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Big Data in Health 2019: no a Medici virtuali e a Pazienti gestiti e curati da algoritmi.

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Big Data in Health 2019, Monaco (Fnomceo): “Siano strumento flessibile nelle mani dei medici, no a pazienti monitorati e cure governate da algoritmi”.

“I big data, come tutte le innovazioni, portano con sé opportunità e rischi, oltre ad aprire questioni etiche sinora inedite, quale ad esempio quella della privacy”. Così il Segretario della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Roberto Monaco, ha aperto ieri mattina i lavori della tre giorni di Convegno “Big Data in Health 2019”, ancora in corso al Cnr di Roma.

“Il fascicolo sanitario elettronico, la telemedicina, la cartella clinica informatizzata, il registro nazionale tumori sono innovazioni che possono veramente migliorare la vita dei pazienti ma non sono ancora uniformemente diffusi e applicati – ha spiegato -. L’utilizzo dei big data, condivisi, confrontabili, misurabili, è uno degli strumenti per mettere il cittadino al centro del sistema di cura, e una delle leve per quell’empowerment del paziente che è oggi obiettivo e conditio sine qua non dei sistemi sanitari”.

“Il rischio di monitorare il paziente – ha aggiunto – è però quello di farlo diventare una mera fonte di dati, perdendo quindi l’umanizzazione delle cure. Occorre invece trovare un bilanciamento tra l’utilizzo delle risorse, e quindi dei dati, la tutela della salute e il Giuramento ippocratico. In ogni caso, i dati del singolo paziente devono essere tutelati e salvagurdati” .

“Oggi la professione è molto cambiata – ha aggiunto -. È cambiata la relazione di cura, perché da un modello paternalistico si è passati a una vera e propria alleanza terapeutica, punto d’incontro di due storie, di due sensibilità, di due vissuti. È cambiato il medico, che ha a disposizione strumenti inimmaginabili sino a poco tempo fa, è cambiato il paziente, che conosce meglio i suoi diritti. Sono mutati gli scenari, con un aumento della cronicità e delle malattie correlate e della domanda di servizi”.

“In questo contesto – ha concluso – in cui al medico sempre più spesso viene chiesto di risolvere anche problemi di sostenibilità economica, la risposta più democratica non è quella di fornire indistintamente tutto a tutti ma quella di poter erogare a chi ha bisogno tutto ciò che gli è necessario. In questo senso, i big data possono essere indicatore efficace e flessibile. Ciò che ci fa orrore è invece il paziente ‘monitorato’, la diagnosi e la cura ridotte ad algoritmo: vogliamo pazienti liberi curati da medici liberi, che usano i dati come strumento di governo clinico ma non accettano, né mai lo faranno, di essere governati dai dati”.

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