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L’OSS non è un professionista sanitario. Il Consiglio di Stato boccia ricorso del Migep.

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Finalmente è chiaro. L’Operatore Socio Sanitario (OSS) non può essere annoverato tra le Professioni Sanitarie. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con la sentenza n. 308/2021. Migep perde altra causa.

La Federazione MIGEP ha perso l’ennesima disputa legale contro lo Stato Italiano. Dopo il no del TAR nel 2020, lo scorso 7 giugno è giunta la sentenza definitiva del Consiglio di Stato (n. 308/2021): gli Operatori Socio Sanitari non possono essere annoverati tra le Professioni Sanitarie.

E questo soprattutto perché per la loro formazione non hanno seguito un percorso universitario o comunque in iter unico nazionale riconosciuta dallo Stato.

La presa di posizione del MIGEP.

Dopo aver perso la causa al TAR Lazio il MIGEP ha proseguito con la sua battaglia per il riconoscimento del ruolo sanitario dell’OSS, ma si è dovuto cozzare bruscamente dapprima contro il muro innalzato dallo stesso Tribunale Amministrativo Regionale, e qualche giorno fa contro quello del Consiglio di Stato, che ha chiaramente stabilito che l’OSS non può essere definito alla stregua di un Medico, di un Infermiere, di una Ostetrica o di altri colleghi delle Professioni Sanitarie.

Il MIGEP si appellava a quanto indicato nell’art. 5 della Legge “Lorenzin”, ovvero la n.3 dell’11 gennaio 2018 (che istituiva gli Ordini degli Infermieri, delle Ostetriche e delle Professioni Sanitarie). In tale articolo si parlava di istituzione dell’area delle Professioni Socio-Sanitarie (in cui si citava l’OSS).

La tesi del MIGEP era semplice: il Ministero della Salute non ha attuato quanto previsto dalla norma, impedendo nei fatti agli Operatori Socio Sanitari di ottenere trattamenti economici e riconoscimenti professionali migliori. La stessa federazione guidata da Angelo Minghetti ricordava ai giudici che il Ministro aveva riconosciuto sì gli OSS, ma solo nel profilo degli operatori di interesse sanitario. Allo stesso modo di rivendicava la necessità di realizzare un percorso formativo unico a livello nazionale per la categoria.

La doccia fredda del Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato è emblematica. Il giudice ha stabilito che, secondo il quadro normativo attualmente in vigore in Italia, l’OSS non può essere assimilabile alle Professioni Sanitarie. Esso rimane a tutti gli effetti un operatore di interesse sanitario. Appartenere all’area socio-sanitaria non equivale ad essere, quindi, professionisti della salute. Per diventare tale occorre un percorso universitario e un riconoscimento ufficiale da parte dello Stato Italiano.

E se ciò non bastasse, il giudice ha chiarito bene che inserendo l’OSS tra le Professioni Sanitarie cozzerebbe con quanto stabilito con l’Accordo Stato-Regioni del 2001 (Profilo dell’Operatore Socio Sanitario) e che l’art. 5 della Legge 3/2018 è solo di natura ricognitiva.

La scelta obbligata degli OSS.

Pertanto si chiude definitivamente una battaglia che sembrava già persa in partenza. Gli OSS devono fermarsi a riflettere cosa vogliono fare in futuro e non possono che ripartire da:

  • formazione unica nazionale (tolta alle regioni);
  • percorso universitario o para-universitario partendo da una formazione di base idonea (maturità superiore);
  • creazione di un’unica struttura nazionale di rappresentanza;
  • albo nazionale degli Operatori Socio Sanitari (l’elenco degli OSS a livello regionale non serve praticamente a nulla).

Staremo a guardare cosa accadrà, al momento restano una marea di iniziative isolate e divise tra loro che non hanno portano a nessun risultato positivo.

Leggi anche:

Gli OSS non sono Professionisti Sanitari. Il TAR lo ribadisce per la seconda volta. Ma la sfida ricomincia.

MIGEP. Delusi dalla decisione del Parlamento di bocciare ruolo socio-sanitario per gli OSS.

Formazione Operatori Socio Sanitari: MIGEP chiede percorso univoco nazionale.

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