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giovedì, Marzo 28, 2024
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Infermieri contagiati dal Coronavirus: i casi aumentati a dismisura. Protesta Nursing Up.

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Nursing Up: il Presidente del sindacato denuncia l’aumento dei contagi da Coronavirus tra gli Infermieri: “ora la misura è colma”.

Il Presidente del Sindacato Infermieri Italiani rivolge un sentito appello al Governo, alle Regioni, alla FNOPI: «I dati ufficiali sono allarmanti, 15 mila infermieri infetti ad oggi per vostra stessa ammissione. E’ arrivato il momento di serrare le fila, di combattere insieme, di metterci nella condizione di affrontare con maggiori mezzi un nemico che ora conosciamo ma che è sempre pericoloso».

A poche settimane dalla manifestazione generale del Circo Massimo organizzata dal Nursing Up, Sindacato Infermieri Italiani, il prossimo 15 ottobre, a cui aderiranno numerose altre associazioni infermieristiche e soprattutto a cui prenderanno parte colleghi da tutta Italia, il Presidente Nazionale Antonio De Palma, seppur in un clima di amarezza per l’indifferenza di un Governo che ha portato all’estrema conseguenza della proclamazione di uno sciopero per il 2 novembre prossimo, sente di voler e dover rivolgere un nuovo appello alle “parti in gioco”.
«Al nostro Ministro della Salute, agli esponenti del Governo, alle Regioni, alla FNOPI, che si prodiga di farci sapere che siamo arrivati a 15 mila infermieri infetti dall’inizio della pandemia, di cui 41 deceduti (dati ufficiali ma non dimentichiamo il sommerso…) noi rivolgiamo ancora oggi l’ennesimo appello al confronto e alla collaborazione concreta.
Le diverse posizioni, i differenti ruoli, non possono essere sinonimo di obiettivi differenti quando in gioco c’è la salute degli italiani.
Non basta proclamare il costante aumento di casi di contagio. Adesso, con un incremento degli infermieri infetti che, sfortunatamente, coinvolge regioni potenzialmente più deboli come la Campania, sottoposta per anni a rovinosi piani di rientro che hanno portato il numero medio di pazienti per ogni infermiere dipendente del SSN pari a 17, quando la media OCSE vuole che non si superi il valore di 1 a 6, non possiamo permetterci di voltarci le spalle a vicenda, cosa che gli infermieri per la verità non hanno mai fatto, in nome della strenua difesa della propria “missione giornaliera”.
Noi infermieri siamo pronti e lo siamo sempre stati. Noi infermieri ci abbiamo messo la faccia e continueremo a farlo. Il nemico è forte, anche se siamo meglio organizzati e ora conosciamo alcuni suoi punti deboli, la battaglia sarà comunque dura e lascerà feriti e morti sul campo.
I dati pubblicati da un noto quotidiano nazionale specializzato ci informano che il 30 per cento degli infermieri in questi mesi si è aggiornato con corsi on line per affrontare con maggiore consapevolezza e conoscenza il nemico.
Possono sembrare solo lodevoli iniziative personali, ma la chiave di lettura deve essere ben altra.
Le qualità professionali, la competenza  e il coraggio degli infermieri non si discutono. Se i fatti ce lo chiederanno noi affronteremo di nuovo questa battaglia senza paura, in nome della difesa della salute dei cittadini.
Ma occorre, adesso, trovare strategie comuni. Confrontarci, aprire la strada al dialogo: non ci sono alternative per far fronte alla nuova emergenza. Mettere in secondo piano i personalismi e gli interessi di parte è fondamentale. Le nostre rimostranze andranno avanti, la nostra battaglia per la difesa dei nostri interessi professionali e contrattuali non si può fermare. Ma non per questo ogni giorno non ci recheremo sul posto di lavoro, negli ospedali, per combattere il nemico.
L’appello è quello del confronto: concretezza e non parole. Non possono più esistere disorganizzazione, turni massacranti, mancanza di presidi sanitari e di strumenti per affrontare ogni giorno il rischio del contagio.
La prima emergenza deve averci insegnato qualcosa!
Gli infermieri non dovranno essere chiamati a combattere contro i mulini a vento, da soli, e disarmati.
Una proposta concreta potrebbe essere quella di convocare urgentemente gli Stati Generali degli Infermieri “con tutte le parti in causa”, quelle consone ad agire e a prendere decisioni, se non si chiede la collaborazione dei sindacati allora si rinuncia ad una leva indispensabile, perchè la battaglia della quale parliamo si combatte negli ospedali e non altrove.
Occorre guardarci negli occhi e dialogare per affilare le armi e affrontare il nemico con maggiori mezzi a disposizione. E se una nuova emergenza dovesse profilarsi all’ orizzonte, allora questa non sia una battaglia combattuta con le armi di cartone. La pandemia non è un gioco, le vite dei pazienti e degli infermieri non lo sono», conclude De Palma.

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