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giovedì, Marzo 28, 2024
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Infermieri: Nursing Up chiede libera professione nel pubblico e riforma CCNL.

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Sanità, Nursing Up: Non rinviabile l’attività intramoenia a infermieri e professioni sanitarie, ecco la nostra proposta di riforma del Ccnl.

“In attesa di conoscere le attuali volontà del viceministro Pierpaolo Sileri sul Ddl di cui è stato primo firmatario, dal titolo ‘Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria delle professioni sanitarie di cui alla legge 1 febbraio 2006, n. 43’, e che ha iniziato il suo iter in Senato qualche mese fa, noi abbiamo deciso di andare avanti, senza aspettare altro tempo prezioso. Per il Nursing Up tale norma, a cui d’altronde abbiamo contribuito, non solo è necessaria a chiarire una volta per tutte la materia, ma anche dirimente, in quanto colma un vuoto legislativo. Ergo sollecitiamo a stringere i tempi di un Ddl che, sebbene partito sotto i migliori auspici, non viene ancora calendarizzato”. Così il presidente Nursing Up Antonio De Palma, prima di iniziare i lavori in Commissione Paritetica Nazionale per l’ordinamento professionale. Il sindacato degli infermieri ha chiesto un incontro al nuovo ministro della Salute Roberto Speranza e al viceministro Sileri, proprio al fine di affrontare la tematica.

“Abbiamo inoltrato all’Aran le nostre idee nell’ambito dei lavori della Commissione (ex art. 12 Ccnl 23 maggio 2018), proponendo una chiave – prosegue De Palma – che consentirebbe di risolvere la questione dell’attività intramoenia infermieristica e delle altre professioni sanitarie per via contrattuale. Riteniamo che, allo stato della vigente normativa, il prossimo Ccnl possa introdurla e regolamentarla”. Confidando in questa possibilità di cambiamento dello status quo, anticipiamo qui di seguito le proposte che il Nursing Up ha avanzato alla Commissione. Ma andiamo con ordine. Come prima cosa è necessario partire dalle attività vietate dal richiamo all’art. 60 del Dpr 3/57 e dalle attività libere indicate dal comma 6, art. 53 del dlgs 165/01, soffermandosi sulla terza tipologia, che più ci interessa: quella delle attività autorizzabili.

Dal combinato disposto delle norme sopra citate discende in termini assoluti che vi sono attività il cui svolgimento costituisce un vero e proprio diritto del pubblico dipendente, altre vietate ed infine, tra le due, esiste un alveo di attività la cui possibilità di essere svolte è rimessa alla previa autorizzazione del datore di lavoro. In buona sostanza, allo stato vi sono i presupposti affinché le parti introducano una norma contrattuale di tipo autorizzativo generale, atta a riconoscere per via regolamentare che l’attività libero professionale intramoenia svolta da parte del personale delle professioni sanitarie di cui alla legge 42/1999 debba considerarsi autorizzata, in quanto ricompresa nell’area rimasta esclusa dalle due definite per legge, e che quindi tale attività possa appalesarsi come perfettamente compatibile con l’attività svolta presso l’Azienda e/o l’Ente del Ssn.

Ciò posto, in coerenza con quanto sopra indicato e considerando quanto già accade per il personale medico, le Aziende dovranno favorire tale tipologia di attività anche mediante la realizzazione, al proprio interno, di idonee strutture e spazi dedicati all’esercizio della suddetta attività, oppure, in mancanza di questi ultimi, ad individuare spazi sostitutivi, anche fuori dall’azienda, in altre aziende o strutture sanitarie non accreditate, nonché in studi professionali privati, ivi compresi quelli per i quali è richiesta l’autorizzazione all’esercizio dell’attività. Sotto il profilo strettamente giuridico, la particolare tipologia dell’attività professionale intramoenia non modifica il rapporto di lavoro degli interessati, che comunque continua a configurarsi come un rapporto subordinato alle dipendenze di Aziende pubbliche e le relative prestazioni sono caratterizzate dalle regole del lavoro privato nei termini di cui al dlgs 165/2001 e successive modalità ed integrazioni.

Per i professionisti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo, a nostro parere, va poi introdotto, analogamente a quanto accade per la professione medica, uno specifico trattamento economico aggiuntivo, ossia “l’indennità di esclusività”, un istituto del tutto peculiare definito anche come “elemento distinto della retribuzione”. Tale indennità, di importo definito dal Ccnl, dovrebbe essere erogata per 13 mensilità ed è articolata in fasce che vengono conseguite a seguito del raggiungimento di una certa esperienza professionale e in assenza di valutazioni negative. Conseguentemente, si dovrà prevedere che l’opzione per tale tipologia di rapporto di lavoro possa essere effettuata annualmente (entro il 30 novembre di ciascun anno), con decorrenza dei relativi effetti dal 1° gennaio dell’anno successivo, sottolineando altresì che, il passaggio al rapporto non esclusivo non comporta la perdita dei benefici economici, già in godimento.

Infatti, trattandosi di indennità “di esclusività” e non “di irreversibilità” dovrà essere garantito il mantenimento di tale emolumento a tutti i professionisti (sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato) che lo avranno già acquisito, nonché la corresponsione della fascia superiore al compimento dell’esperienza professionale richiesta, e in assenza di valutazioni negative. Ai sensi della vigente normativa, si fa riferimento essenzialmente ad attività di carattere sanitario, non riscontrabili nei confronti delle altre posizioni contrattuali che tali attività non svolgono. In altre parole, va a remunerare quella particolare “fedeltà” nell’ambito di quei rapporti di lavoro caratterizzati dall’“esclusività”, che implica la totale disponibilità per l’attività istituzionale.

L’erogazione dell’indennità in questione non comporta, quindi, una disparità di trattamento economico con altre categorie di pubblici dipendenti in quanto si tratta di un elemento distinto della retribuzione, tenuto conto che nell’ambito del Ccnl dell’8 giugno 2000, è stato previsto anche uno specifico emolumento per la dirigenza tecnica, professionale e amministrativa e che anche i dirigenti medici percepiscono specifici emolumenti in tal senso. Il nuovo Ccnl dovrà, infine, normare affinché nessun professionista iscritto ad un Ordine possa essere in qualche modo “passivamente attribuito alle attività di supporto della libera professione medica”. L’attività di collaborazione a tal fine, nel rispetto degli specifici ruoli e competenze, dovrà essere volontaria.

“Ciò premesso, per noi il nuovo Ccnl dovrà prevedere – spiega il presidente Nursing Up – le modalità con le quali, a fronte delle esigenze del personale medico di beneficiare dell’opera di altri professionisti sanitari, le parti siano libere di concordare i termini giuridico-economici delle forme di collaborazione che intendono intraprendere”. Ma non è finita, perché “la nostra proposta – conclude De Palma – è già stata trasmessa all’Aran per essere messa all’attenzione della Commissione Paritetica. Ora tocca all’Aran e alla maggioranza sindacale decidere se risolvere contrattualmente l’annoso problema della libera professione infermieristica o condannarci ad aspettare i tempi di un Ddl che non è dato sapere quando sarà approvato”.

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