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martedì, Marzo 19, 2024
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Cani e Gatti possono contagiarsi o trasmettere il Covid? Studio Scientifico risolve il dubbio.

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Cani e Gatti possono trasmettere o infettarsi da Coronavirus? Uno studio scientifico risolve finalmente il dubbio.

La recente segnalazione di un caso di positività per SARS-CoV-2 in un cane in provincia di Bari ha causato un allarmismo nella popolazione.

Infatti, pur non trattandosi di una scoperta sensazionale dal punto scientifico, la notizia ha destato un notevole clamore mediatico che ha agitato molti proprietari.

A fare chiarezza è il Professor Nicola Decaro, Professore ordinario di Malattie Infettive degli Animali presso l’Università degli Studi di Bari e consulente esperto MYLAV.

Il fatto.

Il cane, un barboncino di 1 anno e mezzo, appartenente ad una famiglia di positivi per COVID-19, non ha sviluppato alcuna sintomatologia, ma è semplicemente risultato positivo al test per la ricerca di SARS-CoV-2 per poi negativizzarsi.

In tutti i tamponi effettuati sull’animale e risultati positivi sono stati riscontrati bassissimi titoli virali, per cui il cane non avrebbe potuto infettare alcun essere umano o animale.

Gli altri casi nel mondo.

Casi sporadici di infezione nel cane da SARS-CoV-2 sono descritti in diverse parti del mondo sin dall’esordio della pandemia. Il primo caso è stato segnalato, infatti, già a fine Febbraio 2020 in un volpino di Pomerania di 17 anni di Hong Kong (morto poi per ragioni del tutto indipendenti dall’infezione). A distanza di pochi giorni, sempre ad Hong Kong, anche un pastore tedesco di un anno e mezzo è risultato positivo per SARS-CoV-2 senza, però, mostrare sintomi e negativizzandosi nell’arco di pochi giorni.

Si registrano altri casi in USA, Giappone, Canada e Paesi Bassi.

Solo in pochissimi di questi, i cani infetti hanno sviluppato una modesta sintomatologia respiratoria, risolta in alcuni giorni, mentre la maggior parte delle infezioni è stata di tipo completamente asintomatico.

In tutti i casi segnalati, inoltre, questi animali si sono infettati a causa del contatto stretto e prolungato con pazienti umani positivi e presentavano nei loro secreti ed escreti (tamponi nasali, orofaringei e feci) titoli virali molto bassi, considerati quindi non infettanti. Anche le prove di infezione sperimentale hanno confermato che il cane non ricopre assolutamente un ruolo epidemiologico nella pandemia.

Non tutti i cani infettati sperimentalmente si sono infettati e quelli che si sono infettati hanno sempre sviluppato infezioni asintomatiche con una bassa carica virale.

Invece, le prove di isolamento su colture cellulari (le uniche che possono dimostrare l’infettività del campione biologico) sono sempre risultate negative. Inoltre, non tutti i soggetti che sono risultati infetti hanno prodotto anticorpi specifici.

Lo studio scientifico rivela la verità.

Uno studio condotto dal Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari, in collaborazione con Università di Milano, Liverpool School of Tropical Medicine e laboratori diagnostici veterinari ( MyLav Laboratorio LaVallonea e i-Vet) ha dimostrato che alcuni cani e gatti, che vivevano nelle regioni maggiormente interessate dalla prima ondata pandemica, possedevano anticorpi specifici per SARS-CoV-2.

Nessuno degli animali testati era finora risultato positivo al test molecolare, per cui è ragionevole pensare che questi animali si siano infettati prima del campionamento.

La maggior parte degli animali positivi appartenevano a famiglie con casi di COVID-19.

Conclusioni.

Sia i casi di infezione naturale che le prove di infezione sperimentale documentano una scarsa sensibilità del cane nei confronti di SARS-CoV-2.

Al contempo lo “scagionano” in quanto i nostri amici hanno un ruolo epidemiologico del tutto inesistente.

Non esiste, ad oggi, un solo caso di trasmissione dal cane (o dal gatto). I cani, al massimo, sono “vittime” del contagio da parte dell’uomo e non untori.

Proprio per questo, come riporta greenme.it, secondo le linee guida scientifiche indicano che cani e gatti di famiglie positive devono essere “protetti” dal contagio.

Il consiglio è quello di farli accudire dai componenti della famiglia non infetti oppure da parenti o amici.

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