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Infermieri della salute mentale: un 12 maggio pieno di soddisfazioni e di speranze per il nursing psichiatrico.

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Sono questi gli anni delle competenze avanzate, gli anni in cui gli infermieri rivendicano con giusta fermezza le loro specializzazioni.

Chi si laurea oggi ambisce più di ogni altra cosa di poter lavorare nelle aree emergenziali ospedaliere, nei 118 piuttosto che in sala operatoria oppure nelle terapie intensive e nelle rianimazioni; in tutti quegli ambiti, cioè, dove il professionista mette in campo le migliori competenze possedute o acquisite e che in qualche modo gli vengono riconosciute. Anche solo come forma di gratificazione personale e/o di probabile crescita professionale.

Complice, forse, la cinematografia degli ultimi anni che vede i professionisti in molti setting più tecnici che relazionali, fatto sta che nei giovani laureati tra le loro ipotesi di scelte lavorative, l’ambito psichiatrico è quello meno desiderato.

La psichiatria soffre da sempre degli stigmi sociali e culturali e gli stessi operatori che vi lavorano sono considerati dai loro pari, infermieri quasi di serie B.

In realtà chi decide di lavorare in salute mentale ha la profonda intenzionalità di mettere in atto quella relazione, core del profilo professionale, dove il tempo di cura può diventare il nucleo del bisogno di centralità nell’assistenza della persona.

Gli infermieri in salute mentale sono stati dei veri e propri pionieri nel processo di empowerment, come processo di crescita della professione infermieristica.

L’empowerment è un processo dell’azione sociale attraverso il quale le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie vite, al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità di vita” (Wallerstein N. 2006).

La lettura bibliografica sembra restituirci dei presupposti per affermare che chi opera in un contesto così complesso possa trovare i fondamenti delle proprie competenze.

Nonostante il ricco patrimonio storico i professionisti che operano in un campo così complesso come la psichiatria spesso si sentono soli.

Gli aspetti tecnici e professionali della popolazione infermieristica sempre più valorizzanti hanno messo negli ultimi anni l’aspetto relazionale ad un livello meno impattante sul professionista.

Nel nuovo codice deontologico, l’art. 4 cita: Nell’agire professionale l’infermiere stabilisce una relazione di cura, utilizzando anche l’ascolto e il dialogo. Si fa garante che la persona assistita non sia mai lasciata in abbandono coinvolgendo, con il consenso dell’interessato, le sue figure di riferimento, nonché le altre figure professionali e istituzionali. La relazione è tempo di cura.

L’infermiere, professionista della salute mentale deve riuscire dunque a fare il cambiamento del livello di salute all’interno della sua realtà. E’ una sfida certo cambiare il paradigma, soprattutto se pensiamo a livello internazionale come potrebbe essere sviluppata una nuova formazione, in una direzione più specialistica, un percorso nella stessa magistrale, centrato più sulla clinica che sostituirebbe l’attuale master.

Riformare la formazione è dunque l’obiettivo prioritario per i prossimi anni di programmazione della laurea sia triennale che magistrale.

Se partiamo dall’essenza di ciò che è un infermiere ovvero colui che si occupa di “prendersi cura” a 360 gradi della persona in una visione olistica, anche in ambito psichiatrico non ci si può sottrarre da questo assunto. Anzi possiamo certamente ribadire quanto sia fondamentale la relazione d’aiuto.

Ma quanto la relazione nella formazione di base, attraverso laurea triennale, viene sviluppata e approfondita? E’ su questa domanda che dobbiamo porre l’attenzione per la formazione futura in psichiatria.

Perché formarsi significa non solo studiare le nozioni accademiche ma soprattutto fare esperienza in uno spazio personale e mentale.

Uno spazio che si costruisce approfondendo e sviluppando una identità professionale dove l’infermiere si riconosca come terapeuta e riabilitatore in una presa in carico all’interno di una equipe multi professionale.

Gli infermieri della salute mentale 2.0 non devono più essere considerati come “i guardiani dei matti” ma piuttosto come professionisti proattivi nella ricostruzione dell’identità dei propri assistiti.

Il 12 maggio, giornata internazionale dedicata all’infermiere, dunque non dimentichiamoci anche di chi si prende cura non solo di una malattia fisica. Ricordiamo e ringraziamo chi prende in cura gli aspetti più intimi di una persona: la sua sfera psichica e mentale perché non c’è salute se non c’è salute mentale.

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Dott.ssa R. Silvia Fortunato
Dott.ssa R. Silvia Fortunatohttp://Www.assocarenews.it/
R. Silvia Fortunato, infermiera presso l’Ausl Bologna dal 2000. Ha conseguito due master e due corsi di alta Formazione regionale come formatore docente e formatore progettista. Ha lavorato per 15 anni nell’Ospedale Bellaria, dalla Sala Operatoria multi specialistica alla gestione di un ambulatorio per lo studio di popolazione sulla sindrome metabolica, fino a diventare ICI = Infermiera addetta al controllo delle ICA dove è rimasta per oltre 5 anni. Da 6 anni è sul territorio, presso il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dove ha prestato per 5 anni servizio al Sert e da circa più di 1 anno è in Direzione del DSM, dove si occupa di progettazione e formazione. Collabora con la Funzione Formazione dell’Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale dell’Emilia Romagna. Nel tempo libero, insieme ad alcuni colleghi, promuove la ricerca infermieristica (ICN Singapore 2019 e XXIII INR Barcellona 2019). Ha pubblicato diversi articoli scientifici e nel 2020 viene registrata come Reviewer: “Nurse Coaching improves Healthy Conditions: An Integrative Review of the Literature” per ITJM - Italian Journal of Medicine. Nel 2020 ha ideato, curato e pubblicato Racconti di cura che Curano, l’antologia sanitaria ai tempi del coronavirus, il cui ricavato è stato devoluto interamente al fondo di solidarietà della FNOPI #noicongliinfermieri. Nello stesso anno viene eletta nel consiglio direttivo della S.I.S.I.S.M. (Società Italiana Scientifica Infermieri Salute Mentale) dove svolge il ruolo di consigliera ed è membro del CTS. Nel 2021 canta insieme al coro in corsia il brano accendi l’arcobaleno di Simona Camosci con la partecipazione di Andrea Mingardi per sostenere borse di studio per gli studenti del Cdl di infermieristica dell’alma mater di Bologna con il supporto dell’associazione Bimbilacqua.
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