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Il Pronto Soccorso ai tempi della Camorra: infermiere racconta in esclusiva la vita tra corsia e malaffare.

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Il Pronto Soccorso ai tempi della Camorra: infermiere dell’emergenza racconta in esclusiva come il malaffare si insinui negli ambienti sanitari.

Un racconto in esclusiva: il Pronto Soccorso ai tempi della Camorra. Una testimonianza diretta da parte di un infermiere che lavora in una nota realtà sanitaria napoletana svela retroscena di chi subisce la malavita sul luogo di lavoro.

Il collega ha chiesto l’anonimato assoluto.

“Fin dal secondo anno di studio ho sempre voluto lavorare in Pronto Soccorso. E’ una passione la mia che mi porto dietro da sempre. Dopo qualche anno al nord sono tornato a Napoli e sono riuscito ad arrivare al Pronto Soccorso. Era un’esperienza che avevo fatto anche su, solo che su non succedevano mai cose “indiscutibili”.

Normalmente si lavora bene, poi succedono cose che appunto non si possono discutere. Tipo qualcuno che non entra dall’entrata principale ma che viene a ritirare qualcosa. O qualcuno che deve essere visto subito, magari anche ricevere qualche esame.

Tutti sappiano ovviamente che sono situazioni a cui dire sì senza discutere. Ci sono “pazienti ignoti” che godono di tempi brevissimi. Ma se lavori qua te ne fai una ragione, anche perchè ci sono pochi che come me hanno acquisito un’idea di lavoro diversa da questa. Va a tutti bene e alla fine ti ci abitui.

Tanto se la vecchina aspetta 6 ore per un rx che ci possiamo fare? O se stiamo usando risorse dello stato per aiutare i nemici dello stato?

La cosa che vorrei farvi vedere è come anche ai pazienti stessi vada bene questa preferenza. A volte qualcuno dice qualcosa ma appena capisce la situazione si rimette in attesa.

Io sto sempre zitto anche perchè ho percepito che anche ai miei colleghi sta bene questo gioco. Ne parlai con un mio vecchio compagno di corso, che ora fa il sindacalista e non lavora con me. Mi disse che non era il caso di lamentarmi perchè “dovessi vedere cosa succede in chirurgia”. Io sono napoletano 100% e so come vanno le cose. Ma come infermiere forse sono stato troppo via per farmele tornare normali. La rabbia c’è solo quando poi sfasciano tutto, come successo a villa betania.

Per il resto voglio solo poter tornare a casa tutte le sere senza pensieri”.

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