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Si é appena conclusa, la tre giorni della Maratona per il patto della Salute. Parla Carbone (FIALS).

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Tre giornate per ascoltare i protagonisti della Sanità con l’intento (speriamo) di dare il via ad un patto condiviso.

A presiedere la prima sessione del mattino nella sede centrale del Ministero di viale Ribotta, il sottosegretario Armando Bartolazzi e Giuseppe Amato capo della segreteria tecnica del Ministro. Tantissimi i relatori e molte le richieste di cambiamento in favore di una sanità pubblica migliore. A portare il proprio contributo anche FIALS con un documento dettagliato consegnato al Ministero.

“Le risorse umane sono la prima leva per garantire l’appropriata erogazione dei LEA e la sicurezza e la qualitàdelle cure recita il primo comma dell’art. 5 della bozza del Patto per la Salute e questa éla vera premessa per un Patto per la Salute. Una premessa che non va dimenticata e che deve guidare le scelte politiche dei prossimi anni” – così ha aperto il suo intervento Mimma Sternativo in rappresentanza della Segreteria Nazionale FIALS.

“Senza dubbio éun articolato molto intenso, ma fortemente incentrato sulla sola valorizzazione della dirigenza medica, tant’é che si fa riferimento alle professioni sanitarie solo nelle poche righe del c 7. Nessun riferimento alla carenza di organico delle professioni sanitarie, soprattutto infermieristiche e alla loro valorizzazione oltre il tema degli incarichi. Tema tra l’altro che necessita di una norma ponte per l’effettiva realizzazione.”

Tanti i temi toccati dalla Fials: dalla definizione del fabbisogno del personale da farsi in stretta collaborazione tra ordini professionali, Regioni e organizzazioni sindacali e in tempi ben definiti, alla lotta del precariato in sanitàfino alla valorizzazione delle professioni sanitarie ” non vi éalcuna motivazione, tanto da apparire incostituzionale, la differenza legislativa esistente tra professioni mediche e professioni sanitarie nell’esercizio della libera professione e nell’indennità di esclusività. Negati anche a paritàdi Dirigenza”.

E non manca il riferimento alla presa in carico sul territorio, ancora troppo carente in diverse regioni d’Italia: ” l’obiettivo dell’art.10 per la presa in carico nel percorso di cura non può e non deve rimanere incompiuto,  e potrà essere raggiunto solo attraverso lo sviluppo di aggregazione di equìpe multiprofessionali e multidisciplinari.”

“Auspichiamo che alla fine di questa Maratona, a vincere sia davvero il cittadino affinchépossa vedersi riconosciuto il Diritto alla Salute, esigibile in egual modo in tutto il territorio nazionale, come prevede la Costituzione, tramite l’accesso, in tempi rapidi e certi, a servizi e a prestazioni di qualità, stabiliti nei Livelli Essenziali di Assistenza. Ciò significa, in primo luogo, immediatamente e senza condizioni, assicurare un incremento significativo delle risorse a disposizione per il triennio 2019-2021, già stanziate in legge di bilancio”(2 mld in più per il 2020 e 1,5 mld per il 2021)  e senza che le stesse siano vincolate, come previsto dall’art. 1, c. 1 dell’articolato della bozza del patto della salute, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico” – ha commentato Giuseppe Carbone Segretario Generale FIALS.


FIALS, DOCUMENTO PROPOSITIVO AUDIZIONE “PATTO PER LA SALUTE 2019-2021”

di Giuseppe Carbone, Segretario Generale FIALS

Nel dare atto al Ministro della Salute, Giulia Grillo,dell’iniziativa a coinvolgere nell’elaborazione del nuovo patto per la salute 2019-2021 tutti i diretti protagonisti, con la presente, la FIALS, nel chiedere l’audizione, invia il proprio documento propositivo.

Fabbisogno del Servizio Sanitario Nazionale – art. 1 bozza patto della salute –

Il nuovo Patto per la salute deve avere come obiettivo centrale quello di ristabilire il rispetto del diritto alla salute e alle cure dei cittadini, messo in discussione da anni di tagli al Servizio Sanitario Nazionale.

Tale diritto deve essere esigibile in tutto il territorio nazionale, come prevede la Costituzione, tramite l’accesso, in tempi rapidi e certi, a servizi e a prestazioni di qualità, stabiliti nei Livelli Essenziali di Assistenza.

Ciò significa, in primo luogo, immediatamente e senza condizioni, assicurare un incremento significativo delle risorse a disposizione per il triennio 2019-2021, già stanziate in legge di bilancio” (2 mld in più per il 2020 e 1,5 mld per il 2021)  e senza che le stesse siano vincolate, come previsto dall’art. 1, c. 1 dell’articolato della bozza del patto della salute, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico.

Risorse Umane – art. 5 bozza patto della salute

Riteniamo che al comma 1 dell’articolato sia espressa la vera premessa fondante di questo patto della salute: “le risorse umane sono la prima leva per garantire l’appropriata erogazione dei Lea e la sicurezza e la qualità delle cure (…)” Preoccupa però che già nel patto della salute 2014-2016, all’art. 22, fossero contenuti gli stessi principi ed obiettivi rimasti incompiuti.

Chiediamo che nell’articolato venga esplicitato che “la metodologia venga definita con la partecipazione attiva degli Ordini delle Professioni Sanitarie e le OO.SS. di categoria rappresentative“. Difatti, abbiamo già sperimentato gli effetti di una metodologia inadeguata alla determinazione del reale fabbisogno di personale e della formazione delle professioni sanitarie.

Inoltre,  nella programmazione dei fabbisogni normativi deve rientrare anche quella del personale appartenente al profilo professionale di operatore sociosanitario, nonché tutti i profili di interesse sanitario e di arte sanitaria ausiliaria (puericultrici).

Senza dubbio é un articolato molto intenso, ma fortemente incentrato sulla sola valorizzazione della sola dirigenza medica, tant’é che si fa riferimento alle professioni sanitarie solo nelle poche righe del c 7. Nessun riferimento alla carenza di organico delle professioni sanitarie, specie quelle infermieristiche, e alla loro valorizzazione oltre il tema degli incarichi.Tema tra l’altro che necessita di una norma ponte per l’effettiva realizzazione.

Il trattamento economico e normativo durante la fase di specializzazione post-laurea delle professioni sanitarie deve essere la medesima per tutte, al pari di quelle mediche, avendo tutti gli stessi doveri ma non gli stessi diritti, trasformando la prevista borsa di studio in un normale contratto di formazione lavoro da regolamentare nella contrattazione collettiva.

Il contratto di formazione lavoro, come già previsto nel CCNL, deve essere previsto come indicazione normativa per il reclutamento, nella misura percentuale da definire, di laureati delle professioni sanitarie di cui alla legge 251/00 da parte delle aziende sanitarie sede di corso di laurea al fine di velocizzazione delle procedure di assunzione.

Questa scelta potenzierebbe la finalità del SSN anche nella formazione come previsto dall’articolo 6 del dlgs 502/92, esaltandone il valore di risorsa; a tal fine è quanto mai necessario un provvedimento che equipari nella funzione e nelle modalità di attribuzione dell’incarico di docenza e nella partecipazione alla vita accademica, i docenti dei corsi universitari per le professioni sanitarie ( attualmente tutte dipendenti dal SSN) a quei docenti dipendenti degli Atenei.

Per corrispondere la formazione all’evoluzione scientifica, tecnologica ed ordinamentale nonché al mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese, si reputa necessario che vengano rivisti gli ordinamenti dei corsi di laurea magistrale/specialistica delle professioni sanitariedi cui alla legge 251/00, prevedendo che abbiano indirizzi non solo gestionali e didattici, ma anche clinici,al fine di implementare competenze strettamente professionali anche come evoluzione dei master specialistici di cui all’articolo 6 della legge 43/06.

La bozza dell’articolato del patto per la salute, al comma 7,  riconosce che la valorizzazione delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione (alle quali va aggiunta la professione sociosanitaria di assistente sociale, compresa dalla legge 251/00 e dal CCNL del comparto sanità) è determinata dall’applicazione degli incarichi professionali previsti dal contratto nazionale.

Soddisfatti che il contratto abbia avuto il primato nel riuscire a valorizzare le competenze di queste professioni rispetto ai fallimenti normativi e regolamentari precedenti si ritiene che:

  • la scelta strategica di valorizzazione delle professioni sanitarie e sociosanitarie realizzata con gli incarichi professionali, previsti dal contratto nazionale del 21.05.2018, debba essere considerata un investimento da finanziare adeguatamente perché finalizzata ad erogare prestazioni più adeguate, tempestive ed efficaci, a riformulare l’organizzazione del lavoro in sanità rivedendo anche i carichi di lavoro quanti-qualitativi delle professioni e tra le professioni, contribuendo, così anche fronteggiare la carenza di molte specialisti medici;
  • il sistema degli incarichi professionali debba essere esteso a tutti sul modello della dirigenza medica e sanitaria, graduando gli incarichi sulla base delle scelte programmatorie dell’atto aziendale,sia in ambito distrettuale che dipartimentale ed ospedaliero e sulla base delle competenze acquisite non solo dalla formazione ma anche dalla esperienza positivamente verificata; gli incarichi di esperto e di specialista verrebbero elevati, pertanto ad incarichi di alta professionalità e agli altri verrebbero corrisposti incarichi professionali di base etc.. Ma é necessario prevedere una norma ponte che permetta alle aziende di applicare il Contratto. Basterebbe scrivere che fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all’art.16 comma 7 e 8 del CCNL l’incarico di professionista specialista e di professionista esperto, per il personale del ruolo sanitario e dei profili di collaboratore professionale assistente sociale ed assistente sociale senior, é assegnato in analogia a quanto previsto per il personale appartenente ai ruoli amministrativo tecnico e professionale.
  • considerata l’evoluzione ordinamentale e formativa raggiunta dalle professioni sanitarie, non ha più alcuna motivazione, tanto da apparire incostituzionale, la differenza legislativa con le professioni sanitarie di medico, odontoiatra, veterinario, farmacista, biologo, chimico, fisico e psicologo nell’esercizio della libera professione intra ed extra muraria e della conseguente indennità di esclusività, in regime di lavoro dipendente esclusivo. Pertanto, riteniamo urgente e necessaria una nuova strada legislativa. E proprio sulla indennità di esclusività, apparetanto più anacronistica la differenziazione tra dirigenza sanitaria e dirigenza delle professioni sanitarie. Andrebbe almeno riconosciuta loro una compensazione, una perequazione economica. É aberrante che ancora oggi, i Dirigenti delle professioni sanitarie all’interno dello stesso contratto della dirigenza sanitaria, siano gli unici ad avere egual doveri ma diversi diritti. Libera professione intra ed extra muraria e indennità di esclusività per tutti i professionisti sanitari permetterebbe di valorizzare le professioni interessate e di potenziare l’offerta di prestazioni finanziabili non solo dai cittadini ma anche dalla mutualità integrativa, con evidenti vantaggi per le aziende sanitarie.

Infine per dare piena attuazione alla scelta strategica della integrazione sociosanitaria, è opportuno affrontare la questione delle specifiche risorse umane e professionali di tale area.

É auspicabile che il cronoprogramma dell’attuazione degli obiettivi sulle risorse umane del patto della salute abbia dei tempi certi e non “non definibili”.

Per supportare la strategia di promozione del benessere definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e che trova nel “Patto per la Salute” – art. 10 dell’articolato della bozza del patto per la salute –,  un forte stimolo attraverso l’integrazione sociosanitaria, è opportuno dare dignità attuativa alla specifica area delle professioni sociosanitarie, in quanto si tratta di giusta scelta del legislatore in un settore, quale quello sociosanitario, ad elevata espansione per l’attuale quadro demografico edepidemiologico.

La legge 3/18 all’articolo 5, dopo decenni di non attuazione della norma già prevista dl 3 octies del dlgs 502/92, ha contestualizzato e rilanciato l’istituzione dell’area delle professioni sociosanitarie, indicando già i primi quattro profili che la compongono, tra cui quello dell’Operatore Socio Sanitario. Nella stessa occorre ricollocare i profili esistenti a rilevanza socio- sanitaria, mentre dovranno, in coerenza, restare esclusi eventuali nuovi profili a rilevanza esclusivamente sociale o esclusivamente sanitaria.

A  parere della FIALS, proprio per il profilo professionale dell’Operatore Socio Sanitario, Ministero della Salute e Regioni potrebbero avviare quel processo di perfezionamento contenuto già nello specifico Tavolo ministerialee mai attuato ad iniziare dalla formazione, ribadendo sia la titolarità delle sedi formative del SSN che un’eguale formazione quanti-qualitativa a livello nazionale.

Reti strutturali di assistenza territoriale socio-sanitaria. Presa in carico nel percorso di cura. – Art. 10 bozza patto per la salute –

Non può e non deve restare incompiuto l’obiettivo di questo articolato, già previsto da altre normative esistenti (Piano nazionale per le cronicità) ma non ancora attuato per criticità nell’offerta dei servizi e/o per resistenze al cambiamento Ospedale/territorio o per la stessa mancanza di personale medico e professioni sanitarie.

Necessita con urgenza definire il Regolamento degli standard relativi all’assistenza sociosanitaria territoriale, come gli stessi standard del personale, per rispondere adeguatamente al mutato contesto socio-epidemiologico.

La proposta del Patto per la Salute, sempre nell’artico 10, c. 2, più volte parla e valorizza l’istituzione dell’infermiere di famiglia/comunità, peraltro già avviata in alcune Regioni anche da tempo; è evidente che anch’essa rientra negli incarichi di alta professionalità previsti dal CCNL, tuttavia per essere più funzionale ed omogenea al professionista con cui dovrà operare, cioè il MMMG e il PLS si ritiene necessaria attivare anche un Accordo Nazionale Unico per l’infermieristica di famiglia, estendibile, come avviene già nell’ACN della specialistica ambulatoriale, anche ad altre professioni ad esempio della riabilitazione o a quella di ostetrica.

A quarant’anni dall’avvio della Riforma Sanitaria rimane incompiuta l’idea dominante della stessa legge 833/78: il potenziamento della sanità territoriale e la piena dignità in ogni campo con la sanità ospedaliera.

Per rilanciare questa idea, un ruolo determinante lo può e lo deve svolgere l’organizzazione distrettuale delle Cure Primarie, ad iniziare dalla medicina generale attraverso lo sviluppo di aggregazioni non solo di medici di famiglia o pediatri di libera scelta ma anche e soprattutto di equipe multiprofessionali e multidisciplinari, con la partecipazione di specialisti ambulatoriali, di professioni infermieristiche e riabilitative nonché psicologi, assistenti sociali ed operatori sociosanitari. Ciò permetterebbe di risolvere anche l’annoso e gravoso problema dei tempi di attesa in pronto soccorso, degli accessi inappropriati e delle stesse aggressioni ai danni del personale.

Fermo restando che la definizione del Piano di cura e il coordinamento clinico sono nella responsabilità medica, in questo quadro di riferimento assume un ruolo primario l’assistenza territoriale garantita dalle professioni infermieristiche nel ruolo di case manager nella presa in carico di pazienti in condizioni croniche ad alta complessità o di non autosufficienza/disabilità e al profilo gestionale del personale infermieristico nel nuovo Ospedale di comunità.

Governo e Regioni devono investire nel settore anche al fine di colmare il divario tra spesa ospedaliera e spesa territoriale, iniziando proprio dall’implementazione a livello nazionale del modello di infermiere di famiglia/di comunità, già positivamente e da anni sperimentato in alcune Regioni.

I risultati dell’ultimo Osservatorio civico FNOPI-Cittadinanzattiva chiariscono che oltre il 79% dei cittadini vorrebbe poter scegliere/disporre di un infermiere di famiglia/comunità come con il medico di medicina generale e se è vero come è vero che proprio i cittadini sono gli unici azionisti delle Aziende Sanitarie è ora di dar retta alla “Proprietà” delle Aziende stesse.

Diviene, pertanto quanto mai vincente istituire una forma più avanzata e più rispondente di rapporto di lavoro libero professionale convenzionato per l’infermiere di famiglia analogo a quello del MMG quindi una organizzazione di  liberi professionisti  convenzionati medici ed infermieri, che insieme collaborano, nel rispetto dei diversi ruoli.

Un’organizzazione del lavoro interprofessionale siffatta prevede che il medico di medicina generale sia il ‘clinical manager’ dei cittadini mentre l’infermiere sia il “care manager”, considerato che eseguita la diagnosi e prescritta la  terapia, per il cittadino è altrettanto fondamentale e vitale essere, guidato e aiutato nei suoi bisogni di salute in forma  proattiva, competenze proprie  della professione infermieristica.

Per queste motivazioni si ritiene quanto mai necessaria ed opportuna l’apertura di un tavolo negoziale per la stipula di Accordi Collettivi Nazionali sia per l’istituzione dell’infermiere di famiglia che per le professioni sanitarie della riabilitazione nonché per l’ostetrica di comunità.

Si ricorda che l’articolo 48 della legge 833/78 prevede che per le modalità con cui si stipulano Accordi Collettivi Nazionali con il personale convenzionato medico si prevede che: “ I criteri di cui al comma precedente, in quanto applicabili, si estendono alle convenzioni con le altre categorie non mediche di operatori professionali, da stipularsi con le modalità di cui al primo e secondo comma del presente articolo

Malattie croniche e disabilità, ma non solo, abbisognano di un potenziamento delle attività territoriali delle professioni sanitarie della riabilitazione (fisioterapista, logopedista, podologo, terapista occupazionale…) per le quali si richiede anche per queste branche professionali lo sviluppo di rapporti convenzionali.

Così come per la gestione territoriale della gravidanza fisiologica e l’assistenza post partum alla puerpera, appare quanto mai opportuno prevedere una specifica convenzione per l’istituzione dell’ostetrica di comunità.

Ricerca – art. 13 dell’articolato del patto per la salute –

Relativo alla promozione della “Ricerca” sanitaria, riteniamo che non bastino sommarie dichiarazioni d’intenti prive di finanziamenti dedicati e  certi.

Revisione disciplina ticket ed esenzioni – art. 14 bozza articolato patto per la salute –

Prendiamo atto favorevolmente di procedere all’abolizione della quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale da parte degli assistiti non esentati, però ci preoccupa fortemente che tale operazione debba essere fatta a isorisorse, con una “revisione della disciplina della partecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini che preveda la graduazione dell’importo dovuto in funzione del costo delle prestazioni e del reddito familiare equivalente – vale a dire del reddito prodotto dal nucleo familiare  fiscale rapportato alla numerosità del nucleo familiare”.

Non vorremmo che tale operazione, che rimane anche contabile, ricadesse più fortemente sui cittadini meno abbienti, che già oggi, sono costretti ad abbandonare il loro stato di salute e di benessere.

Conclusioni

Nel ringraziare per questa opportunità di ascolto, ci permetta esprimere le nostre preoccupazioni circa la richiesta di autonomia differenziataavanzata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna nell’ambito della sanità che rischia di spezzare definitivamente uno dei fili verticali che tengono insieme il nostro Paese e sostengono il senso di comunità nazionale.

Il rischio da evitare è che senza un serio confronto politico e senza un reale coinvolgimento dell’opinione pubblica e delle parti sociali, venga cancellata una delle più importanti conquiste di civiltà del nostro Paese. Quel Servizio sanitario nazionale, improntato ai principi di universalità, equità e solidarietà, che garantisce le stesse cure a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dalle loro origini, dalla residenza o dalle condizioni socio-economiche, con oneri a carico dello Stato, mediante un prelievo fiscale su base proporzionale.

In un Sistema sanitario già lacerato da importanti differenze, può venir meno definitivamente il concetto stesso di Servizio sanitario nazionale e di politica sanitaria nazionale, con uno strappo definitivo tra Nord e Sud tale che  il diritto alla salute cesserà di essere un bene pubblico nazionale per assumere una valenza locale, che diventa così la fonte primaria del diritto.

Ed ancora, in attesa della definizione degli standard del personale, riteniamo che le assunzioni di personale debbano rappresentare un obiettivo primario del patto della salute.

Senza un immediato sblocco del turn – over e piano straordinario delle assunzioni, aumenteranno ulteriormente i carichi di lavoro, già ora insostenibili, con le ovvie ripercussioni sulla qualità e nella quantità dei servizi che si è in grado di offrire ai cittadini, generando in alcuni contesti, come nei pronto soccorso, un aumento delle aggressioni nei confronti del personale sanitario.

Come necessita mettere la parola fine al precariato in sanità. Per accelerare le assunzioni, il termine di maturazione dei requisiti per la procedura di stabilizzazione, prevista dall’art. 20 del d.lvo 75/2017, deve essere esteso all’anno 2018.

Per dare certezza a poter corrispondere al personale di nuova assunzione, come allo stesso personale da stabilizzare, gli emolumenti accessori, necessita che i fondi contrattuali, bloccati alla quantificazione del 2016, abbiano un reale incremento.

Come FIALS, chiediamo che con la prossima legge di bilancio 2020, venga prevista la soppressione, a decorrere dal 1.1.2020, dell’art. 23, c. 2, del dlvo 75/2017o in alternativa una sua modifica nel modo seguente: “Gli Enti ed Aziende del SSN, a seguito di processi di stabilizzazione e di nuove assunzioni previste dai piani di fabbisogno approvati, in deroga al limite previsto dall’art. 23 c. 2 del d.lvo 75/2017, incrementano in quota parte i fondi contrattuali di parte stabile destinati al trattamento economico accessorio del personale”.  

Infine, riteniamo quantomai necessario che vengano emanati gli Atti di Indirizzo per i rinnovi contrattuali 2019-2021, stavolta sostenuti da un vero finanziamento per la valorizzazione economica di tutti gli operatori della sanitàe dei professionisti sanitari con retribuzioni vicine a quelle degli altri Paesi Europei.

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