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Maria, OSS: “da marzo non riposo, non ce la faccio più, sono crollata due volte in reparto”.

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Oggi presentiamo la storia di Maria, OSS nel pubblico, ma per una agenzia interinale: “da marzo non riposo, non ce la faccio più, sono crollata due volte in reparto”.

La storia di Maria è quella dei tanti OSS dipendenti di agenzie interinali sfruttati e costretti a turni massacranti. Lei denuncia: “con la scusa del Coronavirus non mi fanno riposare da marzo, sono crollata più volte in reparto e ora non ce la faccio più; ho chiesto aiuto anche ai sindacati, ma mi hanno sbattuto la porta in faccia”.

Raccogliamo la sua storia e la pubblichiamo nel primo giorno dell’anno nuovo quale monito nei confronti di chi dirige le aziende sanitarie, pubbliche e private, perché smettano con le forme di sfruttamento ad oltranza. Se chi assiste lo deve fare in queste condizioni a rimetterci alla fine saranno anche i Pazienti.

Maria ha 38 anni, è mamma di 3 figli ed è vedova da anni. Non ha mai voluto risposarsi perché ancora innamorata del suo defunto consorte. Ma questo significa che deve lavorare e lavorare sodo per gestire la prole (tutti minorenni).

Un paio di anni fa quella che sembrava l’occasione della vita: un corso gratuito per diventare Operatrice Socio Sanitaria.

“Lavoro per una agenzia interinale, ma in una azienda sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale – ci spiega Maria – dopo il corso per diventare OSS ho subito trovato occupazione. Infatti sono in questo reparto di lungodegenza da circa 16 mesi e non mi hanno mai mandata via, come è accaduto purtroppo ad altre colleghe. Da marzo, con l’avvento della Pandemia da Coronavirus, non ho più vita, non ho più pace e non riesco a gestire come vorrei i miei 3 figli. Non ci danno i riposi, il personale manca, ci sono stati due focolai di Covid e noi dell’interinali facciamo da tappabuchi, ovvero ci fanno fare i turni nostri e anche quelli di chi manca; si ci pagano bene, a me i soldi servono, ma la saluta non ha prezzo; sono già crollata due volte in reparto, mi hanno portata in Pronto Soccorso, ma non mi sono voluta mettere in malattia, non posso rischiare di perdere questo lavoro”.

Maria lo dice tra i denti, è un po’ delusa perché si sente oppressa, sfruttata, utilizzata come un oggetto.

“Con il Coronavirus le dirigenze e la Coordinatrice Infermieristica si sono scordati che siamo umani, che chi fa questo lavoro non è una macchina, ma una persona – aggiunge Maria – prima o poi qualcuno di noi si farà male o avrà un collasso e poi si correrà ai ripari. Possibile che non ci sia la possibilità per lavorare in tranquillità e in sicurezza? possibile che i sindacati siano così collusi con chi comanda? possibile che io non debba farmi una mia vita fuori dall’ospedale perché troppo stanca per fare qualsiasi cosa? Scusatemi per lo sfogo, ma sono troppo sotto stress e probabilmente sono in burnout, ma nessuno mi aiuta; anche lo psicologo ha minimizzato la cosa, parlando di sindrome ansiosa da parte mia. Ma quale ansia, io sono stanca e prima o poi muoio d’infarto”.

Senza parole.

Leggi anche:

Il Burnout ai tempi del Covid-19.

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