Nurse24 | Sposato (Opi): “In Calabria mancano 2mila infermieri, i giovani sono la risorsa per la sanità”.
Il presidente dell’Opi di Cosenza, Fausto Sposato, lancia l’allarme sulla carenza di personale e sottolinea il ruolo cruciale della formazione e dell’investimento sui professionisti sanitari.
La sanità calabrese si trova ad affrontare una sfida monumentale: la carenza di circa 2.000 infermieri. Un dato allarmante, se si considera che a livello nazionale mancano ben 60.000 professionisti. È quanto emerge dalle parole di Fausto Sposato, segretario regionale dell’Opi (Ordine delle Professioni Infermieristiche), ospite di “Dentro la Notizia”.
Secondo Sposato, il problema non è solo numerico, ma strutturale. Spesso si pretendono risultati eccellenti con una dotazione minima di personale, e l’assenza di figure di supporto, come gli OSS, costringe gli infermieri a coprire mansioni aggiuntive, a discapito del benessere dei pazienti.
Nel corso dell’intervista, Sposato ha toccato un tema purtroppo sempre più attuale: le aggressioni in corsia. Il segretario ha ribadito l’assoluta inaccettabilità di tali episodi, sottolineando come la sanità debba basarsi su un approccio multidisciplinare e multiprofessionale, dove il “qui comando io” non deve esistere.
La fine del commissariamento della sanità calabrese segna, secondo Sposato, la fine di una fase di precarietà, con la Calabria che ha mostrato miglioramenti nella graduatoria dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Tuttavia, è fondamentale investire sul territorio, riempiendo le Case di Comunità e le Case della Salute con risorse umane e professionali adeguate.
In questo contesto, l’arrivo di medici cubani è visto positivamente: “Un professionista è sempre un professionista”. Ma è altrettanto cruciale garantire la giusta gratificazione economica al personale, con un contratto scaduto nel 2024 che necessita di urgenti aggiornamenti e incentivi.
Nonostante le sfide, le professioni sanitarie mantengono un forte appeal. I percorsi formativi, come il corso di laurea in Scienze Infermieristiche all’Unical, registrano un’alta adesione e risultati positivi. La qualità della formazione in Calabria è eccellente, e ora si attende di capire l’impatto dello stop al numero chiuso.
Sposato ha sottolineato un punto chiave: i giovani infermieri calabresi “potrebbero rimanere, ma ci devono essere le condizioni per farli restare”. Investire sui giovani che lavorano in Calabria è un investimento per la regione stessa, e la politica deve farsi promotrice di un filo conduttore che leghi università, aziende sanitarie e ordini professionali. “I giovani sono una risorsa per i pazienti”, ha concluso.
L’introduzione di “Azienda Zero” è vista come una potenziale soluzione per una gestione più efficiente del personale e delle emergenze. L’auspicio è che possa funzionare con il potere che le è stato assegnato.
Per superare la “sanità a macchia di leopardo”, è indispensabile mettere a sistema l’intero sistema sanitario regionale. L’obiettivo è evitare che i pazienti siano costretti a rivolgersi fuori regione per le prestazioni.
Un ruolo cruciale è quello della medicina territoriale. Una sua riorganizzazione eviterebbe l’ospedalizzazione inappropriata del 70% dei codici, che potrebbero essere gestiti a domicilio. Gli ospedali di comunità e territoriali, con personale specializzato (come gli infermieri di famiglia e comunità, formati anche grazie al primo master in Calabria), possono garantire la continuità dei percorsi terapeutici.
Le prospettive future richiedono coraggio e una rimodulazione del sistema. Sposato ha evidenziato la presenza di “ospedali fotocopia” in aree come Corigliano-Rossano e Paola-Cetraro.
Il futuro della sanità, per Sposato, è chiaro: “Lo immagino con meno malati, non con più ospedali“. Questo significherebbe un servizio territoriale funzionante, un’efficace prevenzione e screening, ambiti in cui gli infermieri possono rivestire un ruolo decisivo.
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