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Infermieri, OSS e Professioni Sanitarie in pensione a 63 anni per lavoro gravoso? E’ ancora una utopia.

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Proteste dei sindacati del Comparto Sanità. Infermieri, gli OSS e gli esponenti delle Professioni Sanitarie potranno andare in pensione a 63 anni per lavoro gravoso? Vedremo.

O lo si fa ora o non lo si fa più. I sindacati del Comparto Sanità premono sul Governo Draghi sulla necessità di riconoscere categoria maggiormente colpita da infortuni e malattie professionali quella degli operatori inseriti in questa specifica area contrattuale.

Il Comparto Sanità, composto da Infermieri, Infermieri Pediatrici, Ostetriche/i, Operatori Socio Sanitari, Professioni Sanitarie e da altre figure tecniche e professionali, soprattutto durante le fasi più impegnative della Pandemia Covid, ha subito un gran numero di contagiati dal Coronavirus e decessi (dati Inail).

Chi prima, chi dopo, tutti i sindacati hanno chiesto al Governo di Mario Draghi e ai suoi Ministri competenti il riconoscimento di “lavoro gravoso” per:

  • le professioni sanitarie infermieristiche
  • le professioni sanitarie ostetriche;
  • le professioni sanitarie riabilitative;
  • le professioni sanitarie-tecniche della prevenzione;
  • le professioni servizi sociali;
  • le professioni tecnico-sanitarie area tecnico di diagnostica radiologica e di laboratorio analisi cliniche;
  • il personale dell’area socio sanitaria assistenziale e di emergenza (OSS, autisti-soccorritori, soccorritori, ecc.).

A quanto si è capito il Governo sarebbe indirizzato a riconoscere il Diritto alla cosiddetta Ape Sociale, e quindi al pensionamento a 63 anni dei soli Infermieri e delle sole Ostetriche operanti in strutture ospedaliere, sempre che lavorino su turni di 24 ore e abbiano svolto negli ultimi sei anni lavoro notturno da un minimo di 64 notti a 72 notti, avendo totalizzato ben 36 anni di contributi.

Cos’è l’APE Sociale?

L’Ape, acronimo di “anticipo pensionistico”, può essere richiesto dai disoccupati senza più strumenti di sostegno e dai caregiver famigliari con almeno 63 anni d’età e 30 di contribuzione. E permette ad alcune categorie ritenute usuranti di accedere alla pensione in tempi più rapidi rispetto a quelli previsti dalla norma generale. In sostanza, chi ha compiuto 63 anni e ne ha almeno 36 di contributi può anticipare l’uscita dal lavoro con un’indennità mensile che viene corrisposta fino all’età della pensione vera e propria. Esempio: se un cittadino può andare in pensione a 67 anni e rientra nelle categorie usuranti, può lasciare il lavoro a 63, prendendo l’indennità fino al compimento del 67esimo anno, quando poi percepirà la pensione di vecchiaia.

Ma è un vero pensionamento?

Non si tratta in senso stretto di un pensionamento all’età di 63 anni. In sostanza, si riceve un’indennità sostitutiva pari alla pensione maturata fino a quel momento, senza penalizzazioni particolari, in quanto è lo Stato a farsi carico dei costi. L’indennità erogata dall’Inps e corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, in caso di iscrizione a un’unica gestione, è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione – se inferiore a 1.500 euro – o pari a 1.500 euro se la pensione è pari o maggiore di questo importo. L’importo dell’indennità di Ape sociale non è rivalutato né integrato al trattamento minimo. Quindi massimo 1.500 euro mensili.

Nel caso di soggetto con contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo presso più gestioni, tra quelle interessate dall’Ape sociale, il calcolo della rata mensile di pensione è effettuato “pro quota” per ciascuna gestione in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento. Durante il godimento dell’indennità non spetta contribuzione figurativa. Il trattamento di Ape sociale cessa in caso di decesso del titolare e non è reversibile ai superstiti. Ai beneficiari non spettano gli assegni al nucleo familiare. Si tratta di una misura sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017, la cui scadenza è stata prorogata più volte, l’ultima fino al 31 dicembre 2021. Ora, come detto, si ragiona su una nuova proroga e su un allargamento della platea di beneficiari.

Chi può accedere all’APE Sociale?

Chi accede oggi all’Ape sociale e quali sono i lavori gravosi – Come riporta l’Inps, l’anticipo pensionistico sociale spetta ai lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla gestione separata, i quali:

  1. si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno 3 mesi e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  2. assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  3. hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  4. sono lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità contributiva e che abbiano svolto da almeno sette anni negli ultimi dieci, ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, una o più attività cosiddette gravose.

I requisiti contributivi richiesti sono ridotti, per le donne, di 12 mesi per ogni figlio, nel limite massimo di due anni. Per i lavoratori impegnati in attività gravose il requisito contributivo sale invece a 36 anni.

L’attuale lista dei lavori gravosi è stata stilata in base ai criteri Inail che applicano ai mestieri del mansionario Istat tre indici: frequenza degli infortuni rispetto alla media, numero di giornate medie di assenza per infortunio, numero di giornate medie di assenza per malattia.

Dell’elenco di 15 mansioni gravose attualmente riconosciute ai fini dell’accesso all’Ape fanno parte:

  • operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
  • conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
  • conciatori di pelli e di pellicce;
  • conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
  • conduttori di mezzi pesanti e camion;
  • personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
  • addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
  • insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido;
  • facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
  • personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
  • operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
  • operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;
  • pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
  • lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67;
  • marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.

Pochi in pensione.

Insomma, potrebbero andare in pensione solo in pochi, a discapito di chi per anni ha comunque lavorato in maniera massacrante, coprendo ripetutamente i turni dei colleghi assenti e prendendo parte ad un sistema della turnazione che spesso si presentava e si presente avvilente non solo per le professioni in sé, quanto per l’umano che c’è dietro ad ognuna di essa.

Vedremo cosa accadrà. Intanto poche sigle sindacali continuano ad occuparsi della questione, con quelle più blasonate che continuano a confondere politica con ruoli sindacali. E ci fermiamo qua.

Leggi anche:

La professione infermieristica non è “usurante”, De Palma (Nursing Up): «Intervenga il Ministro Orlando!».

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