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Come sarà il futuro di Infermieri, OSS e Professioni Sanitarie: la ricetta segreta di Nursing UP.

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Come sarà il futuro di Infermieri, OSS e Professioni Sanitarie: la ricetta di Nursing UP, secondo Antonio De Palma.

Il futuro di Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche/i, OSS e Professioni Sanitarie resta incerto e si profila tutto in salita nonostante i sacrifici, gli infetti e le vittime registratesi tra gli operatori dall’inizio della Pandemia da Coronavirus ad oggi. Ne abbiamo parlato con Antonio De Palma, Presidente del sindacato degli Infermieri e delle Professioni Sanitarie Nursing Up. Ecco cosa ha risposto alle nostre 5 domande.

In precedenza le stesse domande le avevamo posto a Maurizio Petriccioli, segretario generale della CISL FP.

Il Coronavirus ha messo in ginocchio l’intero Comparto Sanità. Da tempo il sindacato degli Infermieri Nursing UP si sta battendo per il rispetto delle regole, quelle del lavoro, a cui devono sottostare datore e lavoratore. La non programmazione da parte delle Aziende sanitarie nell’approvvigionamento di Dispositivi di Protezione Individuale idonei ad una Pandemia come quella contingente ha portato migliaia di operatori ad ammalarsi e, a volte, a morire di Covid-19. Cosa non ha funzionato finora? Come mai le vostre richieste sono state ignorate in passato?

La triste verità della piaga del Coronavirus, che ha messo un ginocchio l’intero comparto sanitario nazionale, e non solo quindi la categoria infermieristica, è una questione triste e spinosa che pesa oggi sulle nostre teste come una spada di Damocle. Perché non possiamo, come sindacato, come rappresentanti di categoria, non sentirci emotivamente coinvolti dai decessi dei colleghi e dalle difficoltà enormi, umane e lavorative, che abbiamo dovuto affrontare e ancora affrontiamo sulla nostra pelle. Lo abbiamo denunciato e continueremo a farlo: la pandemia non ha fatto che far emergere quelle carenze strutturali, quei deficit, che erano già presenti da anni, che noi come Nursing Up da tempo conosciamo e sulle quali già tanto si è discusso in passato, senza alcun risultato concreto. Quello che era nascosto e coperto dalla neve, come direbbe qualcuno, doveva solo venire fuori, e lo ha fatto non appena la neve si è sciolta.  Direi prima di tutto che la responsabilità è da attribuire allo stato di disorganizzazione di un sistema sanitario che si appoggia ai poteri troppo ampi di ogni singola regione, quando manca di fatto un coordinamento centrale che dovrebbe surrogare tutte le altre voci istituzionali, volenti e nolenti. Abbiamo assistito a gestioni delle situazioni sanitarie in modo diametralmente opposto, da territorio a territorio, e tutto questo non è giustificato dalle diversità dei casi o dal numero differente dei contagi. Tutta l’Italia ha vissuto il Covid-19, ma sembrava, a livello sanitario, di avere di fronte decine e decine di Italie diverse. Che fine ha fatto l’unità di intenti che da tempo le autorità predicano ma che in realtà non hanno mai applicato? Non è stata data affatto applicazione all’articolo 117 lettera Q della Costituzione, che di fatto rimanda la competenza in tema di profilassi internazionale, perché di questo si parla, dalle regioni al Governo: tutte le strutture sanitarie italiane avrebbero dovuto allinearsi e seguire un unico comune denominatore per quanto riguarda le regole da osservare, garantendo quindi, con le medesime azioni il medesimo livello di sicurezza in ogni territorio del Paese.  Dal Governo centrale sarebbero dovute arrivare le uniche e sole disposizioni a cui attenersi per fronteggiare nel miglior modo possibile catastrofi come quella che abbiamo vissuto. Le conseguenze sono state disastrose: come la carenza di dispositivi sanitari di protezione, senza i quali tanti medici, tanti operatori del 118, tanti nostri infermieri, si sono ammalati di Covid-19, rimettendoci anche la vita “sul campo”. Certo che siamo stati ignorati da chi doveva ascoltarci, da chi doveva proteggerci mentre noi lottavamo per salvare vite umane. Il perché sarebbe da chiedere a chi ha gestito il “potere sanitario” in modo tanto incompetente. E oggi, mentre contiamo mestamente il gran numero di colleghi deceduti, mentre ci soffermiamo sulle ns ferite, le cui cicatrici resteranno per sempre, non possiamo fare altro che chiedere che la politica tolga la maschera e garantisca la partecipazione più attiva e completa, da parte del personale infermieristico, al dialogo, alle decisioni in merito alle riforme, ai contratti, alla dinamica delle azioni da intraprendere per migliorare il sistema. Gli infermieri hanno le capacità culturali e professionali per dire la loro e vanno tenuti in considerazione e ascoltati. Questo come Presidente Nursing Up sento di volerlo ribadire oggi più che mai nella importante ricorrenza della giornata internazionale dell’Infermiere.

Il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di Infermieri, Infermieri Pediatrici e altri operatori della sanità è sempre un grosso scalino da superare e spesso mette in contrasto le organizzazioni sindacali con i Governi del momento. Il suo sindacato ha firmato a distanza di mesi l’ultimo CCNL. Crede che dopo quanto accaduto, sta accadendo e accadrà con il Covid-19 cambierà l’atteggiamento della Politica nei confronti dei professionisti sanitari e socio-sanitari?

Siamo, ahimè, d’accordissimo sul fatto che ci troviamo più che mai di fronte ad una palese carenza di attenzione e considerazione, da parte della politica italiana, nei confronti delle problematiche del personale sanitario non medico. Lo mettiamo in evidenza da lungo tempo e da lungo tempo andiamo denunciando questo deficit del sistema istituzionale.  Eppure, più che mai durante questa emergenza coronavirus, è stato evidenziato, che la “macchina sanitaria” poggia le sue basi su solidi pilastri fatti di qualità umane, di sforzi di persone, di professionalità e di volontà, oltre che di etica lavorativa. Insomma c’eravamo noi, solo noi, il personale sanitario, a reggere il peso della battaglia. Noi che eravamo al fronte, in prima linea, contro il nemico, come ogni buon soldato. Noi che abbiamo combattuto alacremente, vinto ma anche perso, le sfide di ogni giorno di questi due mesi di guerra. Perché questo nemico era forte e sconosciuto. Perché spesso le armi di cui eravamo dotati non ci hanno permesso di difenderci nel modo giusto. E molti di noi ci hanno rimesso la vita. Ma di vite di pazienti noi alla fine ne abbiamo salvate davvero tante, questo è sotto gli occhi di tutti.  Ora bisognerà battersi perché la politica tenga conto degli sforzi profusi dagli operatori sanitari e che soprattutto faccia ammenda dei propri errori. Non sappiamo se questo accadrà, ma possiamo dire, per quanto ci riguarda, che noi continueremo a lottare proprio per questo. Pronti a sostenere con coerenza, con pragmatismo, il nostro ruolo, le nostre aspettative come professionisti, a scendere in campo per la salute dei pazienti, come il nostro mandato ci chiede, ma consci , oggi più che mai,  di dover anche combattere per scalare la china di vecchi retaggi e per qualificare in maniera economicamente soddisfacente , agli occhi di certa politica incompetente ed “orba” il nostro ruolo di professionisti, la nostra situazione contrattuale. Chiediamo i giusti riconoscimenti economici, sottolinea De Palma, nel rispetto dei nostri saperi, competenze ed elevato pragmatismo professionale.

Gli operatori colpiti da Covid-19 o quelli che ne saranno colpiti in futuro hanno subito seri danni dal punto di vista fisico, psichico ed emotivo. Già si parla di Disturbo Post Traumatico da Stress. Crede che le Aziende sanitarie si debbano già organizzare per venire incontro a questa problematica? E come?

Uno dei fenomeni che ha caratterizzato l’emergenza coronavirus, per la peculiarità della patologia, per i carichi di lavoro abnorme a cui il personale sanitario è stato sottoposto, è certamente quello della grave condizione di stress post traumatico di cui oggi tanti tanti infermieri soffrono. Non ci dimentichiamo che siamo comunque sempre persone, e che arrivare anche a 30 ore consecutive di turni di lavoro, trascorsi a lottare per difendere le vite dei pazienti, stando lontani dalle nostre famiglie, può essere distruttivo a livello emotivo,  oltre che fisico, per qualunque persona.  Un coinvolgimento totale, auto-annullante, ha caratterizzato questi due mesi di emergenza per noi infermieri e per le nostre attività di assistenza. Ogni giorno, come sindacato, abbiamo raccontato la voce, il dolore, la rabbia dei colleghi da ogni parte d’Italia impegnati, nei reparti Covid-19, nella lotta contro un nemico subdolo e forte. Come organo che rappresenta la categoria degli infermieri, da settimane, chiediamo alle regioni l’istituzione di un servizio di supporto psicologico per gli operatori sanitari di tutta Italia gestito dalle aziende sanitarie a titolo gratuito.  Ma ancora una volta, a causa della grande confusione che regna nel “variegato mondo del sistema sanitario regionale italiano”, abbiamo ottenuto solo qualche debole risposta.  Nella concretezza non è stato fin ora allestito nessun programma organico per permettere ai nostri infermieri di ricevere il supporto psicologico necessario per uscire dal tunnel dello stress post traumatico causato dalle pessime condizioni organizzative nelle quali ci siamo trovati ad operare durante la pandemia.  E così siamo stati costretti a creare uno sportello autonomo di emergenza psicologica. Nessuno ha pensato fin ora di allestire, nonostante gli appelli, un servizio ad hoc per gli operatori sanitari, le cui difficoltà emotive non possono essere generalizzate e trattate come qualunque altro paziente con sofferenze psicologiche.   Il servizio di assistenza psicologica del nostro sindacato, fin da subito, ha colto problematiche legate ai fattori specifici come quelli legati alla disorganizzazione, alla carenza di coinvolgimento dei nostri infermieri nelle scelte aziendali, alla grave carenza dei dispositivi di protezione, al confronto costante con la morte dei propri pazienti e degli stessi colleghi operatori sanitari. Tutto questo ha portato i colleghi a vivere reazioni di angoscia e vulnerabilità psicologica,  a tratti impotenti e con nessun controllo nei confronti di una realtà a cui mai erano stati esposti.

La mancanza di comunicazione con i propri affetti, il periodo prolungato di isolamento dalla vita sociale, la lontananza dalla propria famiglia e/o la convivenza forzata con questa senza avere momenti per se stessi , il conforto che si trova in un abbraccio, la vicinanza affettiva con mogli, mariti, compagni/e, figli, colleghi e superiori, ha portato inevitabilmente ad un isolamento affettivo e di conseguenza al propagarsi di pensieri disfunzionali che si sono ahimè trasformati, ammette De Palma,  in emozioni di rabbia, colpa, disperazione e depressione e , nei casi più gravi rilevati dal nostro sportello psicologico, sono giunti a comportamenti di allontanamento e alienazione.

Gli effetti di tutto questo hanno portano molti nostri infermieri a vivere crisi di panico, rabbia nei confronti di se stessi per il timore di perdere la propria umanità, la crescente preoccupazione di non sapere cosa aspettarsi domani, l’emergere di un senso di colpa perché possibili untori, , insomma un coacervo di elementi che ha creato in tanti professionisti coinvolti condizioni di ansia, fragilità e apprensione. Inoltre l’affaticamento, la stanchezza, il disorientamento, il senso di inefficacia personale, l’inappetenza e la mancanza di sonno, mettono gli interessati in serio pericolo e ad una percezione di rischio, che viene talvolta anche amplificata, sino a portare a condizioni di panico nei confronti del proprio lavoro e, conseguentemente, di stress post traumatico sino al burnout.

In questa delicata situazione possiamo dire che, da parte nostra, come sindacato continueremo a fornire tutto l’appoggio necessario per sostenere fino in fondo i nostri colleghi, non li lasceremo mai soli. E se sarà necessario, li accompagneremo anche in un eventuale percorso per la richiesta di risarcimento dei danni patiti, nei casi in cui ne ricorrano le condizioni.

Ad oggi abbiamo già presentato numerosi esposti contro aziende sanitarie locali, portando alla luce le gravi carenze in cui siamo stati costretti ad operare. In questi giorni, prosegue il Presidente De Palma, stiamo agendo assieme ad un sindacato dei medici ,  presso la procura della repubblica di Bolzano , a seguito di un procedimento già avviato dalla medesima, in merito alla messa a disposizione del personale sanitario di DPI e, in particolare, contro la distribuzione e l’utilizzo di materiale, proveniente dalla Cina, sprovvisto di idonea certificazione CE , che già sarebbe stato giudicato come non idoneo da più di un autorevole ente certificatore europeo, nonché dall’Inail.

La Procura ha richiesto l’incidente probatorio al fine di procedere alla nomina di un perito in grado di valutare l’efficacia dei presidi sanitari di protezione acquistati dalla Asl in Cina. La richiesta di Nursing Up e Anaao di essere ammessi nel procedimento in forza di quello che il codice civile definisce “atto di intervento”, equiparabile alla costituzione di parte civile, ci consentirà di nominare un nostro consulente di parte.

Nursing Up vuole giustizia nell’ambito di un’inchiesta che riguarderebbe l’importazione di un milione e mezzo di mascherine, 400 mila tute protettive e trentamila tute asettiche destinate al personale sanitario. Insomma, continua De Palma, non trovando fornitori in Europa, l’Azienda Sanitaria di Bolzano, come tante altre impreparata per affrontare l’emergenza Covid per carenza estrema di DPI,  decise, dopo la metà di marzo, di procedere all’acquisto di una maxi-fornitura proveniente dalla Cina, in forza dei contatti commerciali in Asia della Oberalp spa.  Parrebbe tuttavia, che buona parte di questo materiale non sarebbe dotato delle certificazioni di sicurezza previste dalla U.E.

Le ferie estive probabilmente salteranno per una mancata o impossibile programmazione da parte delle aziende sanitarie, mentre è sempre più difficile reperire operatori sanitari e socio sanitari liberi o disoccupati. Crede che salteranno o ci sono i margini per garantire il giusto riposo ai professionisti dopo mesi di guerra al Covid-19?

Le ferie sono un diritto irrinunciabile per tutti gli operatori sanitari e per tutti i lavoratori. Non dimentichiamo che gli infermieri, più che mai, avrebbero diritto oggi a un periodo di ristoro psico fisico, essendo stati negli ultimi due mesi attori principali di una battaglia senza esclusione di colpi. Dopo i turni massacranti, dopo aver anche subito in alcuni casi il contagio, per chi è riuscito a uscirne, gli operatori sanitari sono oggi al primo posto, in Italia, per un sacrosanto diritto alle ferie. Proprio per questo, come sindacato, stiamo spingendo le pubbliche amministrazioni verso l’assunzione di nuovo personale, per consentire l’indispensabile sostituzione di chi, da settimane, lavora senza sosta. E per permettere, a chi è stremato, di respirare, di riposarsi, di godere del calore della propria famiglia. Più che mai, dopo questi mesi difficili, alle soglie dell’estate, occorre un concreto ricambio di personale nei reparti. Ma è evidente che le carenze strutturali renderanno critico il periodo estivo entrante , d’altronde sono ormai ben più di 53000 gli infermieri che mancano all’appello , e se riflettiamo sul fisiologico abbattimento dei livelli di presenza caratteristici del periodo estivo la frittata è servita : ci stiamo organizzando combattere anche per questa nuova battaglia, come abbiamo fatto per le altre, i nostri delegati sindacali stanno contattando tutte le aziende sanitarie sul territorio per sollecitarle ad organizzarsi “per tempo”,  per garantire il giusto e meritato ristoro a chi ha dato tutto se stesso contro questo maledetto virus. Il Governo deve cancellare le vigenti disposizioni che , in costanza di emergenza, limitano la possibilità di beneficiare del congedo ordinario al personale delle professioni sanitarie.

Ritornando al rinnovo contrattuale e al necessario aumento degli stipendi del Comparto Sanità, pensa che ci sia la possibilità di rendere gli operatori dei veri professionisti alla stregua dei medici, che non hanno in pratica il vincolo di esclusività?

Riteniamo da tempo, come sindacato, che esistano tutte le condizioni affinché il contratto degli operatori sanitari viaggi in un crescendo costante di acquisizione di diritti, verso l’acquisizione dei medesimi contorni e garanzie minime di quello del personale della dirigenza medica. Gli infermieri e gli altri operatori sanitari possiedono, oggi più che mai, qualità professionali declinate in posizione di elevata responsabilità, e lo hanno dimostrato durante questa emergenza Covid-19, alla pari di quelle dei medici: insomma oggi esistono le condizioni affinché si possa attuare un aggiornamento della struttura contrattuale del personale delle professioni sanitarie in maniera da eliminare le sperequazioni esistenti rispetto a quello del personale medico. Questo è compito del Governo e, per quanto di competenza anche delle regioni: penso che se tutte le forze sindacali si impegnassero concretamente per fare questo, la pressione sulle istituzioni costringerebbe sia il Comitato di Settore, che rappresenta le regioni ma anche e la stessa ARAN, che tratta a nome del Governo, a tener conto delle richieste di valorizzazione contrattuale che stiamo portando avanti. Occorre quindi riuscire ad ottenere un’area autonoma di contrattazione, anche partendo dalla distinta disciplina negoziale già prevista dall’articolo 40 comma 2 del decreto legislativo 165 del 2001. Ma non bisogna accontentarsi semplicemente di un nuovo archetipo contrattuale basato, almeno in prima battuta, alle “distinte discipline”, bisogna lottare per ottenere l’erogazione di fondi dedicati e finalizzati agli infermieri, in grado di riformare il sistema economico e di finanziamento dello specifico segmento contrattuale uniformandolo a quello della dirigenza medica. Questo si poteva già fare, in commissione paritetica nazionale, ma per noi non esiste la volontà di tutte le parti in gioco. E ancora una volta siamo costretti a tornare sulle carenze di questa commissione. Insomma, chiosa De Palma, ora più che mai, soprattutto dopo quello che è accaduto con l’emergenza in corso, una politica coerente e responsabile, ha in mano tutte le leve per riconoscere, agli infermieri e agli altri operatori sanitari coinvolti, una gratificazione contrattuale economicamente soddisfacente. E’ questo che si aspetta chi con abnegazione e singolare responsabilità, ha messo in gioco, quotidianamente, la propria vita per quella degli altri.

Grazie Presidente e buon lavoro.

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Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
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