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Il ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente oncologico.

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Ancora troppo marginale. Necessario introdurre figure specialistiche. Parla Daniele Ciofi (Opi Firenze-Pistoia).

Nei percorsi di diagnosi, terapia e assistenza ai pazienti oncologici, quello dell’infermiere è un ruolo ancora troppo marginale. Una risposta? La formazione e l’introduzione di figure specialistiche come l’infermiere di pratica avanzata. È questo il tema affrontato da Daniele Ciofi, coordinatore per l’alta formazione Infermieristica all’AOU Meyer e consigliere dell’Ordine delle Professioni infermieristiche interprovinciale Firenze Pistoia per la Formazione e la ricerca, nell’ambito del Cracking Cancer Forum, che si è tenuto nei giorni scorsi a Firenze. Una due giorni per avviare un confronto nazionale sulle prospettive della lotta al cancro in Italia.

«L’infermiere e l’infermiere pediatrico oggi più che mai stanno assistendo ad una esacerbazione delle patologie croniche sia in età adulta che in età pediatrica – ha detto Daniele Ciofi -. Secondo una ricerca Istat condotta nel 2017 il 39% degli italiani adulti è affetto da una patologia cronica, mentre per la Società italiana di pediatria, nel 68° Congresso Nazionale Sip, ha confermato che nella popolazione pediatrica da 0 a 16 anni un bambino su 200 è affetto da una patologia complessa».

Ogni giorno, in Italia, vengono diagnosticati più di 1.000 nuovi casi di tumore, con una stima 373.300 nuove diagnosi l’anno. I tumori in età pediatrica rappresentano l’1% dell’insieme delle neoplasie con un’incidenza complessiva che varia da 80 a 220 nuovi casi l’anno per milione di bambini di età sotto i 15 anni. Rappresenta comunque la seconda causa di morte dopo gli incidenti domestici. Dati che rendono evidente quanto la figura dell’infermiere sia sottoposta a profonde spinte al cambiamento, a causa dei nuovi bisogni di salute generate dallo sviluppo di una nuova tipologia di pazienti, cioè quelli ad alta complessità di cure, presenti sia in età adulta che in età pediatrica.

«Questa tipologia di bisogni assistenziali e il suo aumento esponenziale richiede un adeguamento dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) come strumento di gestione sanitaria per garantire efficienza e appropriatezza delle cure – ha detto Ciofi -. In Italia, purtroppo, l’infermiere è tenuto ancora in posizione marginale in questi percorsi, quando invece è colui che garantisce fruibilità e aderenza alle cure».

A livello mondiale qualcosa si sta muovendo, con la nascita di nuove figure capaci di rispondere in maniera più appropriata i bisogni del paziente e della società. Un esempio è rappresentato dagli “Advanced Pratictioners Nurses”, ovvero infermieri di pratica avanzata; professionisti dell’infermieristica che hanno sviluppato le proprie competenze professionali in un determinato contesto clinico o organizzativo, attraverso un percorso formativo universitario o di rilievo professionale tale da consentire un più approfondito approccio metodologico ai problemi della persona o della comunità assistita.

«Da tutto ciò scaturisce la necessità di elaborare un modello che metta l’infermiere in una posizione centrale nei PDTA –  ha aggiunto Daniele Ciofi -, per fare da volano tra i bisogni di salute e le possibilità di risposta date dal servizio sanitario, acquisendo conoscenze e competenze adatte alle dinamiche di cambiamento a cui siamo soggetti. Questo, a livello italiano, necessiterebbe oltre che di un cambiamento politico ed organizzativo, che permetta all’infermiere di esplicitare il suo ruolo, di un ammodernamento del sistema formativo, per introdurre figure specialistiche, già previste dalla legge, che possano apprendere e sviluppare nuove competenze per garantire la risposta ai nuovi bisogni di salute».

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