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Master Specialistici Infermieri e Infermieri Pediatrici: basta la Legge 43 del 2006.

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Master Specialistici Infermieri e Infermieri Pediatrici: basta la Legge 43 del 2006.

La proposta del sindacato Nursing Up

Il sindacato degli infermieri Nursing Up contesta l’ipotesi di regolamentazione di dettaglio dei master per l’accesso degli infermieri e degli altri professionisti alle funzioni specialistiche, in quanto la Legge 43/2006 non riconosce alcuna titolarità ai Ccnl di ordinamentare i master, e tanto meno consente ingerenze in tema di caratteristiche dei percorsi formativi. Per manifestare il suo dissenso, la O. S. ha scritto una lettera ai ministeri della Salute e dell’Università, in essa viene spiegata nel dettaglio la materia del contendere. Oltre ai dicasteri, la missiva è stata oggetto di una specifica comunicazione alla presidenza della Commissione Lavoro del Senato della Repubblica, dove è stata calendarizzata una riunione la prossima settimana.

“Si andrebbe a creare un danno inimmaginabile a tutto il sistema formativo e a tutti i professionisti sanitari, che verrebbero costretti, per svolgere la propria funzione di specialista, a fare lo slalom tra vari master assurdamente normati sulla base dei diversi contratti di lavoro e quindi, nonostante il possesso del medesimo tipo di master, con il rischio di vedersi preclusa la possibilità di partecipare alle selezioni per le funzioni di specialista”. Lo afferma Antonio De Palma, presidente del Nursing Up. “Il nostro sindacato – aggiunge – protesta per tutto questo e chiede che i ministeri competenti pensino invece ad adottare i provvedimenti necessari per l’immediato riconoscimento dei titoli specialistici legittimamente conseguiti prima della Legge 46/2006 dai professionisti sanitari, secondo le norme tempo per tempo vigenti”.

Nella missiva inviata ai ministri della Salute Giulia Grillo e dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti, il Nursing Up punta il dito sulla modalità d’intervento attuata. “Un primo importante motivo di doglianza – si legge – è sotteso dall’annunciata volontà di applicare le previsioni del Ccnl della Sanità pubblica come leva per regolamentare gli ordinamenti didattici dei master di primo livello destinati alla generalità dei professionisti sanitari normati dalla legge 43/2006. Questo dovrebbe realizzarsi mediante uno o più decreti del Miur e del Ministero della Salute, anche tramite le Regioni e su indicazione dell’Osservatorio Nazionale per le Professioni Sanitarie”.

Mentre “il secondo motivo di doglianza – prosegue il documento – è invece rappresentato dalla volontà, annunciata attraverso la stampa, di limitare il numero dei posti che gli atenei hanno a disposizione, anno per anno, per la realizzazione dei master dei quali si parla, per far questo rapportandoli al fabbisogno del SSN. Entrambe le ipotesi delineate determinerebbero una evidente violazione della vigente normativa”. Segue una dissertazione giuridica con citazione delle varie fonti legislative, che fanno da puntello alla tesi esposta.

“È di tutta evidenza – prosegue la missiva – che la Legge 43 del 2006 non riconosce alcuna titolarità dei contratti collettivi di lavoro in tema di ordinamento dei master che consentono l’accesso alle funzioni specialistiche delle professioni sanitarie ivi regolamentate, tanto meno consente ingerenze in tema di caratteristiche che gli stessi percorsi devono avere. Il Ccnl in questione, quindi, si è spinto oltre i limiti del proprio mandato, dicendo cosa diversa da quanto previsto dalla Legge 43 (fonte giuridica di rango primario) laddove, pretendendo di attribuire al Miur ed al Ministero della Salute  la realizzazione degli ordinamenti didattici dei master destinati agli specialisti, nei fatti spoglia gli atenei della competenza nella definizione degli stessi e prevede, peraltro, il coinvolgimento delle Regioni in un ambito che è di competenza esclusiva dello Stato”.

“Per modificare in maniera sostanziale l’iter per la realizzazione dei master di primo livello normati dalla legge n. 43/2006, ivi compreso l’alveo dei soggetti a ciò abilitati – sostiene il Nursing Up – è necessaria una norma di legge”.

Cosa accadrebbe se ognuno per gli ambiti di propria competenza dovesse poi decidere di regolamentare la materia dei master, ma questa volta in maniera completamente diversa da quella prevista dal Ccnl della sanità pubblica? “Ebbene, si creerebbe un danno inimmaginabile a tutto il sistema ed a tutti i professionisti sanitari – accusa il Nursing Up – che dovrebbero essere costretti, per svolgere la propria funzione di specialista, a fare lo slalom tra vari master assurdamente normati sulla base dei diversi contratti di lavoro e quindi, nonostante il possesso del medesimo tipo di master, con il rischio di vedersi preclusa la possibilità di partecipare alle selezioni per le funzioni di specialista, sulla base del contratto di lavoro e/o dell’ordinamento didattico sotteso al master al quale l’interessato ha partecipato”.

Insomma, sarebbe come consentire che la laurea conseguita da un infermiere o da qualsiasi altro professionista presso un ateneo italiano nel rispetto della legge, possa essere messa in discussione dal contratto di lavoro sulla base degli ordinamenti sottesi al percorso di studi. 

“Le norme di qualsiasi contratto collettivo volte al condizionamento dell’accesso alla specifica formazione finalizzata all’esercizio della funzione specialistica per le professioni sanitarie rispetto a quanto invece previsto dall’art. 6  comma 1, lett. c), della Legge 43/2006 – conclude la lettera – non sono in alcun modo idonee a giustificare l’avvio di un’organica e generale revisione ordinamentale dei master di primo livello destinati alla generalità delle professioni sanitarie, essendo la materia specificatamente ed univocamente disciplinata dalla norma primaria innanzi richiamata e pertanto, qualsiasi attività di tal genere si appaleserà come illegittima e lesiva della libertà di autodeterminazione degli atenei, nonché della libertà, che qui si vuole tutelare, di ogni professionista di decidere il proprio percorso di studi”.

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