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A Novara, associazioni in campo per armonia Ospedale/Territorio

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A novara si è discusso di servizio sanitario e popolazione!

La straordinaria cornice del Civico Istituto Musicale Brera ha ospitato la serata “Il Sevizio Nazionale. Le strutture ospedaliere, il territorio e la salute dei Novaresi”. Un evento che parla della realtà Piemontese ma che sviluppa concetti validi per tutto il territorio nazionale.

Alberto Pacelli, appassionato della vita associazionistica, moderatore della serata, introduce i temi della serata dichiarando sin da subito il filo conduttore, il quarantesimo anniversario della nascita del Sistema Sanitario Nazionale. L’obbiettivo della serata è quello di cominciare i lavori di “Rete Salute Novara” un insieme di associazioni che vogliono armonizzare i servizi territoriali per aumentare la qualità assistenziale e della cura nel novarese. Il microfono è passato, ora, nelle mani di Aurelio Prino, Oncologo, che con dopo un breve excursus sull’evoluzione del sistema sanitario italiano va al cuore del questione. A dire il vero, il problema principale è una matassa ingarbugliata di fili sconnessi e con lucidità sono stati tutti elencati. Si comincia con il considerare il fatto che noi cittadini disponiamo di meno risorse di paesi come Francia, Germania, UK e USA per quanto riguarda la sanità perché il nostro stato destina una percentuale minore del PIL per la cura dei contribuenti. Nonostante questo fino a qualche anno fa eravamo ai vertici mondiali come qualità delle cure. Ora, piano piano, stiamo discendendo la classifica. Una delle cause è una sanità pubblica viaggia su un doppio binari. Esiste da una parte il pubblico vero e proprio e dall’altra il privato accreditato che da una mano alla sanità pubblica rubando però delle risorse. Questo doppio binario può dar vita a dei paradossi. Una prestazione può costare il prezzo del ticket nel pubblico, 90 euro in un privato puro e 190 da un privato accreditato. Quindi l’utenza, anche a fronte di liste d’attesa enormemente accorciate, sceglierà sempre di più il privato puro.

Il relatore ci spiega che il settore della sanità privata non sia da demonizzare ma che questa inevitabilmente porta via risorse al pubblico e molte volte porta le risorse in altre Regioni. Il binario della sanità pubblica ha di per sé anche altre criticità tra le quali la concorrenza interna.

ASL e AOU invece di integrarsi e cooperare in maniera armonica per dare un servizio ottimale tendono sempre più ad ostacolarsi e “rimbalzarsi” responsabilità. Il medico di base contro il medico ospedaliero. Un susseguirsi di rimandi e non-competenze che danno come unico risultato un danno all’utenza che molte volte gira per più specialisti e medici di base senza risoluzione del loro problema di salute. Questa lotta interna porta a una mancanza di appartenenza dell’operatore, che la popolazione percepisce, che mina la fiducia sull’istituzione Sanità e che porta inevitabilmente all’acutizzazione della medicina difensiva. Procedendo verso il dettaglio se si guarda solo le AOU ci si accorge che anche qui ci sia un ulteriore divisione e confusione di ruoli. Non ci sono normative che regolino le aziende miste e quindi anche qui c’è contrasto tra i dipendenti ospedalieri e quelli universitari. Nasce quindi una tripartizione. I medici ospedalieri che sono pagati direttamente dal Ministero della Salute, i medici di base che sono dei liberi professionisti accreditati e i medici universitari al di fuori del comparto sanità. A questi problemi organizzativi si è tentato di rispondere con figure come il “direttore generale” e con “medici manager” che di manageriale non hanno nulla, a partire dalla formazione. La piaga che però è traversale è la lunghezza delle liste d’attesa. È la tecnologia carente o la mancanza di fondi la vera causa di liste che dichiarano erogabile, a esempio, un servizio diagnostico a 90 giorni dalla richiesta? Nulla di tutto ciò afferma Prino. C’è la tecnologia adeguata sia per performance che come manutenzione. Si ferma tutto per la mancanza di operatori, il blocco delle assunzioni si fa sentire. La carenza di risorse è poi relative e non giustifica a pieno queste mancanze. Come esemplificazione l’oncologo porta i 5 milioni di euro stanziati per l’odontoiatria pubblica in favore di minori e pazienti anziani e aggiunge che se tutto ciò non bastasse Novara è ultima come assegnazione di stanziamenti anche se la qualità di cura è negli standard delle altre città piemontesi.

L’AOU piange ma il territorio non ride, Prino afferma: “Il territorio non è sottostimato ma non funziona!” e “questa mancanza” aggiunge “va a discapito dei DEA che ricevono molta più utenza”. Conclude mostrando come tutto ciò riporta alla lotta interna tra medici di base e medici ospedalieri. Il futuro è un punto di domanda ma passa delle considerazioni che danno delle certezze. La prima che le malattie croniche aumenteranno ulteriormente e che queste non potranno essere seguite a livello ospedaliero quindi l’integrazione tra ASL, AOU e sistema assicurativo oltre che auspicabile diventa necessaria per la sopravvivenza degli standard attuali. Bisognerà altresì aumentare le ore di esercizio facendo lavorare su più turni i macchinari diagnostici, assumendo personale e infine passare per una de-medicalizzazione. Il paradosso odierno è proprio questo, si richiedono tagli alle risorse e al contempo si aumentano il numero di prestazioni, molto spesso superflue, perché gli esami diagnostici sono molto remunerative con il sistema attuale dei DRG. Questo mezzo viene preso come come fine, per avere fondi, e non come mezzo per avere dei giusti rimborsi per i servizi erogati. Conclude la relazione Michela Casella che pone, alla platea e ai politici presenti tra il pubblico, numerose domande. Gli stanziamenti sono regionali chi ci da la certezza che Novara abbia precedenza su Torino? Dato che, per le nuove normative, il 70% dell’opera sarà assegnato a privati come rientreranno dei costi? Saranno tenuti alla contribuzione per la manutenzione? A quali ospedali piemontesi si ispira? Saranno costruzioni in verticale o in orizzontale? Sono stati misurate le tempistiche degli spostamenti tra reparti e i centimetri delle aperture degli ascensori e delle entrate? C’è già un piano sulla tipologia dell’informatizzazione usata dato che un standard richiesto che potrebbe influire sull’assistenza? Data la denominazione evocativa “Città delle Scienze e della Salute” cosa conterrà? Conterrà tutte le sedi universitarie e di ricerca? Sarà un centro di riferimento quindi quali relazioni avrà con i centri satellite? La letteratura ha dimostrato che nuovi ospedali aumentano l’utenza c’è un piano per far fronte a questa nuova necessità? Gli spazi non più utilizzati a cosa saranno adibiti? La parola è lasciata alle autorità.

Il primo a parlare è il Cardiologo Bongo vicesindaco di Novara che ci ricorda la situazione ante ’78 dove i medici “condotti” giravano le case con le valigette piene di moduli diversi delle varie “mutue” alle quali ogni categoria apparteneva. Ricorda anche con affetto il fatto che negli anni ’80 l’Italia è stata capofila in diverse scoperte nel mondo della cardiologia e che facendo passi da gigante ha “creato” un nuovo problema. Il 98% delle acuzie si risolve, tuttavia, le vite salvate non hanno una qualità di vita dignitosa o hanno delle recrudescenze nella prima settimana per mancanza di una continuità assistenziale.

Segue un intervento di un consigliere regionale di minoranza che mette in evidenza come l’esternalizzazioni dei servizi da parte del Pubblico nel partenariato pubblico/privato favorisca sempre il privato.

Il terzo è il presidente AUSER che espone che non solo ci sia una mancanza sul territorio ma anche un’utenza che non riesce a pagare i ticket delle prestazioni pubbliche. Ha auspicato che si costruisca una sanità intorno all’utenza che deve ritornare al centro dell’assistenza. Domenico Rossi, consigliere di maggioranza con un intervento fiume cerca di rispondere alle molte domande di Michela Casella, seguono referenti locali delle varie associazioni coinvolte che, a seconda della loro competenza, rispondo a certi quesiti disegnando, ognuno a modo suo, un dipinto che ritrae la sanità novarese e del Piemonte odierna e futura. La speranza è che le tessere di questo infinito mosaico si avvicinino e che finalmente qualche figura definita e concreta possa nascere da questi mille frammenti colorati.

E’ stata una serata molto utile, rischiarata dalle note classiche e allegre di una coppia di artisti. Il più grande contributo è avvenuto nel confronto fra i relatori e le autorità che nei botta e risposta hanno fatto emergere il ritorno forte verso le mutue e l’auto mutuosoccorso.

Nel mentre gli operai e i lavoratori generici cercano nella sanità pubblica i servizi e nell’azienda i benefit, gli impiegati o lavoratori specializzati trovano la strada più conveniente nei benefit sanitari dati dalle aziende. Ricreando i presupposti alla nascita di una stretta collaborazione tra assicurazioni private e assistenza pubblica. Finendo possiamo dire con certezza che l’argomento chiave è la deospedalizzazione.

L’ospedale usato per le cure complesse e le acuzie e il territorio per il resto che forma più del 80% dell’utenza. In questo 80% da padrone fanno le malattie croniche e le malattie mentali, assimilabili per categoria temporale. Subito dopo abbiamo le malattie incurabili che necessitano di cure palliative. L’infermiere da sempre al centro dell’assistenza deve intervenire preponderantemente qui. Il ruolo dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico è quello di alzare la qualità di vita. Alzare gli standard, alzare il livello di dignità, alzare l’attenzione sulla persona più che sulla malattia per dare alla popolazione un servizio degno e di prestazioni di altissima caratura.

 

A cura di Mattia Chiuchiulo, infermiere pediatrico

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