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giovedì, Marzo 28, 2024
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Medici, Infermieri e Pazienti dicono no al regionalismo differenziato del SSN.

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Medici, Infermieri e Pazienti dicono no al regionalismo differenziato del SSN.

In preparazione una lettera per il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte 

Il regionalismo differenziato preoccupa anche i pazienti. È quanto è emerso oggi da una riunione dei rappresentanti delle principali associazioni con quelli delle Federazioni degli Ordini di Medici e Infermieri, avvenuta a Roma presso la sede della Fnomceo. In particolare, le perplessità dei cittadini, condivise dai professionisti, si concentrano sul fatto che le intese sulle autonomie regionali costituirebbero una riforma imposta dall’alto, senza confrontarsi con i fruitori e con gli erogatori dei servizi.

“È fondamentale che tutti i cittadini siano informati sui potenziali effetti di una autonomia differenziata – ha affermato Francesca Moccia, Vice Segretario Generale di Cittadinanzattiva – Da anni, attraverso i nostri Rapporti denunciamo l’aumento delle differenze territoriali nell’accesso e qualità delle cure. Una autonomia differenziata senza garanzie non farebbe altro che acuire queste disparità. Proprio per questo, anche in collaborazione con la Fnomceo e decine di altre realtà, abbiamo proposto una modifica dell’articolo 117 della Costituzione (www.diffondilasalute.it), che introducendo il concetto di tutela della salute dell’individuo rappresenterebbe uno strumento efficace per riequilibrare le differenze e riconoscere che il diritto alla salute deve esser garantito ugualmente su tutto il territorio nazionale”.

“L’obiettivo di chi lavora in sanità è quello di abbattere il più possibile l’incidenza e gli effetti delle malattie – ha esordito il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli – Se un sistema riesce, impiegando poche risorse, a dare ottimi risultati di salute è un sistema buono, che va salvaguardato e valorizzato, non smantellato. L’Italia spende meno rispetto a molti altri Paesi per il suo Servizio sanitario eppure è, per longevità e buona salute dei suoi abitanti, in cima a tutte le classifiche”.

“Siamo seriamente preoccupati che, in un sistema con autonomie troppo spinte, solo poche Regioni riescano a mantenere un servizio sanitario pubblico – ha continuato Anelli -. Le altre, quelle che non ce la faranno, dovranno vicariare con le assicurazioni, con sistemi privati. Ma questo aumenterà le disuguaglianze tra cittadini, tra chi potrà permettersi l’assistenza migliore e chi dovrà rinunciare. Il rischio, in altre parole, è quello di tornare, in alcune Regioni, a prima del 1978. A noi questo scenario non piace”.

“Occorre mettere in primo piano gli obiettivi di salute – ha detto all’incontro Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) – favorire concretamente la partecipazione dei cittadini e mettere i professionisti nelle migliori condizioni di perseguire tali obiettivi: fino ad oggi nessuna di queste componenti essenziali dell’assistenza sanitaria è stata coinvolta nel processo di regionalismo”.

Secondo Aceti “bene sarebbe prima di procedere oltre, che il Governo elaborasse un’analisi rischi/benefici delle proposte di autonomia differenziata presentate dalle Regioni per misurare l’impatto di queste riforme sulla finanza pubblica, sulla tenuta di tutti i servizi sanitari regionali, sulla mobilità interregionale, sul ruolo di garante dei Livelli Essenziali di Assistenza del livello centrale, sui diritti dei pazienti e sull’equità dell’assistenza”.

Per portare le loro istanze all’attenzione del Governo, e per chiedere di avviare un confronto condiviso, la Fnomceo, la Fnopi, Cittadinanzattiva, insieme al suo Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici, e a tutte le associazioni di pazienti e cittadini che vorranno aderire all’iniziativa, scriveranno, la prossima settimana, una lettera aperta al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

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