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E’ ufficiale. In Lombardia nasce il vice-Infermiere o Super-OSS. Il Migep resta contrario.

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Continuano le proteste della Federazione MIGEP nei confronti del progetto sperimentale che ha portato alla nascita in Lombardia del Vice-Infermiere, conosciuto anche come Super-OSS.

All’incontro dell’altro giorno in Regione, per fare il punto della situazione e cercare di avviarsi in maniera unitaria verso tale scelta, erano presenti i rappresentanti degli OPI lombardi, delle aziende sanitarie pubbliche e private, delle cooperative della parte politica e dei pazienti. Presente anche il MIGEP con il residente Angelo Minghetti.

La lettera di MIGEP in dissenso con il Progetto sperimentazione percorso formazione complementare in assistenza sanitaria dell’operatore socio sanitario.

Premessa: sono prime impressioni molto “a caldo”.

Se da una parte non ci sono preclusioni sul fatto che l’OSS possa e debba ampliare ed evolvere la sua Professione e Professionalità, rimane senza dubbio preoccupante la modalità e gli scenari che si vanno aprendo riguardo a questa figura di “Super-OSS che non sarebbe altro che il Super infermiere generico”.

Premesso, che è ben risaputa che nell’ambito privato (Coop Sociali o strutture private) la carenza di OSS e di infermieri è arrivata a livelli allarmanti, tanto da mettere a rischio l’assistenza degli ospiti, e già ci troviamo nella condizione in cui, molto spesso, trova gli oss costretti a fare doppi turni per coprire i servizi.

Nella lettura della bozza si evince a chiare lettere che l’oss sostituirà l’infermiere con responsabilità da essere costantemente davanti al giudice per abuso di professione. Si prospetta la possibilità di porre a capo degli oss le regole del 7 g – 8 g – 5 g.
Nella precedente riunione abbiamo rilavato una superficialità e leggerezza nell’esporre la somministrazione della terapia che dovrebbe eseguire l’operatore sociosanitario. Le regole del “7G – 8 G – 5 G” che consta in una serie di precauzioni per eliminare possibilità di errori, ed è a capo dell’infermiere, e non può essere applicata ad una figura che ancor oggi non ha un ruolo e una definizione chiara di che cos’è.
“La somministrazione della terapia è un processo complicato, viene regolamentata dal dlgs 24 aprile 2006 n 219, che è composto da più fasi (approvvigionamento, immagazzinamento, conservazione, prescrizione, preparazione, distribuzione, somministrazione e monitoraggio). In ciascuna fase si possono verificare errori che possono mettere in pericolo la sicurezza del paziente.”. Il decreto del Ministero della Salute del 14 marzo 1994 n.739 specifica al terzo comma dell’art.1 che compete all’infermiere la “corretta applicazione delle prescrizioni diagnostiche- terapeutiche”.

Viene affermato: “sotto la supervisione dell’infermiere”, e come accade di solito dopo un po’ passerà tutto nelle mani dell’oss, questa è una situazione da attenzione.
L’evoluzione della figura dell’Operatore socio sanitario OSS è doverosa, necessaria e non differibile, ma con forza sosteniamo che questo non debba essere fatto a scapito degli OSS stessi, e per questo siamo totalmente contrari a un percorso di questo genere per le varie implicazioni di ordine organizzativo-deontologico-contrattuale e per le ricadute generali che potrebbero derivarne (anche penali e civili). Ci pare evidente che si utilizza il momento disastroso (dal punto di vista della carenza di personale infermieristico che comunque si è sempre denunciato ma non si è mai voluto risolvere) per cogliere l’occasione da parte delle grandi strutture (spesso anche multinazionali nel settore RSA RSD) risolvendo questa problematica a costi nulli per loro ma anzi guadagnandoci.

1. “unità di offerta sociosanitarie autorizzate e accreditate della rete residenziale e diurna territoriale (RSA, RSD, CSS, SRM, CDD, CDI)”. Di chi si parla: (bisogna verificare per portare dei numeri precisi) ma ad occhio si parla soprattutto di realtà del privato – privato sociale e comunque presumo con contratti lavorativi per gli OSS che rientreranno in quella fattispecie che già oggi non è delle migliori (tipo UNEBA, AIOP o Cooperative sociali). Ci pare che non si parli minimamente di riconoscimenti né economici né organizzativi. Questi due aspetti devono essere risolti prima di una eventuale approvazione.

2. “l’attivazione/accreditamento di un percorso di formazione per infermieri referenti per l’inserimento di O.S.S. con formazione complementare in assistenza sanitarie in strutture residenziali semiresidenziali per anziani e per persone con disabilità”. E’ ovvio che questo è il “contentino” per la FNOPI in particolare per tenerli buoni e, anzi, coinvolgerli. Chi e che cosa gestirà questi percorsi di formazione (altro business che potrebbe nascere)? Secondo noi bisogna capire (gestiti direttamente dalla regione?). In caso contrario chi controlla? Quanto costeranno? Chi paga (le realtà lavorative o i singoli discenti)? Quali sono i fabbisogni (c’è o no programmazione o si lascia “al mercato)?

3. “Nel corso della sua attuazione ne sarà garantito il costante monitoraggio, anche attraverso la definizione di specifici strumenti di misurazione quali quantitativa dei risultati raggiunti.”. Tutti i “monitoraggi” e la “misurazione dei risultati” delle sperimentazioni regionali in Lombardia non c’è mai stata realmente. Di fatto a un certo punto si comunicava semplicemente che la sperimentazione si era conclusa positivamente (senza comunicare alcun dato) e pertanto si cristallizzava la situazione. Dati gli interessi in gioco non crediamo che le modalità cambieranno. Si chiede di conoscere e di essere coinvolti nella definizione degli indicatori (misurazione quali? quantitativa di cosa? E come?), delle scadenze precise e la totale trasparenza dei dati rilevati.

4. “L’eventuale definizione a livello nazionale di percorsi evolutivi della figura dell’O.S.S. comporterà il riassorbimento del presente progetto sperimentale.” E dal punto di vista normativo che fine faranno, in quel caso, chi ha seguito quei corsi?

5. “La formazione di tutto il percorso prevede una durata quadrimestrale suddivisa in due mesi di lezioni teoriche (150 ore), due mesi di tirocinio (150 ore di cui minimo 50 ore fuori orario di servizio, registrate e controfirmate dall’infermiere formato), che possono essere sequenziali o sovrapponibili.”. In pratica, da quello che possiamo capire, che la regione non solo pensa di formare nuove figure in solo 2 mesi di formazione ma anche il “tirocinio” sarà praticamente tutto “fuori servizio”, e perciò gratuito, mantenendo peraltro la forza lavoro nelle strutture. È inconcepibile. Il periodo della formazione teorica sarà anche quello fuori servizio? Come verrà riconosciuto?

6. “L’accesso alla formazione avviene su segnalazione dei nominativi da parte delle strutture, è definito il requisito della conoscenza livello B2 della lingua italiana per il personale straniero.”. Perciò ogni struttura individuerà le persone che potranno seguire questo percorso (su quali basi? Bisogna che vengano determinati pubblicamente i requisiti per evitare che tale scelta determini ulteriori problemi organizzativi interni).

6. “Gli enti gestori delle unità di offerta accreditate e rientranti nel perimetro del progetto sperimentale si rivolgono agli enti accreditati alla Formazione chiedendo l’erogazione del corso utilizzando l’elenco degli accreditati alla formazione che erogano già i corsi per OSS.”. Chi sono questi enti accreditati alla formazione? Su quali indicatori sono accreditati? Potranno accreditarsi anche dopo l’approvazione di questa normativa? Vorremmo capire (gestiti direttamente dalla regione?). In caso contrario chi controlla? Quanto costeranno? Chi paga (le realtà lavorative o i singoli discenti)? Quali sono i fabbisogni (c’è o no programmazione o si lascia “al mercato)?

7. In quale ambito ricadranno queste nuove figure? Sanitario? Socio-sanitario? Altro?

Come dichiarato dal Sottosegretario Costa durante l’ultimo Question Time: la legge 3/18 non avendo attribuito allo stesso lo status giuridico di professione sanitaria; “L’Operatore Socio Sanitario è sprovvisto delle caratteristiche della professione sanitaria, per mancanza di autonomia e per la formazione conseguente a corsi regionali e non Universitari…” non può essere riconosciuto nell’area socio sanitaria, viene di fatto configurato come categoria di operatore di interesse sanitario art 1 comma 2 legge 43/2006, senza menzionare il ruolo sociosanitario che va a compensare il vuoto legislativo della legge 3/18.

Allora ci chiediamo “OSS” non è da considerarsi SANITARI, Non è da considerarsi nel ruolo socio sanitario, non è da considerarsi nell’area socio sanitaria, la definizione “figura di interesse sanitario” non dice nulla!!! che cos’è? Ma, per sopperire alle carenze degli Infermieri, li consideriamo tali? E li teniamo nell’area tecnica? sempre e comunque per un tornaconto del sistema?

8. Per gli infermieri è prevista l’obbligatorietà degli ECM? (almeno per avere un minimo di aggiornamento professionale). E per queste nuove figure quale sarà il percorso di aggiornamento? Con quali istituti? Ancora come “tirocinio fuori orario lavorativo”?

Non ci addentriamo nella programmazione delle attività formative ma, vogliamo solo sottolineare alcune cose:

– A giudicare dall’impostazione parrebbe che ogni realtà potrà organizzarsi “in casa” il proprio corsettino di creazione delle nuove figure (infatti, come mai si identifica come docente l’infermiere con un minimo di 3 anni di esperienza clinica aggiungendo solo come “preferenziale” il possesso di altri “titoli”? Evitiamo poi di parlare di questi titoli che hanno già aperto un altro mercato parallelo. In ogni caso questa può essere la valvola di sfogo per la miriade di master che sono spuntati come funghi in questi anni nelle più varie “specialità”. Senza dubbio per la FNOPI questa può essere una valvola di sfogo, ma porta a non avere più infermieri nelle strutture assistenziali. Utilizzare altre categorie per raggiungere livelli apicali come hanno fatto con gli infermieri generici e puericultrici legge 42/99 e da scorrettezza in quanto non si può schiacciare altre professioni per il proprio torna conto.

– Ciò che ci preoccupa di più è la parte relativa alla attribuzione/delega/responsabilità. Cosa verrà insegnato? Sarà definito a livello centrale? Quale livello di delega sarà possibile? Quali saranno i limiti della responsabilità? Un oss fc potrà firmare il foglio di terapia? Ne avrà le competenze? Come sarà fatta la riorganizzazione del lavoro in équipe all’interno dei servizi? Come sarà retribuito l’oss fc? La formazione che sarà elargita, sarà adeguata? Questo è un argomento fondamentale per le varie pendenze che senza dubbio discenderanno.

Perché non si prende esempio dalla documentazione che abbiamo prodotto ai componenti del tavolo di lavoro che si è svolto il 22 giugno a Roma, (proposta di legge della Boldrini, analisi sulla nuova figura presentato sul tavolo tecnico Ministero – Regioni nel 2012, bozza sulla revisione della formazione elaborata tra fnopi e migep, documento del 2012 a firma di molti attori sul tavolo tecnico ministero e regioni, perché non partiamo da li, per proseguire con proposte e analisi per un percorso più lineare e soprattutto istituzionale. Sono proposte nate su dei tavoli tecnici di lavoro.

Ringraziamo i componenti del tavolo tecnico, anche se è una piccola goccia nel mare, di aver accolto la nostra richiesta di riconoscere il ruolo dell’oss nelle carceri inserendolo nel bozza sulla nuova formazione OSS. Anche qui c’è da dire molto. Il testo in esame, non apporta nessuna miglioria al profilo dell’operatore socio sanitario, lasciando inalterate le dinamiche fin qui adottate dal lontano 2001.(Formazione, durata, requisiti accesso….) non si fa riferimento al ruolo socio sanitario degli OSS, inoltre, si nota una discrepanza tra quello affermato dal Sottosegretario Costa e la nuova bozza e quello che intende improntare la Regione Veneto e la Regione Lombardia.

E’ incredibile pensare a quale prezzo? Con quale rischio? Cosa succederà poi? Ci saranno i super-OSS che non saranno più impegnati nell’assistenza? Ci sarà un maggiore aggravio di lavoro sui normali OSS? E dal punto di vista responsabilità? Cosa succederà se qualche Super-OSS dovesse essere chiamato in giudizio per un danno ad un utente per azioni infermieristiche? Sarà chiamato a rispondere di abuso della professione? Non essendo considerato sanitario e non avendo pertanto l’obbligo (come Infermieri e Medici) di una polizza assicurativa di responsabilità civile, pagherà di tasca sua? Questa figura rimane limitata nell’ambito del socio-sanitario o dilagherà anche nelle strutture pubbliche e in ogni dove?

Sono tanti, troppi i dubbi legittimi in merito a questa “nascita” Se, davvero, si vuole fare crescere gli OSS, allora bisogna sedersi intorno ad un tavolo, aprendo un Osservatorio Nazionale e Regionale e analizzare concretamente e seriamente il profilo professionale dell’operatore socio sanitario.

Ripeto, sono prime impressioni molto “a caldo”.

Federazione Migep OSS
Angelo Minghetti

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