Uno Studente di Infermieristica italiano si trova a Mariupol in Ucraina per curare i feriti e indossare un fucile contro i Russi. E ora rischia il penale in Italia.
Ha 20 anni Marco, nome di fantasia, e da qualche giorno fa l’Infermiere (pur non avendo la Laurea) in Ucraina. E non è tutto, quando è necessario indossa e impugna anche il fucile per difendersi e difendere i suoi assistiti. Studia Infermieristica in italia. Quando non cura indossa un AK 47 e spara ai russi.
E’ consapevole di ciò che oggi la Farnesina ha ricordato sconsigliando agli italiani di recarsi in Ucraina a combattere, ovvero che tale condotta possa essere considerate penalmente rilevanti ai sensi della normativa vigente (artt. 244 e 288 del codice penale). La sua storia è stata raccontata dall’ANSA e fatta propria da Il Mattino.
La Farnesina blocca i foreign fighters italiani in Ucraina: «Condotta penalmente rilevante».
«Mi trovo a Mariupol – spiega all’ANSA, con i secondi contati – e sono venuto qui con un autobus per fare l’infermiere perché studio infermeria. Ma qui servono uomini in grado di combattere e quindi mi sono ritrovato con un fucile in mano anche io, sono in prima linea: ho sparato e colpito diverse persone, non so sinceramente che fine abbiano fatto. Spesso chi è colpito riesce ad allontanarsi come se niente fosse ma poi muore poco dopo, accasciandosi a terra. Ho assistito più di una volta a scene come questa. Servono uomini specializzati, uomini del settore, non persone che facevano fino a un mese fa il fornaio o l’impiegato, i russi sono militari esperti. Chi è venuto qui in Ucraina invece è spesso come me, ha 20 anni e non ha mai imbracciato un’arma».
Marco combatte a Mariupol.
Marco è a Mariupol da due settimane, e non pensava che avrebbe combattuto anche lui: «Gli ucraini si stanno difendendo da soli, è inutile fornire armi se non si forniscono anche gli uomini in grado di saperle maneggiare. Questa guerra è basata su un attacco ingiustificato da parte della Russia, non si può stare a guardare, perché ci sono da difendere bambini, donne e anziani, molti dei quali stanno morendo sotto le bombe. Sappiamo di prigionieri sgozzati, la situazione è davvero grave».
Parla poco perché ha paura.
I cinque minuti a disposizione di Marco sono quasi terminati ma lui ci tiene a far sapere di aver assistito a qualcosa che resterà per sempre impresso nella sua mente: «Qui vicino c’è un corridoio umanitario, per questo arrivano molti civili che vengono portati in Russia; tanti decidono quindi di restare qui. È un’area in cui è vietato sparare, anche noi dobbiamo stare attenti, eppure pochi giorni fa un colpo di mortaio è arrivato in questo settore colpendo in pieno una macchina. Dentro c’erano dei bambini, sono morti carbonizzati. Abbiamo visto le sagome piccole, è stato agghiacciante, e non abbiamo potuto far altro che constatare la loro morte».
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