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Coronavirus: parla l’infermiera Cinzia Beligni, ecco come prevenire l’infezione nelle persone fragili.

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Emergenza Coronavirus. Parla l’infermiera Cinzia Beligni dell’OPI di Firenze-Pistoia, ecco come prevenire l’infezione. Anziani più fragili e più esposti.

Alla luce della grande attenzione sul tema nuovo Coronavirus, l’Ordine delle Professioni infermieristiche interprovinciale di Firenze Pistoia ha voluto lanciare una serie di approfondimenti, chiedendo a infermieri che lavorano in diversi settori di dare il proprio contributo sul tema. Ecco l’intervista a Cinzia Beligni, segretaria di OPI Firenze Pistoia che lavora quotidianamente a contatto con persone fragili.

Chi sono le persone fragili?

«È difficile dare una definizione di fragilità in quanto questa è una condizione dinamica, cioè variabile, di ordine non solo fisico, ovvero legato alle condizioni di salute e malattia. A determinare la fragilità può essere anche una condizione psichica (come un livello di stress elevato provocato da uno stato emotivo legato a una situazione specifica tipo un lutto o uno stato depressivo). Oppure, altro elemento che si sta sviluppando sempre più nel nostro Paese, una precisa condizione sociale (persone con livelli economici bassi o persone sole). Spesso queste condizioni coesistono: ad esempio una persona anziana con più patologie croniche (diabete, ipertensione) che vive sola, con una pensione che non gli permette di provvedere al meglio alla cura di sé».

Di solito si associa la fragilità alle persone anziane. Quali possono essere i rischi legati al nuovo Coronavirus?

«La fragilità può colpire chiunque, ma si concentra nella fascia di persone anziane. Da un’indagine ISTAT al 1° gennaio 2019 gli over 65enni sono il 22,8% della popolazione totale e, grazie alle cure, alla tecnologia, allo stile di vita, questi sono destinati ad aumentare. Da un’ulteriore indagine eseguita sugli over 65, il 9% ha difficoltà a vedere, il 19% a sentire, il 35% a camminare per più di 500 metri o a salire o scendere una rampa di scale. Quindi, se da una parte l’innalzamento della media dell’età della popolazione è un fatto positivo, dall’altro, soprattutto quando ci troviamo davanti a pandemie, questo rappresenta un dato da tenere sotto controllo. Ancora più a rischio sono le persone istituzionalizzate, come gli anziani nelle residenze. Se un focolaio infettivo si dovesse sviluppare in simili contesti, la situazione sarebbe veramente molto grave».

Cosa è possibile fare per proteggersi?

«La prima regola in assoluto è il lavaggio delle mani con acqua e sapone o con soluzioni a base di alcol. Non basta sciacquarsi semplicemente le mani: il lavaggio deve durare almeno 60 secondi con acqua e sapone e almeno 30 per la soluzione alcolica e deve comprendere sia il palmo che il dorso della mano e ogni singolo dito. Altri accorgimenti sono stare a distanza di almeno un metro dalle persone che presentano i sintomi di una malattia da raffreddamento (starnuti, tosse…), usare fazzoletti di carta in caso di raffreddore e stare attenti al loro smaltimento (evitando di lasciarli sui mobili). Altre accortezze sono fare attenzione alle condizioni igieniche personali in generale, alle condizioni igieniche ambientali con la pulizia della casa e l’areazione frequente degli ambienti. È importante la manutenzione continua degli impianti di riscaldamento e, soprattutto, dei condizionatori estivi dove circola (e ristagna) acqua. E poi fare attenzione all’alimentazione: prima di tutto a cosa c’è nel frigorifero e come viene mantenuto».

Quali sono i sintomi di una persona infetta da nuovo Coronavirus?

«I sintomi più comuni sono raffreddore, tosse, febbre fino a difficoltà respiratorie anche gravi come polmonite, sindrome respiratoria acuta, insufficienza renale fino al decesso della persona colpita. Tuttavia nessuno di questi sintomi è indice di infezione da nuovo Coronavirus. Per verificare che sia effettivamente così vanno effettuati specifici esami di laboratorio. Da tenere sempre presente è che la maggior parte dei Coronavirus e quindi anche il nuovo Coronavirus, si trasmettono attraverso il passaggio delle goccioline del respiro da persona malata a persona sana, con il colpo di tosse o uno starnuto. Quindi attraverso la normale respirazione ma anche con contatti più ravvicinati e diretti (esempio il bacio) e soprattutto toccando con le mani contaminate (non lavate) bocca, naso e occhi».

Chi è a rischio di contagio?

«Visto la localizzazione geografica, sono sicuramente a rischio le persone che abitano e vivono nelle zone della Cina dove il focolaio infettivo si è sviluppato, ma anche le persone che per viaggio di lavoro o di vacanza hanno soggiornato in queste zone. Il rischio può essere rappresentato anche dall’entrare in contatto con persone che possono essere state contagiate. Tuttavia, il rischio di contrarre tale infezione in Italia è, al momento, veramente molto basso. In ogni caso dobbiamo porre maggior attenzione proprio alle persone cosiddette fragili».

Qual è secondo te la situazione e il sentimento fra le persone fragili?

«I nostri anziani e comunque tutte le persone fragili, in quanto tali sono in una condizione di vita incerta e questo fa aumentare i sentimenti di ansia e paura che creano comportamenti di chiusura come difesa dal mondo esterno. Inoltre le informazioni che provengono dai media non sempre arrivano a tutte le persone in maniera chiara e comprensibile. Per questo è importante che questi sentimenti, queste situazioni e queste informazioni vengano condivise e spiegate. Questo è uno degli obiettivi principali del personale sanitario ed infermieristico in particolare. L’anziano, in particolar modo, ha bisogno del sostegno delle persone che ama e di cui ha fiducia: la solitudine è una condizione fin troppo diffusa. Promuovere la socializzazione con figli, nipoti, amici è la miglior cura per un anziano, ovunque questo soggiorni. Operatori sanitari e sociali devono impegnarsi anche su questo fronte».

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