E’ polemica in Toscana per la proposta del sindaco di Cecina, Samuele Lippi, di far eseguire i tamponi Covid ad Operatori Socio Sanitari e a personale volontario del Servizio 118.
Affidare a personale non sanitario e volontario il compito di eseguire i tamponi rapidi per individuare infezioni da Coronavirus. E’ la proposta indecente del primo cittadino di Cecina, Samuele Lippi, che vorrebbe affidare questo compito ad Operatori Socio Sanitari (OSS) e volontari del Servizio 118, opportunamente preparati e sotto la supervisione di un Infermiere.
“Consentire agli operatori socio sanitari e ai volontari specializzati del 118, dietro adeguata formazione, di poter effettuare i tamponi, perlomeno quelli di massa (…); consentire che un Infermiere possa supervisionare le attività degli Oss e validare i test del Covid, visto che la maggioranza delle persone se lo fa in casa e non ci vuole uno scienziato per poter leggere una o due linee”. Questa in sintesi la proposta di Lippi avanzata al governatore della Regione Toscana Eugenio Giani.

“Non è comprensibile e tantomeno accettabile che in un momento di emergenza nazionale non si utilizzino tutti gli strumenti a disposizione per poter gestire questa urgenza». Secondo Lippi è arrivato «il momento di superare l’ostruzionismo sulle competenze per svolgere i tamponi, sia per la quantità di professionisti a disposizione, sia a causa del virus che colpisce molti operatori e che comporta una carenza di personale infermieristico negli ospedali” – aggiunge il primo cittadino di Cecina.
E non è tutto: “occorre superare l’ipocrisia del contratto di lavoro degli Infermieri e consentire anche a loro di poter lavorare al di fuori dell’attività ospedaliera, in particolare nelle abitazioni, tenuto conto della professionalità che hanno acquisito, fornendo così un servizio che oggi è scoperto. Non comprensibile il motivo per cui ai medici sia consentito di esercitare la libera professione, ma agli infermieri no”.
Non si ferma qua il primo cittadino, che più avanti nel documento inviato a Giani ricorda che all’inizio della pandemia “i tamponi erano un miraggio, i protocolli erano rigidissimi e molto spesso non riuscivamo a farli se non in casi eccezionali. Col tempo il monitoraggio è diventato sempre più diffuso, di fatti in Italia si fanno oltre un milione di tamponi al giorno aggiungendo a quelli molecolari dei lavoratori sanitari anche quelli antigenici veloci che vengono tranquillamente venduti nei supermercati e negozi di cinesi. Partendo da alcune riflessioni già portate all’attenzione dal governo, credo che sia arrivato il momento di superare l’ostruzionismo sulle competenze (…). Basta con le ipocrisie dato che abbiamo usato medici Usca, non laureati, per fare controlli in casa. Pertanto, credo che questi tre punti vadano affrontati seriamente visto il momento particolare che stiamo vivendo. Chiedo al presidente della Regione Giani di attivarsi in questo senso e valutare queste ipotesi, vista la sua sensibilità”.