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giovedì, Marzo 28, 2024
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Sepsi: una emergenza che va affrontata a livello multidisciplinare.

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Parla Giorgio Tulli, membro del gruppo toscano di Lotta alla patologia. La Sepsi va affrontata in maniera multidisciplinare.

La Sepsi rappresenta una vera e propria emergenza a cui è necessario dare risposta. Per questo il Gruppo regionale Toscano del Progetto Triennale di Lotta alla Sepsi (2017-2020) ha realizzato il documento “Lotta alla Sepsi > Call to action” con l’obbiettivo di dare un riferimento organico ai progetti di miglioramento di qualità e sicurezza delle cure nel sistema sanitario. Vista l’importanza e l’approccio multidisciplinare al tema, l’Ordine delle professioni infermieristiche interprovinciale Firenze-Pistoia ha voluto approfondire l’argomento attraverso l’intervista al dottor Giorgio Tulli (Agenzia regionale di Sanità della Toscana) membro del Gruppo tecnico del programma regionale di lotta alla sepsi.

Dottor Tulli, partiamo dalle basi. Che cosa è la sepsi e quali sono le difficoltà nel trattamento?

«La sepsi è una grave complicazione dell’infezione sistemica che porta a gravi insufficienze; è un’emergenza al pari dell’infarto, dell’ictus o del trauma maggiore, tutte patologie tempo-dipendenti. A differenza delle altre però la sepsi non è manifesta e non va a colpire un organo specifico, quindi è difficile sia da diagnosticare che da trattare. Ad esempio, mentre l’infarto afferisce a una sola disciplina e ha sintomi riconoscibili, la sepsi è materia più complessa: potrebbe rappresentare la complicazione di infezioni a differenti organi (polmone, addome, rene, cute, apparato urinario). In più è un evento che può accadere a casa e quindi succede che sia affrontata dal medico di famiglia o in situazioni di emergenza-urgenza o in un qualsiasi reparto di medicina: è necessario dunque formare ogni operatore sanitario. Si tratta di un’emergenza sanitaria trasversale per la quale non esiste una disciplina, un percorso, uno specialista, un reparto o un ospedale più capace o più esposto di altri».

Come è nato il documento per la lotta alla sepsi?

«Tutto nasce dalla delibera regionale che istituisce il Piano triennale di lotta alla Sepsi 2017-2020 che prevede un’azione in tutte le aree vaste della regione per formare gli operari sanitari sulla sepsi e sulle infezioni gravi. È stato concepito come piano integrato: proprio perché la sepsi può accadere dovunque ed essere presa in carico a più livelli, per un anno intero (2018) abbiamo fatto riunioni multidisciplinari e multiprofessionali che sono servite a costruire questa Call to action. Il documento presenta una visione trasversale che possa dare a ogni settore gli specifici elementi per affrontare la sepsi secondo evidenze scientifiche, linee guida e best practice presenti a livello internazionale».

Perché della sepsi si parla poco?

«Fondamentalmente perché si pensa che sia un’infezione come le altre e che per le infezioni ci sia già la cura, ovvero i farmaci antibiotici. Tuttavia nel corso degli anni i batteri si sono “evoluti”: a 70 anni dalla scoperta della penicillina abbiamo batteri che hanno sviluppato meccanismi di resistenza agli antibiotici e quindi non hanno terapia. Molte infezioni sono contratte proprio in ospedale: la dicitura esatta è “infezioni correlate all’assistenza”, per le quali la Regione ha stilato un apposito piano. In Italia si registrano circa 35.000 morti all’anno per infezioni correlate all’assistenza: il punto di partenza è proprio la consapevolezza della sindrome, della sua gravità e della sua imprevedibilità. Come operatori sanitari dobbiamo lavorare in modo integrato e comunicare».

Quali sono gli obbiettivi del documento?

«Lo abbiamo chiamato “Call to action” perché fornisce la base per azioni da sviluppare nei prossimi anni come modelli esportabili ovunque nel territorio nazionale. Il documento stila cinque modelli dedicati a come affrontare la sepsi in ospedale, tra i medici di famiglia, in area d’emergenza. Contiene anche un focus su come sviluppare la microbiologia clinica che è l’elemento centrale per la lotta all’antibiotico-resistenza. In Toscana dobbiamo riorganizzare la microbiologia clinica nel programma di Stewardship diagnostica rendendola il perno centrale della Stewardship antibiotica. Esiste un piano nazionale di lotta all’antibiotico-resistenza che va riempito di azione. Infine abbiamo stilato un modello per il controllo e la gestione chirurgica della fonte infettiva. L’obbiettivo per il 2019 è dare applicazione alle indicazioni contenute nella Call to action; nel 2020 sarà la volta della misurazione dei risultati».

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