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Professioni Sanitarie: importanti per la promozione della salute.

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Il contributo delle Professioni Sanitarie è fondamentale nella promozione della salute tra i Cittadini.

In una situazione sociale ed economica difficile, va recuperato il senso della cura della persona nell’accezione più ampia, puntando sulla prevenzione-così spiega Il contributo delle Professioni Sanitarie è fondamentale nella promozione della salute tra i Cittadini. Lo dice don Massimo Angelelli., direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana intervenuto al 1° Congresso Nazionale della Federazione TSRM e PSTRP.

Il contributo delle professioni sanitarie è assolutamente fondamentale per garantire sia un corretto accesso alle cure, sia un’efficace promozione della salute. In un’ottica di superamento del modello che mette la patologia al centro, occorre un approccio innovativo, che punti maggiormente sulla prevenzione e sulla promozione dei corretti stili di vita, in un rapporto con il territorio e con la popolazione sempre più proattivo e propositivo.

Questa necessità è particolarmente sentita nell’attuale situazione italiana, in cui si segnalano moltissimi casi di persone che, per problemi di disagio sociale- spiega don Massimo Angelelli- direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Conferenza Episcopale Italiana – stanno uscendo da un percorso di cura: occorre attivare ogni canale per evitare che ciò succeda. Servono anche professionisti inviati dalle ASL sul territorio per entrare in contatto con quei soggetti più deboli e i più esclusi dall’accesso anche alle più elementari prestazioni sanitarie.

Abbiamo bisogno di interventi forti e professionali, dunque. Ma non dobbiamo correre il rischio di ridurre l’operatore sanitario a un esecutore di protocolli, perché esiste una dimensione imprescindibile nella relazione con il paziente, che lo coinvolge in prima persona, e riguarda perciò la sfera etica individuale- continua don Angelelli.

In questo quadro generale, è da considerare sicuramente con favore l’istituzione di una struttura ordinistica in grado di raccogliere sotto di sé tutte le professioni sanitarie non mediche, qual è la FNO TSRM e PSTRP (Federazione nazionale Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione).

In primo luogo perché permette una più forte rappresentanza professionale, e quindi anche politica, degli operatori sanitari. In secondo luogo, perché consente a tutto l’apparato sanitario, con le sue diverse relazioni e i suoi differenti ruoli, di partecipare al percorso di cura. Gli Ordini sono fatti dalle persone e per le persone.

A questo tipo di progetti di ampio respiro sulla salute si obietta spesso che occorrono ingenti investimenti, insostenibili per la Sanità italiana. Ma per parlare della dimensioni economica, bisogna essere supportati dai numeri. E questi ci dicono che se da una parte il nostro è un Paese che investe poco in Sanità, con una spesa pro-capite tra le più basse in Europa, dall’altra gli sprechi e la corruzione presenti nella sanità costano alla collettività 23,5 miliardi di euro ogni anno (Fonte: ISPE).

In questo squilibrio va rintracciata la realtà della sofferenza della Sanità in Italia. Occorre perciò recuperare risorse all’interno della rete, combattendo gli sprechi e cercando di costruire modelli efficienti ed efficaci. Al tempo stesso, bisogna riaffermare che i costi della Sanità non sono soldi persi, ma un investimento, che rispettando i dettami della Costituzione, ricade sulla salute dei cittadini, sul welfare e su tutta la filiera delle cure. È infatti ampiamente dimostrato che prevenire seriamente le patologie significa risparmiare in prestazioni erogate successivamente. Esiste quindi anche una logica strettamente economica che porta a sostenere la prevenzione e non soltanto la cura delle malattie.

Tra due dati apparentemente contrastanti dobbiamo trovare un punto di equilibrio e mettere in campo un’azione congiunta per investire in modo corretto ed efficace non solo sulle strutture competenti sull’acuzie, ma anche su un Welfare che porti salute, senza tralasciare di combattere le piaghe interne al sistema che si sono dimostrate particolarmente onerose, e non solo dal punto di vista economico. Un cammino condiviso che richiede di essere percorso da tutti.

Un’ultima menzione la meritano i caregiver, le persone che si occupano dei malati o delle persone fragili, e che coincidono spesso con i familiari. In Italia molta parte dell’assistenza è delegata a queste persone, anche come esito della trasformazione del modello di Sanità a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Una volta, l’assistenza sanitaria era fortemente ospedalizzata; poi le necessità economiche ci hanno portato a tagliare in modo indiscriminato ogni risorsa, dai piccoli presidi ospedalieri ai posti letto, per finire con tutta una lunga serie di investimenti e prestazioni. Questo processo ha portato a un modello concentrato sui momenti di massima acuzie e al rapido ritorno del paziente al domicilio.

Questo processo ha di fatto spostato l’onere della cura sulle famiglie, che così si trovano gravate del carico della cura dell’anziano o del malato, in termini sia economici sia relazionali. Da un punto di vista meramente finanziario, l’effetto è stato un risparmio nei bilanci della Sanità, ma in termini pratici si è arrivati a far pagare alle famiglie una tassa occulta sulla salute dei propri cari. Questo carico diventa poi intollerabile in situazioni di cronicità, quando l’assistenza dev’essere prolungata nel tempo.

In qualche modo, l’Italia dovrebbe trovare il modo di riconoscere che i familiari dei malati svolgono un servizio, che viene erogato per conto dello Stato stesso: vanno create le condizioni economiche affinché le famiglie possano essere sostenute e non abbandonate, e senza rischi di eccessive differenziazioni e autonomie regionalistiche. Pena il fallimento dell’idea stessa di sistema ad accesso universalistico.

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