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Infermiere di Famiglia e la residenzialità del professionista sul territorio

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Infermiere di Famiglia: importante la residenzialità storica o storicizzata del professionista nel territorio in cui opera.

Infermieristica di famiglia e comunità, quella che nulla ha a che fare con una logica prestazionale, quella proattiva, quella che attiva risorse, che funge da intermediazione a tutela della salute, quella che insomma esercita advocay e non si ferma ad un intervento domiciliare per quanto complesso, e soprattutto quella decentrata, non metropolitana, credo abbia bisogno di una caratteristica indispensabile: la residenzialità storica o storicizzata del professionista nel territorio in cui opera.

La conoscenza del territorio, dei suoi abitanti, delle variabili sociali, della storia del luogo, del terzo settore, delle caratteristiche antropologiche, economiche, politiche.

Anche e soprattutto  di quella indefinibile  conoscenza data solo dall’appartenenza al luogo e che non troveremo in nessun documento, in nessun libro, in nessuna delibera: l’identità profonda con il territorio. Perché si può curare il singolo solo attraverso la cura della comunità, e la comunità non sono dati epidemiologici e tabelle istat.

La comunità è un essere pensante e libero che crea determinanti di salute e che puoi curare davvero bene solo se ne fai parte. Ecco. Questo assunto diventa davvero difficile da recepire con il progressivo aumento delle complessità aziendali, con gli enormi concorsi regionali, con le mobilità farraginose, con lo svuotamento dei percorsi professionali decentrati.

Oggi quante possibilità ha un infermiere nato e cresciuto nel “paesino x” e che voglia curare il suo territorio con l’infermieristica di comunità e famiglia, a ritrovarsi a lavorare nel “paesino x”? Forse ci vorranno anni. E nel frattempo il paesino x avrà sì giovani e preparati infermieri ma nati a centinaia di km di distanza e che vi transitano con la velocità di un jet perché magari aspirano ad accentrarsi nei grandi nosocomi…e che comunque non potranno mai capire e fare un anamnesi completa del territorio in cui operano, quel territorio che non sarà mai il loro territorio,  a meno che non decidano di viverci per molti anni.

Ma viverci assaporando la comunità, la sua rete di volontariato, i suoi circoli, le sue scuole, tutti i meandri che rendono un paese vivo pulsante e anche capace di ammalarsi. È un dilemma che mi colpisce molto perché non vedo vie di uscite a meno che non si riformi completamente il sistema rendendolo snello e ad accesso diretto. Che se fossi un privato che produce salute per lavoro nel paesino x io vorrei l’infermiere di famiglia e comunità che quel paesino lo conosca bene. Bene davvero. 

Nicola Draoli, Presidente Ordine Infermieri Grosseto

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