Terra dei fuochi: Una testimonianza molto cruda rilasciata in esclusiva da un infermiere del casertano che vive ogni giorno la realtà della terra dei fuochi.
Per ovvi motivi di sicurezza non riveleremo niente dell’infermiere in questione ne del suo lavoro. Per questo l’intera intervista non verrà mai citato il nome, senza aggiunta di nomi di fantasia, perchè ognuno di noi si senta un pò lui.
Come spiegheresti cosa sia la terra dei fuochi agli altri Italiani?
La terra dei fuochi è la discarica della camorra e di quella parte dello Stato Italiano che lo acconsente. E’ quella provincia a cavallo tra Napoli e Caserta dove si gettano i rifiuti tossici. Gli si dà fuoco, li si mette sotto terra, li si butta nei pozzi d’acqua. E’ l’inferno, dove stiamo in migliaia di migliaia.
Siamo persone ancor prima che infermieri. Cosa vuol dire vivere in questa terra?
Molti fanno finta di niente, dei rifiuti e del resto non ne parliamo al bar. Nelle case lo sappiamo e la paura è tanta. Non ci sta niente, sintomo o segno, che non ci faccia pensare a un tumore. E non è ipocondria ma i troppi esempio in famiglia, nel quartiere e sul lavoro.
Siamo morti, messi in conto dalla poca volontà di estirpare il problema.
Siamo già morti ma abbiamo da capire come e quando.
In famiglia mia ci stanno tutti con problemi: chi alla tiroide, chi ha emofilia, chi ha tumori benigni. Mio padre ha avuto un linfoma di hodgkin due anni fa e non ce l’ha fatta.
I miei figli li ho fatti andare con la madre al nord, dove ci sono i parenti di lei. Li vado a trovare appena posso, tutti i mesi comunque. Sto aspettando un trasferimento o mobilità e sono tornato a fare concorsi dopo anni. Andarsene è il minimo da questa terra che vive di ceneri e soldi sporchi.
Essere infermiere nella terra dei fuochi. Puoi parlarcene?
Li vedi i tumori, li senti raccontare, tutti i pazienti ne hanno uno entro i parenti di terzo o anche quarto grado. Fanno tante domande, chiedono cosa possono fare, hanno paura. Io li capisco.
Molti colleghi negli ultimi anni si sono trasferiti in altri ospedali e si sono portati dietro la famiglia. Nel frattempo devi lavorare e continuare a essere professionale ma quando trovi una signora anziana o una ragazza, un giovane uomo, un padre di famiglia che sono in cura per un brutto male la rabbia ti viene. E anche la voglia di scappare.
Ringraziamo il collega. Speriamo che qualcosa cambi davvero.