univoca della realtà pediatrica, molto dipende dalle scelte effettuate localmente dalle politiche regionali, che considerando la denatalità sempre più marcata, e gli altri fattori demografico-epidemiologiche, tendono ad investire su altri settori.

Nonostante ciò nel nostro Paese c’è un livello medio in area critica che eroga un ottima qualità dell’assistenza e ci sono molte realtà di livello internazionale che si distinguono non solo nell’assistenza ma anche nell’area della ricerca.

Quello che leggo dal contesto è la necessità, rispetto all’assistenza pediatrica, di comprendere quale futuro di sviluppo ha la professione rispetto alla rispondenza ai bisogni e alle prospettive anche in questo percorso.

Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
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