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Esperti di Psichiatria dicono no alle contenzioni: a Ravenna due eventi per i 40 anni di apertura mentale.

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L’evento era rivolto a Infermieri, Medici, Psicologi, Educatori Professionali, Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica e OSS. Ravenna capitale delle buone pratiche in Psichiatria a 40 anni dalla Legge Basaglia.

Due eventi distinti per evidenziare quanto di buono realizzato e progettato nell’ambito dell’assistenza psichiatrica nel Ravennate e nel resto dello stivale italico. Si tratta de “Il ruolo dell’assistenza nei percorsi di cura tra etica e doveri” e de “La contraddizione tra coercizione e obiettivi di vita“. Le due manifestazioni sono state ideate???????????? dal Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze Psicologiche – UOC Emergenza-Urgenza Psichiatria SPDC di Ravenna in collaborazione con Club SPDC.

L’iniziativa ha avuto il patrocinio ovviamente dell’Ausl Romagna, del Comune di Ravenna e degli Ordini provinciali di Medici-Odontoiatri ed Infermieri.

La Legge Basaglia.

Sono passati 40 anni dall’approvazione della Legge Basaglia, omonima del medico rivoluzionario che ha cambiato per sempre la visione della psichiatria e delle persone con disturbi psichiatrici.

Il 13 maggio 1978, dopo solo venti giorni di discussione parlamentare, l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone firmò la legge 180 (nota anche come legge Basaglia) e l’Italia, a distanza di settantaquattro anni, da quel lontano 1904, aveva finalmente una nuova legislazione in materia di assistenza mentale.

Fu un iter rapidissimo, in netta controtendenza con la consuetudine della politica italiana, una corsa contro il tempo, una vera e propria impresa.

Quando nel dicembre del 1977 il relatore, lo psichiatra democristiano Bruno Orsini, depositò la sua proposta di legge, non immaginava certo che la stessa sarebbe stata approvata solo sei mesi dopo.

La poetessa Alda Merini che in manicomio passò 8 anni della sua esistenza, dedicò una poesia al medico rivoluzionario che, per primo, non considerò le persone affette da psicosi alla stregua di pazzi da tenere lontano dalla società. 

Secondo Basaglia i malati di mente, erano, appunto, persone malate ed un medico aveva l’obbligo di curarli.

Non si trattava di cose da rinchiudere, da sedare o da legare, ma di persone fragili che avevano bisogno che qualcuno li aiutasse a ristabilire l’ordine delle cose restituendo coraggio a chi aveva perso il filo della propria esistenza.

E’ stata questa la grande rivoluzione di Basaglia, cambiare la natura della malattia grazie ad un nuovo metodo terapeutico che non considerava più il malato un individuo pericoloso, ma un essere del quale devono essere sottolineate, anziché represse, le qualità umane.

Il malato, quindi, per guarire, aveva bisogno di mettersi in relazione col mondo esterno dedicandosi al lavoro ed ai rapporti umani.

Il problema maggiore fu che, quando la legge 180 venne approvata, i pazzi si ritrovarono catapultati in un mondo che non conoscevano e soprattutto all’interno di una contesto culturale e sociale ancora non pronto, non preparato ad accoglierli.

Oggigiorno nel nostro Paese la rete dei servizi di cui fanno parte i Centri di Salute Mentale, i centri diurni e le strutture residenziali, conta 3.791 strutture in cui lavorano 29.260 dipendenti (57,7 ogni 100 mila abitanti).

Molto è delegato al volontariato ed alle tante associazioni che si prendono carico di queste persone. Alle terapie cognitive comportamentali vengono spesso affiancate attività ludico ricreative che aiutino il paziente ad uscire dal proprio universo così ingombrante.

Sul territorio nazionale, ad esempio, esistono decine di compagnie teatrali che si adoperano ad utilizzare la finzione scenica come luogo di guarigione, spazio e tempo per trovare il modo perché gli spettri della mente restino in scena ed escano dal quotidiano.

Importante, poi, è la riappropriazione della sfera lavorativa: insegnare ad un malato a cucinare, riparare mobili o costruire oggetti è il passaggio inclusivo più importante verso l’uscita dal buco nero del disagio mentale.

La malattia psichica, del resto, ha diversi gradi e declinazioni ed identificarne contorni e caratteristiche è il primo passo per uscirne.

Basaglia, 40 anni fa, lo aveva capito ed i suoi discepoli seguendo la cosiddetta Antipsichiatria (la corrente di pensiero di stampo anglosassone cui Basaglia aveva aderito) cercano di lavorare educando le comunità terapeutiche.

Non basta, infatti, curare il malato, ma bisogno operare a livello terapeutico sul contesto sociale nel quale la persona vive che si tratti della famiglia, del posto di lavoro o della scuola.

Insegnare alla società ad approcciare il disagio psichico era l’utopia di Basaglia visto che, al momento, la malattia mentale viene vista ancora con diffidenza e paura poiché non compresa.

Franco Basaglia amava ricordare: “La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere”.

Gli eventi del ravennate.

Gli eventi targati SPDC vedevano nel Comitato organizzatore Roberto Zanfini, Barbara Bandini e Manuela Ricci. Nel Comitato scientifico, oltre ai già citati Zanfini e Bandini, anche Luca Ballanti.

Il ruolo dell’assistenza nei percorsi di cura tra etica e doveri.

Tema portante della prima giornata (14 novembre 2019) è stato il “No restraint“. Si tratta, come recita il Treccani, di un Sistema di trattamento degli alienati che esclude l’uso dei mezzi di coercizione meccanica (norestraint assoluto) o lo consente soltanto in casi estremi, per lesioni fisiche che reclamino l’immobilità, per agitazione continua ed estenuante, per tendenze all’auto-mutilazione e simili (norestraint relativo).

Tale sistema è molto in voga nel Bolognese, nel Modenese, ma soprattutto nel Ravennate.

L’appuntamento è servito a fare il punto sull’assenza di contenzioni in psichiatria e là dove vi sono luoghi di cura specializzati o con presenze di demenze e patologie psichiatriche.

L’occasione è stata utile per un confronto tra ambito civilistico e ambito penalistico. Due aspetti dell’assistenza da non trascurare.

Il restraint è stato affrontato da diversi punti di vista e attraversando le competenze e le responsabilità di varie figure professionali: medici, infermieri, assistenti sociali, giudici, avvocati, docenti universitari, esponenti delle forze dell’ordine.

La contraddizione tra coercizione e obiettivi di vita.

Nella seconda giornata  è ci si è soffermati maggiormente sull’ambito del “no restraint”, in un confronto continuo tra ambito medico, infermieristico e psicologico. Tanti gli interventi e gli intervenuti provenienti non solo dall’Emilia Romagna, ma anche dal Lazio, dalla Lombardia, dal Friuli Venezia Giulia, dell’Umbria e dal Piemonte.

Tanti Professionisti della Salute si sono dati il cambio nel relazionare su nuovi metodi di lavoro in equipe, nuovo approccio assistenziale al paziente psichiatrico, nuovo concetto di riduzione dei rischi correlati alle contenzioni.

Le non contenzioni, sia farmacologiche, sia fisiche, stanno stravolgendo la psichiatria in Italia e nel mondo. In Emilia Romagna si festeggiano, ad esempio, 8 anni di no restraint, che hanno portato a riscrivere la storia assistenziale in questo ambito specifico delle cure.

A Ravenna, nello splendido scenario del Mariani Lifestyle, si sono messi/rimessi in gioco Medici, Infermieri e Psicologi nel tentativo di cercare e illustrare metodi alternativi al contenimento farmacologico e fisico.

Dalla discussione è emerso che il ruolo degli Infermieri è strategico in questo ambito e che gli Infermieri vanno valorizzati per quello che meritano. Le loro competenze ed esperienze non sono le stesse di qualche anno fa e per questo vanno considerati per quello che sono oggi, ovvero Professionisti seri e preparati che possono fare la differenza.

Quello che si verifica a Ravenna, tuttavia, non avviene in altre realtà italiani, dove l’utilizzo delle contenzioni in psichiatria è altamente ancora diffuso.

Nelle strutture dove si contiene si troveranno Medici e Infermieri che contengono, là dove non è in uso questa pratica assistenziale si attiva il “no restraint”.

Ovviamente non si è parlato solo di SPDC, ma di tutte le realtà di cura in cui vi sono pazienti psichiatrici.

Servizio realizzato in collaborazione con Giovanni Maria Scupola.

Dott. Angelo Riky Del Vecchio
Dott. Angelo Riky Del Vecchiohttp://www.angelorikydelvecchio.com
Nato in Puglia, vive e lavora in Puglia, Giornalista, Infermiere e Scrittore. Già direttore responsabile di Nurse24.it, attuale direttore responsabile del quotidiano sanitario nazionale AssoCareNews.it. Ha al suo attivo oltre 15.000 articoli pubblicati su varie testate e 18 volumi editi in cartaceo e in digitale.
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